Profumo di sigaro

cigar-1293684_960_720Profumo di sigaro – di Cecilia Trinci

Già definirlo “profumo” è  quasi irriverente. Sarà che mio nonno il suo “mezzo toscano” lo teneva spesso tra le dita senza accenderlo e così, più che altro, aveva un profumo intenso di tabacco grezzo. Spesso ero io piccina che scendevo dal tabaccaio con le monete contate per comprare quei “cinque mezzi toscani” in un cartoccio beige. Erano rotoli grassocci di foglie marroni accartocciate, tutti diversi uno dall’altro e si vedeva bene che erano fatti di foglie. Mi piaceva andare: uscivo da sola, rimanendo sempre sullo stesso marciapiede e dovevo ricordarmi quella formula che mia nonna mi ripeteva sulla porta: Cinque! Mi raccomando Cinque! e poi  all’epoca il tabacco veniva dalla Maremma, quindi per me quel fagottino si arricchiva di un sottile saporino di mare. Grandi estensioni di cespugli verde scuro, fogliosi, imponenti che ci accoglievano appena si entrava in Maremma per andare in vacanza. Dal finestrino li guardavo sempre bene bene, curiosa, pensando ai cinque mezzi toscani di mio nonno e domandandomi cosa poteva trasformare così quelle gran foglie. Mio nonno accendeva il suo toscano con un tizzone colto dalla stufa economica. Apriva lo sportellino incandescente e mentre appariva  un nido rosso di braci ammonticchiate che crepitava paurosamente, infilava dentro la bocca di fuoco uno di quei suoi ferri appesi sulla maniglia della stufa, sceglieva con cura il suo tizzone e lo faceva uscire dallo sportello, imprigionato nella lunga pinza. Lasciava aperta la bocca della stufa e intanto,  in un gesto lento, esperto e ammaliatore succhiava il toscano, mentre la brace accendeva la punta. Subito dopo riponeva la brace esausta nella stufa e richiudeva tutto.

Paura. Paura e fascino. Mio nonno era il fuoco, il domatore di quella stufa che scricchiolava e cantava tutto il giorno, rimediandoci calore e cibo. Su quella stufa si asciugavano i panni su una raggiera di ferro, si mettevano a cuocere i nostri intrugli giocattolo, e si cucinava la cena in grandi tegami col coperchio.

E si stava al calduccio   mentre la radio andava a tutto volume. Mio nonno era silenzioso, forse per quel sigaro sempre in bocca anche da spento, e io pensavo fosse perché doveva calcolare il tempo giusto per infornare legna nella stufa  o perché ascoltava il rumore del tiraggio per intervenire subito se qualcosa non andava per il verso giusto. Lui davanti alla stufa ci stava quasi nudo. Gli piaceva mandarla a tutto gas e sentire sulla pelle il bollore del fuoco che bruciava. Pensava e fumava, ascoltava e fumava e la stanza si riempiva di profumo di caldo, della legna che bruciava e del toscano che si consumava piano….. Lui era silenzioso sempre. Ma nessuno ha mai saputo come lui sentire i miei pensieri, anticipare i miei desideri, inventare storie impensabili dando soltanto pochi indizi per poi tuffarsi con me nella logica illogica della favola. Mi ha regalato sempre  libri. Il primo quando ho compiuto un anno, con  la dedica  scritta con la sua penna stilografica nera e l’andatura delle parole già un po’ incerta: “………perché ti possa ricordare sempre del tuo nonno Elio”. E io di lui mi ricordo il silenzio, il profumo, la sua pelle bianca, soffice e senza rughe, il suo sguardo sornione, la capacità di parlare senza usare parole, la sua mano dove scivolava la mia quando si usciva per giardini, per fiori, per il cinema o per le nostre segrete avventure di cui nessuno ha saputo mai…..