
La casa sul lago – di Mimma Caravaggi
Arrivò, posteggiò la macchina, lasciando il borsone sul retro. Non voleva prenderlo ora, lo avrebbe fatto più tardi, per ora era abbastanza agitato di presentarsi alla porta. Si accostò meglio la sciarpa al collo e finalmente bussò. La governante, che lo aveva già visto dal finestra scostando solo leggermente la tendina, era già in attesa di sentir suonare il campanello. Lo fece entrare e lui si ritrovò in questa casa rivedendola come sempre era stata, nessun cambiamento negli anni l’aveva sconvolta. Era identica a come l’aveva lasciata, persino la poltrona, di stampo vissuto, era sempre lì al suo posto. Mentre guardava con ansia e avidità girando testa ed occhi in ogni dove, ecco scendere Eva, leggera con la sua lunga coda di cavallo che, ad ogni scalino, sembrava danzare. I loro occhi s’incontrarono finalmente e si fissarono impari, ansiosi e una massa di ricordi affollò le loro menti. La governante intervenne per aiutarlo a levarsi il pesante cappotto e se ne andò in cucina a preparare un the caldo per tutti; avrebbe sicuramente fatto bene. Lui si tenne la sciarpa come coperta di Linus per avere qualcosa tra le mani che lo facesse sentire meno in imbarazzo. Eva è la prima a parlare: “Alfredo come mai sei tornato? Andasti via dicendo che non avresti più messo piede in questa casa. Cosa ti ha fatto tornare?” Alfredo abbassò gli occhi e con un filo di voce disse: ”I soldi”. Fuori intanto si sentiva cigolare la porta del pollaio e il suono di passi attutiti sembravano venire dal piano di sopra. Le due donne non erano sole anche se tutto lo faceva pensare. “Come un lupo affamato ti affacci nuovamente a questa casa dopo anni di silenzio e senza alcuna vergogna chiedi dei soldi. Chi ti ha detto che il babbo è morto? E sei sicuro ti abbia lasciato qualcosa? O addirittura pensi che ti spetti qualcosa dell’eredità?” “ Eva credimi, non sono qui per me ma per la mia famiglia. Ho due figli e la piccola è malata e deve essere curata al più presto e questa è la sola ragione per cui sono qui a pregare per ottenere qualcosa”. L’istinto femminile di Eva iniziò subito ad ammorbidirsi e cercò di farlo parlare e spiegarsi. Non poteva e non voleva cacciarlo nuovamente di casa, non in questo momento. Ci sarebbero stati altri giorni per chiarirsi e magari perdonarsi. La governante portò il tè che tutti e due in piedi sorseggiarono lentamente, guardando fuori dalla finestra. Eva per non perdere le bellezze del giardino e del paesaggio per lei sempre uguale ma pur sempre emozionante e Alfredo, con i suoi tanti ricordi che affollavano la mente, si beava di queste meraviglie che pensava non avrebbe mai più avuto occasione di vedere.










