
Da una lettera del 2008 – di Cecilia Trinci
“Quando una mamma ascolta una figlia che si insinua ovunque, con la curiosità necessaria, la capacità miracolosa, la testa e il cuore giusti per apprezzare il mondo in tutte le sue possibili forme, vive in un misto di orgoglio e di paura, di esultanza e di scaramanzia, di raggiante conquista e di infinita angoscia. Come se vedesse contemporaneamente due persone: da una parte una meraviglia della natura, una donna indomita e coraggiosa, curiosa della vita, in cui riconosce le più belle aspirazioni di se stessa giovane e dall’altra una exbambina con i codini, le pentoline tonde e il cestino dell’asilo assalito dalle formiche, tenerissima e dolce, quel tesoro da difendere da tutto e da tutti. E quella mamma si domanda: sarà felice? avrò sbagliato qualcosa? E cosa? E quella mamma, senza risposte, si sente smarrita.”
MAMMA – di Laura Casati (2013)
Prima luce della mia vita. Primo amore, desiderato, temuto. Ripercorro col pensiero la nostra storia, le mie sensazioni le mie emozioni, ti rivedo giovane e piena di speranze, bella con la redingote principe di Galles. Ero piccola e felice in braccio a te. Poi ombre scure si addensarono nella tua vita, nella mia vita incomprensioni litigi dolori, la testa ti scoppiava, gemevi nel letto ed io con te, avrei voluto salvarti ripescarti dal vortice che ti inghiottiva ma non potevo, non dovevo essere io….ormai la mia vita di piccola donna aveva preso il suo corso. Sei sempre stata la mia fragile ma esigente madre, sorella ed anche figlia, in vecchiaia sei stata la mia piccolina sempre esigente, volitiva un po’ egocentrica. Negli ultimi tempi amavi ricordare la tua gioventù, i tuoi amori, le tue delusioni, la tua vita serena trascorsa nel bel casolare di campagna dei nonni a San Lorenzo a Colline. Ti ascoltavo e rivivevo con te quei momenti, mi rivedevo piccola e felice come in un eden perduto.
Mani in mano – di Ivana Acciaioli
Le donne a quel tempo non stavano mai con le mani in mano.
Quando sull’imbrunire, prima di cena, si riunivano nell’aia ognuna con la propria seggiola, anche se il desiderio era quello di muovere le lingue in chiacchiere e confidenze, comunque le mani non si fermavano; chi sbucciava i fagioli, chi dipanava la matassa, chi rassettava buchi e cuciva toppe, chi intrecciava la paglia.
Io a quell’ora ,stanca delle corse e dei giochi, frignavo sempre e avrei voluto stare un po’ in braccio alla mamma, ma lei mi offriva solo i suoi piedi, disposta a dondolarmi ma non ad abbandonare le sua operosità, mani e braccia altro avevano da fare.
A volte mia sorella, più grande di me di cinque anni, mossa a compassione forse per aver patito prima di me la stessa sorte, si offriva di prendermi in braccio ma niente può valere come il calore materno.
Quando ho visto mia madre con le mani in mano avrei preferito che le muovesse in qualche faccenda invece lei non respirava più.
Ti verrò a prendere – di Mimma Caravaggi
“Ti verrò a prendere con le mie mani” mi disse con tutto il fervore possibile ed io pur esterrefatta pensai che sarebbe stato meglio venirmi a prendere in macchina, sarebbe stato meno faticoso di sicuro! Eppure nonostante la mia ironia, le sue parole mi colpirono molto anzi direi che mi commossero molto. Me le disse Vera, la mia mamma quando la salutai tristemente per tornarmene a Terni da mio padre e le altre sorelle. Stavo bene con lei anche se come tutte le madri era molto brontolona, mi svegliava presto la mattina perché non sopportava proprio vedermi dormire fino a tardi anche se poi al massimo restavo a letto fino alle 8. In più era caparbia, e amava fare tutto ciò che le veniva in mente senza preoccuparsi se chi la seguisse fosse in grado di fare altrettanto. Sapeva però essere molto dolce quando voleva e l’amore per me è sempre stato immenso visto che per lei io non crescevo mai, restavo sempre la “sua piccolaccia” la piccola di casa anche quando sono diventata quasi il doppio di lei! Anche per lei era molto doloroso lasciarmi andare via e per questo mi ripeteva “ricorda che se non ti trovi bene o se qualcosa va storta dimmelo ed io verrò a prenderti con le mie mani,… e anche con i piedi!!”
Mancanza – di Rossella Gallori
Mia madre era l’unica ebrea di mia conoscenza senza senso per gli affari, seguiva il cuore, i colori, le voci, il suo istinto le dava strani consigli e le faceva decretare (spesso sbagliando) che, il signor Waldemaro Montis fosse affidabile, ed il povero Tritarelli Tarcisio un poco di buono, così senza conoscere né l’uno , né l’altro.
Ci imbarcammo in un lavoro a domicilio: “Confezionare reliquie di S. Rita “. Ci consegnarono due balle di petali di rosa benedetti che dovevamo stirare e inserirli in una bustina insieme alla medaglietta della Santa che, devo confessare, non aveva l’aria molto sveglia.
Il “forse” era l’unica cosa certa in casa mia : forse ci riprendiamo, forse la mamma trova lavoro, forse a forza di Madonne e rose ci riprendiamo, l’unica cosa certa era il sorriso di mia madre ed il mio imminente addio alla scuola …..tanto….
Ma torniamo alle nostre rose, lavoravamo dopo cena io e lei, lei ed io e più che la mancanza di soldi ricordo la mancanza d’aria , con tutti quei fiori!!!!!!!Fino a notte fonda, mezzanotte, le una, poi la mattina a scuola dormivo ad occhi aperti…Se ne accorse, la professoressa di lettere, un po’ spaventata dai miei temi senza senso (ma quello era routine), dagli occhi semichiusi e dal profumo intenso dei miei abiti. Quando la mamma fu convocata, non venne alla Peruzzi, mandò due righe: Gentilissima professoressa, mia figlia sta bene, mai stata meglio, noi adoriamo i fiori e ce ne circondiamo, distinti Saluti Giulia Cassuto vedova Gallori
Usava quel “vedova” come un valore aggiunto, una medaglia sul campo, ignorando vo lu ta men te la disgrazia. ”Male è per chi muore“ diceva, mentre osservava qualche petalo più sciupato togliendolo dal cestone, e già le brillavano gli occhi, ma a cosa stava pensando? Quale idea aveva in testa? So che dopo qualche giorno nacquero nell’ordine: una torba acqua di rose, saponcini deformi e, dulcis in fundo, un rossetto di un rosa indefinito….tra il salmone fresco e quello avariato.
Tutto firmato GIULIA, tutto così inutile e divertente. Non riuscimmo a risolvere la nostra MANCANZA DI SOLDI ma eravamo molto, molto profumati, a volte anche troppo.
Ti lascio andare – di Stefania Bonanni
E finalmente ho lasciato andare. La vita presenta conti salati, ma non si può decidere altro che vivere, o cominciare tutti i giorni a morire un pochino.
E l’ho lasciata andare, la mia mamma, con tutto l’amore possibile ed un’infinita gratitudine.
Così il mio 18 gennaio di rabbia rossa è diventato un giorno di miele color oro, il momento di ricordare, e raccontare, perché non si perda nient’altro, neanche un’immagine, neanche un sorriso, neanche un odore, neanche il suono della sua voce. Perché sia celebrata la sua mancanza.
