La casa sul lago

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La casa sul lago – di Sandra Conticini

Aveva deciso di andare a trascorrere quei pochi giorni di vacanza in quella casa ai confini del lago di Bracciano, lontano dalla città e dalla confusione. Tutto quel verde e quell’acqua, praticamente ferma,  più volte l’avevano rilassata…aveva solo bisogno di stare sola con se stessa e con i bei ricordi di quel luogo. La pace durò poco perché, a poche ore dal suo arrivo, sentì un  rumore lungo il vialetto di ghiaia e, spostando le mezze tende, vide fermarsi una macchina tutta battuta, graffiata e fangosa…non si immaginava chi potesse essere entrato dal cancello a quell’ora….

Quando aprì la porta si trovò davanti, sulle scale, un signore con il volto coperto da una sciarpa nera, malvestito e dall’odore sembrava che non si lavasse da molto tempo. Con quel buio ebbe paura e non lo riconobbe…forse era meglio se non avesse aperto….

Intanto in cucina la governante iniziò a preparare il thè con dei pasticcini, chiunque fosse potevano sempre servire.

Poi con la luce di casa vide che era lui…suo marito che iniziò a inveire verso di lei dicendo che se si era ridotto sul lastrico era colpa sua, comprava sempre scarpe vestiti borse di grandi firme, gioielli, brillanti, viaggi, alberghi a cinque stelle  e non ultimo il vizio del gioco che lo aveva rovinato definitivamente.

Cercò di rabbonirlo un po’  offrendogli il thè con i pasticcini e  una bella fetta di  torta di mirtilli con panna….la sua preferita, ma lui continuò a urlare, così lei dovette riconoscere che aveva ragione…  L’aveva sposato solo per i soldi e se ora li aveva finiti meglio trovarne un altro per farsi mantenere, non era il tipo di poter vivere in povertà…..

Lui, rosso di rabbia, andò via sbattendo la porta e urlando: – Possibile che tutto il mondo giri intorno ai soldi?

La casa sul lago

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La casa sul lago – di M.Laura Tripodi

La notte era fredda e buia. Pioveva fitto fitto e la casa era illuminata da tante piccole luci che nell’oscurità del bosco la facevano sembrare un albero di natale. L’uomo fermò la macchina, guardò verso la casa, sospirò, poi si fece coraggio e scese. Prese il borsone appoggiato sul sedile posteriore e una smorfia di dolore gli deformò le sembianze .

Si coprì il viso con la sciarpa in un gesto protettivo senza senso. Là dentro sapevano chi era e lo stavano aspettando e fuori sembrava esserci solo il nulla. Ma ecco, la governante aveva aperto la porta e i suoi occhietti curiosi scrutavano l’uomo  pregustando un evolversi goloso e succulento, come le pietanze che stavano sulla tavola imbandita.

L’uomo entrò senza salutare. Si tolse con fatica il pesante cappotto. Sul maglione  una  macchia di sangue sembrava allargarsi a vista d’occhio.  Provò a salire le scale, ma cadde pesantemente sulle ginocchia. La ragazza gli si precipitò incontro. Un odore sgradevole di poco pulito la investì, ma il sangue che intanto era colato sul pavimento la fece inorridire.

Lui la guardò con occhi innamorati e nostalgici. Stava morendo, ma aveva portato a termine il proprio compito: l’ostaggio era stato liberato e dopo lo scontro a fuoco era riuscito a recuperare anche il denaro.

Il padre di lei sarebbe arrivato di lì a poco al posto di polizia del vicino paese, accompagnato dalle forze dell’ordine.

Mentre seguiva il proprio rantolo, sempre più debole lo sguardo gli si posò e si spense per sempre su un cesto pieno di buona  frutta.

La casa sul lago (dal gioco del Dòmino)

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La casa sul lago – di Mirella Calvelli

La casa vicino al lago attendeva il suo ospite.

Sarebbe stata una serata importante quella, perlomeno per Maria, che era salita al piano superiore per rinfrescarsi. Si tolse il cappottone pesante , di un peso non dato dalla stoffa, ma dal fardello del suo passato. Si in fondo era tornata lì  per quello, per sgomitolare le trame di un “ieri”, di cui conosceva solo pochi particolari.

Si raccolse i capelli in uno chignon che la rendeva più ordinata.

Il suo viso ovale e quei capelli nerissimi, riflessi nello specchio di nonna Agata, lasciavano presagire come sarebbe stato lui.

Intanto Agnese, la governante, aveva preparato un bel cesto di frutta fresca sul tavolo del soggiorno.

L’aveva acquistata in uno dei tanti orti che incorniciavano il lago.

Anche lei era impaziente, anche lei voleva sapere…sapere di chi? Di cosa?
La sera ammantava con le sue ombre il lago e la campagna circostante, una pioggerellina sottile, mista alla fitta nebbia, sembrava salisse direttamente dalle acque.

Le stradine silenziose e scure si animarono leggermente di passi incerti che facevano scricchiolare i sassi rotondi e chiari del percorso.

Una figura esile, debolmente claudicante avanzava avvolta nella sua grossa sciarpa, trascinando  una valigia troppo pesante.

Le luci delle case intanto iniziavano ad accendersi, come piccole fiammelle di un presepe.

Anche davanti all’atrio della casa di Maria, ogni passo che si aggirava, faceva accendere il lampioncino davanti alla porta, illuminando a dovere l’entrata, anche se gli avventori erano solo cinghiali o conigli selvatici e non erano ospiti attesi. Il dovere delle luci, li faceva scappare via, creando un gran trambusto.

Agnese si spostò velocemente dalla sala da pranzo in cucina, dopo aver dato un fuggevole sguardo alla pendola all’ingresso.

Tutto era pronto, una cena semplice, ma fatta di tutti quei prodotti buoni e che la stagione regalava a chi come lei con mani esperte riusciva a preparare con poco dei manicaretti.

Ma stasera era una sera speciale. Si apprestò a preparare la sua postazione vicino al caminetto, sulla seggiolina di paglia, dove anni prima, quando Maria era piccola, si accovacciava e canticchiando con la bimba sulle ginocchia…cavallino arria arrò, prendi la strada…..

All’improvviso, si accese la luce esterna, il campanello emise il suo suono conosciuto ed Agnese andò ad aprire.

Il suo stupore fu immenso, quando la figura abbassò la sciarpa lasciandosi scoprire il volto, e…. buonasera Agnese.

I suoi occhi si sbarrarono come se avesse visto un fantasma…tu? disse flebilmente.

Sì, rispose, stai tranquilla.

Non riuscì a dire nient’altro, si voltò per chiamare Maria , che nel frattempo era scesa e si parava dietro di lei.

Eh sì stessa figura slanciata, stesso viso ovale, stessa linea e stesse ombre.

Non ci fu bisogno di aggiungere altro, Maria aveva in mano una vecchia cartolina.

Lui posò la valigia, si tolse il cappotto e si accomodò al tavolo rotondo nel soggiorno, apparecchiato.

Le voci si alternavano alle risate, alle pause, allo scalpitare delle forchette e al tintinnare dei bicchieri.

Agnese cercava di capire da dietro la porta, ma non c’era niente da capire, nulla da ascoltare.

Le loro figure avevano già parlato per loro.

Mangiarono la torta di mirtilli e bevvero il the a conclusione di quella sera, non proprio inaspettata.

 

La casa sul lago (suggestioni dal gioco del Domino)

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La casa sul lago – di Carla Faggi

Nessuno sapeva che sarebbe arrivato.

Aveva paura di essere respinto quindi non aveva comunicato il suo ritorno.

Uscito di galera un anno prima per buona condotta, Rocco camminava a testa bassa e con le spalle ricurve.

La valigia che aveva con sé era semivuota ma pesantissima di ricordi e di rimpianti.

Quanto dolore si portava  dietro e quanta vita perduta.

Un pesante fardello di momenti non vissuti gli pesava sulle spalle.

La casa vicino al lago era illuminata, sentiva profumo di cibo, di vita familiare, di serena quotidianità.

Intravide dietro la finestra una figurina leggera di ragazzina.

Era certamente Clara, sua figlia, portava ancora i capelli legati come quando era piccola, quando giocavano insieme per ore ed ore, prima che la prigione li separasse.

Voleva bussare, ma esitò, aveva paura.

Si tolse il pesante cappotto, lo piegò e poggiò sulla valigia.

Tutto il suo passato era lì.

Lo getterò, pensò, voglio riuscire a perdonarmi ed a dimenticare.

Alzò le spalle, lo sguardo fiero e bussò.