Paure che crescono – di Rossella Gallori
Era una bimba buona, ci vedeva il giusto, guardava poco, non si faceva pettinare, quasi mai e da chi poi?
Mangiava quello che le davano, anche se non era abbastanza.
Giocava a nulla con nessuno, accarezzava immense giraffe di finta pelliccia, piccoli criceti di cencio infeltrito, diceva bugie, inventava storie, raccontava di parenti altissimi, ricchissimi preferibilmente atei ed inesistenti.
Crebbe, ma si dice crebbe?
Bene: diventò grande, a volte troppo a volte poco…e fu nella sua adolescenza che si fecero avanti le sue paure, le fisime, le ubbie grigie, i silenzi che gridavano di rabbia, il dolore di sale, le ansie di fiele.
Odiava il giallo
I ponti sui fiumi larghi
I pesci con gli occhi
Ma amava, si sapeva amare in un modo complicato, tutto suo, cercava conforto in chi le sorrideva senza miele, chi la accarezzava senza mani, chi le portava la marmellata di arance amare, chi le dava mare senza tempesta, neve senza freddo.
Poi l’amore si interrompeva, veniva accantonato, la matassa presentava nuovi nodi: detestava i silenzi troppo lunghi
L’istruzione sul piedistallo
I viaggi senza souvenir belli da leccare.
Paure tante, le mie, ancore sicure, quelle che han fatto di me qualcosa di poco definito, forse, una me che sceglie, scarta, resta sola, senza ponti sospesi, senza abiti gialli, senza pesci…o erano piccioni sempre con gli occhi, occhi nascosti piccoli e pungenti, nascosti da una porta aperta…segreta…