Via della Stufa – di Rossella Gallori
…eravamo tutte un po’ innamorate di via della Stufa, eppure avevamo il mondo davanti: S. Lorenzo, le Cappelle Medicee, il palazzo Medici Riccardi, il Duomo ad un passo,Giovanni dalle Bande Nere, che ci voltava le spalle, ma c’ era .
……Ma a noi “bambine” piaceva Via della Stufa, da lì entravamo ed uscivamo da “bottega”, i fidanzatini ci aspettavano lì, la sera con i primi baci, ed i primi ”qualcosa di più “….tanto c’ è buio” ….si diceva.
Succedeva tutto lì, anche quando venivamo brontolate dal principale, si finiva per andar a piangere in Via della Stufa, ma al numero 7, un magazzino immenso, fresco d’ estate e caldo d’inverno, ci si nascondeva dietro i sacchi di kapok e giù lacrime e certezze ”se trovo uno co’ soldi vò via“ (si parla più fiorentino quando si piange……) poi guardando che non fossero passati più di dieci minuti, tornavamo a negozio, le pesanti chiavi in tasca, gli occhi rossi e le braccia piene di qualcosa che ci sarebbe servito da alibi per l’assenza!
- Dov’eri?
- Io….io …nel “fondo” a prendere il cordone da ripieno.
- Ma se c’era, a forza di andarci a frignare a ‘i 7 mi si arrugginiscon gli scaffali…….(Quante cose capiva Arrigo, il buon Arrigo…..)
Mai messe un cappotto, una sciarpa, un paio di guanti, per andare a fare le commissioni, nemmeno quando nevicava, le calze di lana, le scarpe basse, solo “ la vestaglia, la gabbanella, il grembiule” chiamatelo come volete , ma era la nostra divisa, mai sintetica, sempre un po’ vistosa ….si usciva dalla porticina, quella dietro la cassa…e via, per quella stradella che ci sembrava un viale: “Io vò da i mesticatore in Borgo la Noce”…” io da i civaiolo in via Taddea….” e giù a corsa, le più sveglie si accendevano una sigarettina, le più sveglie davvero, avevan fissato con il garzone del Conte Razza un bacio, una ciancicatina, altre, quelle che potevan tenere lo stipendio per sé, andavano a provarsi una sottanina in via dell’Ariento….poi si rivolava in via della Stufa…..Tutto iniziava e finiva lì….
….e le campane? Che incubo, ogni mezz’ora din do dan ….mi sembrava anche di più…., so solo che il venerdì Santo, quando le legavano, si benediceva il parroco, la perpetua, e anche quello lassù che morendo ci aveva regalato un po’ di silenzio !!!!
E a Giovanni (dalle bande nere) parlava Antonio con la Nisella per mano: Un tu dici nulla? un tu canti….senza musica eh bischeraccio….e giù risate in via della Stufa.
Quando si arrivava, un po’ prima dell’ inizio del lavoro, ci si sedeva sui gradini degli usci (portoni) a cianare, chi si cotonava i capelli, chi si faceva il rigo agli occhi, chi metteva a posto le calze, per mostrar qualcosa che all’epoca valeva la pena….poi all‘improvviso un getto d’acqua dal civico 3 nero e la Drovandi che urlava: oh ciabattone, che la smettete di bociare !!!!!!!!
Via della Stufa non ci ha mai tradite, noi nemmeno. Corta, poco illuminata, male odorante spesso….ma era lì e ci aspettava a braccia aperte sempre, con le sue case belle, nascoste da ingressi angusti, Orvieto che ci dava le lenzuola a rate per il corredo, Boris con i suoi commessi belli e un po’ maiali, quello che vendeva le radioline, nuove spesso, rubate a volte….ed i primi stranieri: hallo hallo……!!!!
Allo icché, diceva Silvio, l ‘ortolano, con la sua gamba di legno, che lo annunciava su un marciapiede che non c’era…..
Tutti lì, in quei pochi metri. Ogni tanto passava i Traballesi, l’avvocato, con la contessa …moglie incombente più che altro per la differenza d’altezza….noi di Palazzo della Stufa, i Lotteringhi….si conoscevano bene gli inservienti, il cuoco la governante, la guardarobiera ….per la coppia solo un cenno di saluto, e nei casi più fortunati rispondevano pure.
…E tutto procedeva così, alle spalle di Giovanni, col piccione di turno su i capo …ci girava le spalle, eravamo plebe…..
Ma sotto il vecchio Medici, c ‘era la fontana e la sete io me la levavo li , la sera quando tornavo a casa, con lo stipendio nel reggiseno….e una voce sconosciuta che urlava: un ti piegare….ti si vede i culo….
Via della Stufa, eravamo noi, con un tabernacolo dove pregare, ed una pietra in cui inciampare, con qualche signora diventata prostituta, e qualche trottola diventata signora, con qualcuno che pisciava al muro, e qualcun altro che dormiva per terra con il fiasco accanto….ogni tanto calava un cestino pieno di nulla che risaliva con due carote, du baccelli e la bottiglia del latte di vetro, che per puro miracolo, non ho visto mai cadere…..a volte volava ģiu l’immondizia….ma faceva tanto MERCATO……
Volevamo crescere….non avevamo paura di invecchiare, ed avevamo tutti la strana certezza di esser nati lì…..IN VIA DELLA STUFA…..la via che ci aveva adottati, ma che non fu mai matrigna.