Sottile come la carta carbone: Tina

Tre oggetti – di Tina Conti

La borsa rotonda

Costruita con abilità e maestria ammirabile, l’ho comprata  in un negozio di oggetti da collezione. Non pensavo di usarla, mi piaceva averla per la sua storia.

Toccandola mi chiedevo come avevano fatto a darle quella rotondità, come l’intreccio avesse resistito nel tempo.cÈ rimasta in bella mostra  vicino a cappelli e berretti sull’attaccapanni poi, sopra una panca usata per contenere i ventagli.cRifinita in pelle marrone, impunturata con cura,cha cerniere in ottone e piccole borchie che la rendono stabile.cI  lacci dei manici si sono lacerati col tempo ma il coperchio rotondo non si è modificato. Devo aver sviluppato col tempo una strana attrazione per le borsette iIntrecciate perché, ad un mercatino di beneficienza ne ho acquistata un’altra che le mie nipoti  hanno scelto per giocare alle signore.

Al doposcuola,  durante la scuola elementare, per la lotteria di Natale, ho comprato una grande quantità di biglietti per avere in premio una borsetta di paglia intrecciata. Quella, era a bauletto, con il manico di bambù, ed era verniciata di bianco.

La carta carbone.

Riordinando la stanza dove io dipingo e i miei nipoti giocano e lavorano, sullo scaffale delle carte, ho ritrovato un piccolo fascicolo di fogli  da copia. Si presentano scivolosi, leggerissimi e sottili come un velo, sopra  la cartella che li contiene c’è l’immagine  di una segretaria attenta alla macchina 

Non so da quanto tempo si trovavano li, amate e odiate da me per le faticose  attività con  la mia vecchia Olivetti. Poco pratica  e insofferente, distraendomi spesso, facevo regolarmente pasticci.

Amavo più usare la penna e in particolare quella stilografica.

Aperto l’inserto, tutti i fogli sono volati via e si sono sparpagliati su pavimento.

Nel raccoglierli, mi sono macchiata le mani, questa è una caratteristica poco piacevole di quel materiale.

Ho pensato  che avrei potuto   proporre una attività  ai nipoti con questa carta

certa del fascino e della magia a loro sconosciuta . 

È stato divertente vederli sperimentare e commentare  su quei fogli neri e rossi.

 Finito il lavoro  stropicciati e scartocciati  sono tornati sulla mensola dalla quale erano venuti.

La scultura a forma di lancia

Piatta, pesante, rugosa, modellata a mano da un artista del territorio di Bagno a Ripoli, lo stesso che ha realizzato la grande struttura per la nostra biblioteca comunale.

Bella da toccare e soppesare, pensata accompagnata da altre, disposte come cipressi nello spazio

Contributo: Vanna

Dove la mancanza diviene concretezza: contributo in differita di Vanna Bigazzi che riesce a seguirci riascoltando il video registrato dei nostri incontri e a lasciare il suo prezioso pensiero.

“Pieno e vuoto nella casa delle assenze” – di Vanna Bigazzi

Mi ha colpito la dinamica del gruppo: oltre le descrizioni spontanee delle forme simboliche suggerite da Cecilia, si e` diffuso, un po` nascostamente, un motivo relativo alla presenza – assenza, solitudine-condivisione, focalizzato poi da Cecilia con il bel brano di Erri De Luca. La realta` dei coltelli del lanciatore, che colpiscono una superficie, la loro incisivita` inconfutabile, creano una figura, all’interno del perimetro inciso, che pur non essendo materializzata dall’incisione stessa, prende forma proprio dalla mancanza della tangibilita`. L’astrattezza, l’incorporeita` si animano come l’immagine in un negativo fotografico o nel bassorilievo. Mi ha convinto ancor piu` di questa mia sensazione l’intervento di Lucia che ha parlato, prima del binario solitudine-creativita`: dal nulla il vero e poi della mancanza delle persone non presenti nel gruppo che, a mio avviso, in quanto mancanti, esprimono la loro presenza. Che dire, come se l’assenza-presenza producesse un completamento: il bianco e il nero che si abbracciano, lo Yin e lo Yang. Ma in questa unione si trova comunque equilibrio: PIENO E VUOTO NELLA CASA DELLE ASSENZE. Anche il discorso di Laura lo ho sentito aderente, come discorso d’insieme, al di la` dei contrari: la realta` nel tutto. Ricordi e volti appaiono e scompaiono e coesistono al medesimo tempo la` dove il paesaggio e` stato paesaggio del cuore.       

Rotondo melagrana: Laura

Regina del campo di olivi – di Laura Galgani

Sentirti sotto i polpastrelli mi porta ad immaginare ciò che si cela sotto la tua buccia a tratti ruvida, tirata come la pelle di un tamburo: le sezioni interne si lasciano percepire e vedo, intuisco, la pellicina giallognola che stringe furiosamente i minuscoli chicchi rosso rubino custoditi nei tuoi tanti scrigni.

Sul lato opposto al picciolo ti stendi e in una protuberanza preziosa che si apre alla fine in una corona dai sette petali. Racchiude all’interno il tuo piccolo seme in fiore.

All’interno del frutto, anche se ormai essiccato, innumerevoli piccole celle si contendono lo spazio.

Peccato tu non sia commestibile. Per qualche ragione che a me sfugge mi sei stata posta nel palmo della mano come “decorativa”, da non mangiare. Avrei affondato volentieri i denti fra quei chicchi, sentendone il fresco in bocca, sulla pelle del palato e delle gengive.

Ti ho adagiata allora su un buffo piatto di ceramica bianca diviso in settori, grandi e piccoli, con altre tue sorelle, insieme a mezzelune d’arancia ormai scura, essiccate da tempo immemore, a formare una composizione autunnale densa d’arancio, rosso scuro, rubino.

Ciò che mi sorprende di più è l’intenso colore rosato e maculato della tua pelle liscia, tesa. Sembra trasudi il succo dei chicchi rimasti intrappolati all’interno.

Non potendoli mangiare è così che si palesano e si donano, ricordandomi giornate di lavoro piene di sole.