Donna leggera – di Gigliola Franceschini

Accadde una mattina, alle prime luci del giorno. Dopo un’altra notte di respiro pesante, ansia diffusa e sensazioni di inutile lotta, l’aria le sembrò più fine, sempre più fine e cominciò a lasciarsi andare e lasciare il suo corpo ormai inerte al di sotto di sé. Alzò lo sguardo verso qualcosa che l’accarezzava e diventò uno piuma leggera come l’ala di un angelo. Senza peso né pena, sola nell’essenza dell’infinito, sola ma non infelice, si abbandonò all’ultimo abbraccio e finì la sua storia senza lasciare impronte.
Il compagno della sua vita cercò un’ultima cosa di lei in quel groviglio di lini dove si era addormentata, ma non trovò traccia. Forse qualcuno aveva rassettato un po’, ma a lui questo sembrò fuori della realtà e pensò e lo disse che lei si fosse portata via tutto per trasferirsi altrove e non restava niente. L’uomo pensò che fosse una punizione per lui, che non gli spettasse nemmeno l’immagine di lei e sentì che le sue lacrime erano amare, senza conforto. La sua vita continuò senza che nessuno si accorgesse del vuoto che aveva dentro, tanto lavoro, tanti soldi, le solite ferie in agosto.
L’unico segno del suo viaggio interiore fu l’abbandono della pittura, l’altro grande amore della sua vita. Niente marine bruciate dal sole, niente viali alberati, niente più odore di acqua ragia per casa. Tutto fu rinchiuso in un pugno di ricordi.
Restò vivo a metà senza saperlo.


