Notturno – di Luca Di Volo

Non gli piacevano i rumori della notte. Gli evocavano sempre emozioni diverse: fastidio..inquietudine..in qualche caso vero e proprio terrore…che si attenuava solo quando poteva scoprirne la ragione fisica e razionale. Il suo amico analista gli aveva spiegato che il timore che questi suoni evocavano era nient’altro che il riflesso rimasto impresso nei nostri antichissimi antenati e che attraverso millenni era stato profondamente inciso nella nostra eredità genetica. In qualche modo noi eravamo ancora “loro”, quando, di notte, il pericolo era davvero reale e un rumore insolito poteva indicare la presenza di una belva o di un cataclisma..insomma morte sicura. E loro erano deboli..come noi.
Ciononostante, quella sera era tranquillo, una buona cena con buoni amici, con del buon vino era un viatico per una notte serena.
Stava appena appisolandosi quando un suono, conosciuto, ma insolito a quell’ora, lo strappò dalle braccia di Morfeo e lo riscagliò nella brutale realtà..Lo riconobbe, era lo squillo di un telefono..si alzò precipitandosi a guardare se il telefono fosse il suo…no, il suo dormiva sonni tranquilli..
Già un po’ inquieto, appoggiò gli orecchi alle pareti…sì, il suono era proprio di un telefono, ma proveniva dall’appartamento accanto. E lui era certo che fosse disabitato. Conosceva i proprietari, erano partiti due giorni prima per le vacanze, lui stesso li aveva salutati quando, armi e bagagli erano partiti ilari e giulivi per la montagna.
Quindi poteva immaginare quelle stanze buie, illuminate da un barlume di luce che filtrava dalle tapparelle abbassate sufficiente a riflettere il bianco delle coperte stese sui divani, le poltrone e le sedie per coprirle dalla polvere…i lampadari appesi tristi e inutili in quella notte senza fine e i mobili, spettri minacciosi neri alle pareti.
Un po’ stanco, ma anche lievemente rassicurato, si adagiò su una poltrona dello studio, rilassandosi..e, senza accorgersene, precipitò nella trappola della mente.
Guidato da quella voce del telefono, divenuta ora imperiosa e irresistibile, si trovò immaterialmente trasportato nell’altro appartamento. Lì il trillo era più forte, sollevava onde di vento, e a quel vento le coperte messe a coprire i divani presero ad agitarsi, molli fantasmi con movenze di un risveglio sensuale..E il suono esasperante le guidava al ritmo dei suoi trilli.
Presto si svegliarono gli altri mobili…le sedie cominciarono a dondolarsi sempre più rapidamente, ora le coperte erano ritte in piedi agitando quelle che sembravano braccia umane in quella spettrale danza macabra…e su tutto il trillo del telefono, che ora era il lamento di un’anima dannata, che sembrava guidare quel sabba infernale…e l’intero appartamento lo seguiva, ognuno per la sua parte…e il telefono suonava, suonava, solo e disperato….
Si svegliò turbato: era ancora sulla sua poltrona. E il telefono aveva smesso di suonare.
Una piccola sceneggiatura sonora piacevolissima
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