Fiffo, la madre gallo – di Stefania Bonanni

I suoi ricordi cominciavano con l’ingresso in una strana comunità, e la sensazione di essere solo, orfano, diverso, e piccino. Presto però si rese conto che aveva trovato una quindicina di mamme affettuose. Una quindicina di calde, grasse, galline che si prendevano cura di lui e lo riempivano di coccole. Lo tenevano sotto le grandi, accoglienti ali, stretto alle cosce grassocce e coperte di piume piccole e morbide, fatte per scaldare, come un nido. E facevano a gara a portare per lui il becchime più tenero, il granturco più maturo e dolce, i vermi più rosa. I vermi erano una vera delizia, Fiffo li mangiava a fine pasto, come un dessert, un premio. Con un trattamento simile fu facile crescere. E fu il momento nel quale cambiarono le cose. Le prime a esplodere furono le penne sulla coda. Dritte come spade, colorate e lucide come decorazioni di Natale. Poi spunto’ una strana peluria tra il becco ed il naso, ma quello che suscitò la diversa attenzione delle galline furono degli sfacciati pendenti rossi, sotto la gola, e naturalmente la cresta. Una cresta provocante, un’incoronazione inattesa. Ora si che era davvero diverso. L’unico Gallo del pollaio, e una strana inquietudine, quella di non sapere cos’altro sarebbe successo. La gallina vecchia lo prese da una parte e gli sussurro’: “E’ l’adolescenza, mio caro….gran brutto momento. .” “Abbi pazienza, piano piano troverai la tua strada.”
Lo turbava lo scodinzolio delle galline. Avevano sempre zampettato con quell’andatura che le faceva dimenare il sedere, ma ora erano proprio sfacciate e l’atteggiamento metteva in imbarazzo il galletto. L’avevano coccolato, stretto e scaldato come mamme, ed ora? Poi la natura fece il suo corso e capì. ..capì qual era il suo compito. Dalla mattina alla sera. E pensò a tutti quelli “che vanno a letto con le galline”, come se fosse buona abitudine. È vita dura, durissima. In più, le galline invecchiano…E faranno buon brodo, ma per il resto…Perlomeno loro fanno queste calde uova, le covano, le amano, le vedono schiudersi, le proteggono, vivono per loro…Questa fu la voglia che cominciò a coltivare: voleva avere un uovo suo, da cullare e guardare fisso, fino al momento nel quale si sarebbe chiuso. Provò a rubare un uovo, fu scoperto a covare e preso molto in giro. Fu allora che vide abbandonato quello che fu sicuro fosse un uovo bianco e perfetto. E lo covo’, lo covo’, con ostinazione e speranza. Pregò anche, il Dio dei polli, ma passarono i mesi e l’uovo non si schiuse. Allora e per sempre, l’amò così: uovo che non si schiuse.
Poi sentì una conversazione: era tempo di tagliare organi che al galletto non servivano più, era la stagione che va verso il Natale. Fiffo pensò che finalmente sarebbe diventato gallina. Non fu così :cominciò ad ingrassare, di nuovo diventava un pollo diverso…
Morì per le feste. Ci fu chi festeggio’.
Gallina vecchia:
” il fabbro costruì una statua di Fiffo in ferro e la dipinse di bei colori vivaci, che gli rendevano giustizia. Fu messa nell’aia e chi la guardi bene si accorgerà dell’uovo di sasso che nasconde tra le zampe. Per sempre.”
Storie infinite per chi ha fantasia e sentimento come Stefania! Applausi!!
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C’è tutto ed anche di più in questo tuo racconto, tra il serio ed il faceto la storia di un essere che è speciale, tanto da meritare una statua.
“Voleva avere un uovo suo”
Tenerissimo
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Simpaticissima storia, fantasiosa ma sempre con attinenza al vero, sia nel suo sviluppo che nei riferimenti della tradizione.
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Bella storia da raccontare anche ai piu’ piccoli.Anche un padre puo’ avere istinti materni .I sentimenti e i desideri non hanno confini
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