Emozioni rosse, bianche e verdi

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Rosso  bianco verde, emozioni in diretta – di Tina Conti

Calzettoni rossi,  maglietta bianca, casacchina verde, scarpette da calcio verde/rosso,
Il campo è uno spicchio, in contemporanea giocano altri bambini ci sono altre squadre in attesa.
Qualcuno affoga nei pantaloncini troppo grandi la taglia è 6 /7 anni.
Sgambettano attenti  dietro le indicazioni dell’allenatore.
Cambiano spesso ruolo, devono giocare tutti, si spostano sul campo
Mentre  scrivo, l’allenatore mi avverte: Giulio si è spostato nel settore vicino!
Non me ne sono accorta. Mi sposto anch’io.
Bravo, bene, no!….
Giulio si mette le mani sulla testa, ha fatto un tiro alto e ha mancato la rete.
Faccio fatica a seguire il gioco, si spostano con velocità. Ma il clima è piacevole, gli allenatori sono attenti e protettivi.
Io pur avendo vissuto in una famiglia di giocatori dilettanti e preparatori atletici non conosco le regole e non amo il calcio ma, a vedere i bambini allenarsi, mi diverto e poi mi godo il teatrino che circola intorno.
Giulio con pazienza un giorno mi ha spiegato il fuorigioco  e il calcio d’angolo e credo di aver capito.
Ora GIULIO è  in    panchina, per modo di dire, perché è seduto a bordo campo pronto  a rientrare.
Ho sentito un grido: un autogol,  poi, un goal, arriva un massaggiatore, un bambino lamenta un dolore al piede, spruzzi di acqua e massaggio, è passato tutto  si rientra in gioco.
Vedo Giulio a terra, mi preoccupo, poi la giacca dell’allenatore cade  sulla  sua testa, guardo bene,  che succede?stanno giocando, mi rilasso,
Il Belmonte ha preso un sacco di goal, io però non me ne sono accorta, seguirò i commenti del  dopo partita.
Un babbo straniero consiglia il figlio dalle tribune, si sposta continuamente
“Dai M., scatta.!rientra in campo !!”
Per fortuna  la palla sbucciata  da Giulio non  va a rete.
Rientra,!  rientra,!  vedo cheha abbandonato il ruolo di difensore   Vuole andare all’attacco, Giulio sveglia! sarà la fame ma il calo è notevole.
Vorrei dare un pestone al babbo troppo invasivo, mi toglie la visuale, grida forte e mi rovina lo spettacolo, poi la partita finisce, per fortuna. Cambio casacche, si gioco l’ultima partita. Nel settore accanto.
Intervallo, tutti a  bere dalle bottigliette gialle, ci sarà acqua o the?
Sono arrivati dei nonni vicino a me, con la sorellina piccola di un mini giocatore.
La nonna lo chiama, ma Leo non risponde,  è attento al gioco.
Giulio ora è in porta, ha preso il primo goal, mi sembra stanco, però ora ha parato e  così si prende un bravo.
Sono le 12,30  spero che finiscano presto ho ospiti a pranzo, ecco il fischio, si va a casa,
In macchina  si fanno commenti:
“Le prime due partite  le abbiamo perse ma  le ultime due vinte alla grande!! sono contento, dice il giocatore. Ho fatto sette goal! ho una  fame da morire nonna”.
A tavola, infatti,  ha mangiato due piatti di pasta, spezzatino con patate, frutta e dolce.   “Dopo mi  riposo, sono molto stanco” ha concluso il  giocatore.

Il pane non si butta

 

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Pane e pane – di Rossella Galori

lo diceva spesso, come per dare una risposta ad una domanda che nessuno le faceva: per mia madre c’era un “PRIMA DELLA GUERRA” un “DURANTE LA GUERRA” un “ CON I RAGAZZI PICCOLI”  poi buttata lì, mai casuale, puntuale e pesante, almeno per me, arrivava senza tanti preamboli…”DA QUANDO SEI NATA TE”.

La mamma avrebbe potuto fare molte cose nella vita, forse l’indossatrice, aveva un bel personale, la maestra, aveva studiato per farla, suonare il pianoforte, mi han detto che lo faceva più che bene; poi la vita l’ aveva voluta commessa un po’, infermiera molto ed operaia al bisogno…ecco si avrebbe potuto fare di tutto ma la psicologa no, quella proprio no. Quello che comunque le riuscì meglio fu recitare, per la gente, per i familiari, più che altro per se stessa.

Decretare che, dal 51 le cose erano andate a scatafascio, era per me un grande dolore, ho passato anni a domandarmi perché venivo considerata: peggio di una guerra, peggio delle leggi razziali…spesso anche peggio di una malattia. Con il senno di poi ho cercato di aggiustare tutto, cercando, con difficoltà, di non confondere un lungo periodo con una bimba che il babbo voleva Giordana e la mamma chiamò Rossella.

Si perché lei era lei nel bene e nel male. Sorrideva, quello lo ricordo bene, sorrideva, anche quando le difficoltà erano tante, troppe, per una donna sola con tre figli, l’ ho capito tardi, ed in ritardo le chiedo scusa.

Ci fu un momento “ STORICO” in cui il pacco  CIRIO  non arrivò più per mancanza di destinatario, quindi rifiutando il pacco per i PERSEGUITATI POLITICI e non essendoci grosse risorse finanziarie, entrò prepotentemente ed inesorabilmente in casa mia, IL PANE, tanto pane! Si annunciava dopo il 20 del mese, distratto e trionfante, le fornaie del viale Cadorna, erano amiche della mamma, spesso aggiungevano per me un bambolottino di pane al latte lucidino e profumato, che nascondevo, per poi ritrovarlo secco e ferito, tra i miei giochi, non lo mangiavo, lo consideravo un fratellino buono, da rispettare, un piccolo amico che non sapeva niente di me, l’ ideale.

Di una cosa però devo rendere atto a quella donna chiamata mamma, era piena di fantasia…cucinava da Dio ed anche con il pane devo ammetterlo ci sapeva fare, presentava tutto sempre al meglio.

Al mattino affettava il pane sottile, sottilissimo, lo  metteva sulla griglietta, aspettava che fosse tiepido, lo imburrava e zuccherava,  poi cambiava la decorazione del piatto in base alla stagione, petali di peonie, di rose, una ciliegia, un bigliettino con un buongiorno un po’ unto ma solo suo. Noi sorridevamo il  giusto, capivamo come sarebbe andata a finire PANE…PANE E PANE.

Ed infatti all’ ora di pranzo spuntavano i crostini con la pasta d’ acciughe, marca Balena, “la migliore” sottolineava trionfante,  antipasto, sottolineava, e poi era minestrone magari, con qualche pezzettino di pane..

A merenda pane e marmellata, quella dei vicini sempre e “siculamente “ di arance…e a cena caffellatte e……no dai , Vi lascio indovinare!!!

Faceva miracoli, il pane fritto così bollente e dorato, lo sformato di pane e latte dove nei casi più fortunati si  affacciava un po’  di mortadella, il fiore di pane messo su un piatto, con le mezze fette a mo’ di petalo e la salvia fritta, le palline di pane zucchero e ricotta, con lo stecchino, regalo dell’estate, un lecca lecca fragile e fresco…

 

Mi perdo stamani, e non solo nei ricordi, non ci fu mai tristezza, questo è vero, nelle sue panzanelle, nelle sue pappe al pomodoro, nel suo pane abbrustolito, nel suo elegante modo di metterlo in tavola, sempre e solo un sorriso e pane, pane….

Ricordo la sua risposta, alle domande dei miei fratelli: oh mamma ma un toast?

Lei tirando su lo sguardo, che spesso era una sfida: mica siamo americani…..

E raramente se  veniva detto: mamma, sempre pane??!!

La risposta aveva gli occhi leggermente velati: ce lo avesse avuta il nonno una fetta di pane in tasca…..laggiù!

Ed a questa risposta non ci dovevano essere repliche, questo, nei miei silenzi di bambina lo avevo capito ed ancor meglio lo capisco oggi che non ci sei più, a volte mi sembra da sempre, altre da mai…perché la vita è un po’ cosi, per un pezzo di pane si campa, ci si strozza, si sorride, si piange, si ama e si odia…ma più che altro si ricorda, come adesso che la mia fetta di pane brucia, mentre scrivo su un coso che tu avresti definito, una macchina da scrivere inutile e silenziosa, sbruciacchiato si, ma lo mangerò ugualmente, perché lo dicevi sempre  IL PANE NON SI BUTTA….poi sognando girerò lo sguardo e ti vedrò arrivare… ma dove sei stata? Ah già a comprare il pane……..