Aghi da tappezziere e una palla inutile – di Rossella Gallori



Ho acchiappato cose che non so nemmeno da quanto sono con me, come sono arrivate a me.
Il segnalibro sottile e freddo l’ ho messo, anzi l’ ho buttato, insieme agli altri che mi regalano, tanto perdo il filo ugualmente.
La palla di cristallo, gelida e trasparente, che è un fermacarte, un porta matite, “ci metti la Parker”…mi dissero, non ho una scrivania, non ne ho una mia.
…Una stanza tutta MIA, mi ci vorrebbe una stanza…la riempirei di aghi, tondi, sottili, appuntiti, aghi da impuntire, da ammagliare, aghi che mi hanno attraversata, ma mai ferita, aghi per ridere, aghi per riscuotere.
Aghi e lunette, tante lunette, aghi curvi, bocche sottili, in su ti sorrido, capovolto mi cruccio…
Li amo, forse, hanno la cruna larga, ci passa uno spago: il 3/6 il 3/10, ma a chi serve sapere di un gomitolofilo?.
Ci sono ora, al buio con voi: 6…8…10…15…20..sono solo centimetri.
Che ne faccio di una sfera trasparente, di un segnalibro freddo, come gli uncinetti che non so usare, che han fatto coperte pese ed immense, che nessuno usa più, come il ricordo di lei.
Aghi, aghi, si aghi, al soffitto, come pareti, come finestre, lunghe ombre sul foglio, di metallo che si scalda, aghi per difendersi, per allontanarti, per costringerli. Aghi serviti per vivere.
Una casa di aghi, aghi da tappezziere, ed io con il mio spago che trapunto, trapunto, un capitonnè grossolano, disegnato su un gonfio materasso di lana, vestito di traliccio bianco…



