Attesa sulla panchina – di Lucia Bettoni
foto e disegno di Lucia Bettoni

Non era Place Vendome
Era Place de Vosges
le panchine erano proprio quelle e proprio su una di quelle panchine lei attese
Attese tutte le stagioni e poi ancora e ancora
Lei era forte come la roccia
determinata e inamovibile
Si era fortificata piano piano
Piano piano da bambina lupa, da bambina albero, da bambina invisibile era sopravvissuta ed era diventata roccia
Era diventata così forte che seppe attendere sotto la pioggia, il sole e il vento
Ferma ,immobile, quasi congelata
Gli uccelli si posavano sulla sua testa e le sue spalle, beccavano sopra i suoi piedi e le arruffavano i capelli
Lei rimase ferma, neppure un piccolo gesto
Sembrava una statua
Era chiaro però che fosse una donna in attesa
Un giorno un rumore inconsueto interruppe la normale scansione del tempo
Un uomo con un sacco lungo e stretto stava passando sotto i portici della piazza
Dentro il sacco qualcosa di metallico batteva sulle pietre della strada, batteva sulle colonne, contro i tavoli e le sedie dei caffè
Il sacco batteva ovunque scandendo la sua presenza ma soprattutto la presenza di chi lo trascinava
Lui conservava tutto e tutto trascinava dietro di sé
Lei fece il suo primo movimento dopo tutte le stagioni, tutte le piogge e tutti i soli
Giro’ la testa come una marionetta, solo un piccolo movimento mentre tutto il corpo rimaneva immobile
Era lui che aspettava?
Fu sufficiente un attimo e lei tornò di pietra, immobile, ferma
congelata
Perché l’attesa congela e fortifica
Non era lui
Passarono ancora i giorni e le notti e ancora giorni e ancora le notti fino a quando un vento che profumava di terra avvolse la piazza, alzo’ le foglie e le vesti
mescolo’ in un vortice tutto ciò che incontrava
Lei apri’ le braccia
annuso’ bene l’aria
Era lui con le mani solcate di terra

























