Spiegazione di un evento

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Simone Bellini: BOTTIGLIE BRILLANTI

Fate addensare la bava di leone mescolandola con schiuma di lumaca, diluendo il tutto con dosi di sangue di drago, avendo cura di spargere uniformemente polvere di stelle girando continuamente con il romaiuolo in modo che non si attacchi al fondo del paiuolo.

Se il sangue di drago non basta aggiungere ampi sputazzi!!

Imbottigliare e presentare il tutto ai partecipanti di scrittura creativa per sentire che bischerate tirano fuori.

Il compleanno in bottiglia

 

bluEmilia Caravaggi: LE BOTTIGLIE DI CECILIA

Mi ricordano il mare bello di un blu intenso che sfuma verso il verde chiaro e poi sempre più scuro fino a diventare nero quando il sole lo lascia al tramonto in attesa della luna e le stelle. Mi ricorda un mio compleanno finito in mare a mezzanotte. Un’acqua caldissima e piacevole fin quando non uscivi fuori e iniziavi a tremare e correvi per raggiungere il primo asciugamano a riva scambiandolo con quello di un altro. La luce lunare per quanto riflettente sull’acqua scura non ti permetteva di vedere granchè. A riva, seduti l’uno vicino all’altro per non sentire troppo freddo, si intonavano canti e cori senza perdere lo spettacolo delle piccole onde che arrivavano a riva precedute dal loro dolce mormorio quasi a farci da accompagnamento.

Parola complicata

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Emilia Caravaggi: INTABARRATA

Come tanti piccoli, facevo molti capricci anche perché tutti mi viziavano molto essendo la più piccola di tre sorelle, per cui a volte prendevo delle bizze terribili che neanche la mia mamma riusciva a spuntarla nonostante la sua calma e pazienza. Così un giorno di Agosto, decisi che dovevo mettermi il pellicciotto bianco di calda lana di pecora. Piansi all’infinito fin quando mamma, stanca dei miei strilli, andò all’armadio dove erano custoditi gli abiti invernali e tirò fuori il pellicciotto odorante di naftalina. Lo indossai e uscimmo sotto il caldo di Agosto. Resistetti un’oretta intabarrata nella pelliccia sotto gli sguardi attoniti di tutti poi finalmente decisi di toglierla. A quel punto Vera, la mia mamma, si impuntò affinchè continuassi ad indossarla fino al rientro a casa. La tolsi e la misi sulle spalle ma non si attenuò il calore che ormai si era insediato dentro il mio piccolo corpo, ma questa volta vinse Vera e dovetti trasportarlo fino alla fine della passeggiata e rientro a casa. Non ho più indossato il pellicciotto neanche d’inverno.

 

Una parola che non mi piaceva

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Rossella Gallori: Il frigorifero

Arrivò cosi, grande, grandissimo, un Philco!!!!!! Bianco, un orso polare con lo sportello e la maniglia.

Era il primo regalo vero, che “ si capiva“ fatto con amore .

Non so bene, se io ricordo perché c’ero o perché me lo hanno raccontato.

Lo zio Alberto, con Guido suo fratello lo portò  su per le scale, ce lo mise in cucina e se ne andò. Non volle un grazie,  non volle un bacio,  lo salutammo dalla finestra, io sulla seggiolina, gli altri in piedi, felici.

Io, quel frigo, lo avrei messo al posto della nonna, mi sembrava più  utile, meno freddo, il che  è tutto  dire….Nella sua camera nera, via tutto e: un bel frigorifero, una tavola di formica rossa, magari le sedie blu…e via la nonna.

Beh sinceramente,  da piccola volevo anche una stanza per la televisione,  una  pure per il mio orsetto intignato…

Ecco si ora lo so volevo far sparire le persone e sostituirle con le cose.

Ma di quel Philco mi innamorai, di lui mi ricordo la sua pancia piena: un pollo, dico un pollo !!!Pomodori e dico,  po mo do ri  e la co to gna ta….e non dico altro,  perché non ricordo bene se c’era uno zampone o no.

Capite, lo zio aveva pensato a tutto. Soprattutto  a  noi.

 

 

Suggestioni in blu

 

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Aldo Bombaci: Dettagli

Occorre spirito di osservazione per notare il dettaglio ma questa volta per me, che pecco di questa dote, non è stato difficile vederlo dentro l’acqua blu della bottiglia;
come fosse la bottiglia del naufrago che chiede aiuto ed arriva sulla terraferma spinta dalla risacca.
L’ho presa in mano, l’ho girata, l’ho osservata in controluce, e ci ho visto la tragedia dentro.
La richiesta di aiuto di una zattera alla deriva, con tanti sassolini ad indicare, forse, il numero di persone;
E due piccoli ciucci, forse, di altrettanti piccoli bambini.
Chissà se è la mia fantasia, o davvero il tentativo disperato di restare aggrappati alla vita

 

 

Toccare senza mani

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Rossella Gallori: BOTTIGLIE COLORATE ROSSE e BLU

Mi sembrava schiuma, senza profumo, in una vasca di piranha.

Mi sembrava un feto conservato nel ventre di una madre lunare, fredda e viscida.

Mi sembravano piccole biglie perse nel mare, straniere in fuga.

Mi sembravano, conchiglie vecchie, figlie  di un viaggio inutile, immerse nel vino economico, di un supermercato anonimo.

Mi sembrava sangue blu, mi sembrava acqua color alchermes.

Mi sembrava tutto e nulla, poi mi sono svegliata e mi son accorta di non averle guardate, le ho toccate senza mani, senza cuore.

Le bottiglie magiche

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Stefania Bonanni: Una magia piccola piccola

Sangue d’anguilla, ali di pipistrello, baffi di topi, polvere di farfalla, squame di tonno, perle di conchiglia, pelle di lucertola, sale e pepe q.b.

Agitare bene, riempire le bottiglie, far bollire nel pentolone coperte di acqua di mare, riporre al fresco nell’ultimo ripiano in alto, nella grotta.

Dopo quaranta giorni e quaranta notti, in una notte di plenilunio, senza stelle, si può aprire la bottiglia. Una volta aperta, si ricorda che deve essere conservata in frigorifero.

Non è un elisir, non è un filtro, solo una magia piccina piccina: ci si condisce la pasta, al sabbath.

Suggestioni di una bottiglia colorata di rosso

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Lorenzo Salsi: Una spuma al bitter

Sudato, fradicio, la partita era stata vinta.
Al campetto accanto alla chiesa  faceva un caldo birbone.
Scontro feroce dopo le scelte, una fatica da non credere sotto il sole in quel modo.
Una squadra di 8 e una di 9, perché se no qualcuno rimane fuori e non può giocare.
“Madonna che caRdo ! ” ,” OH e l’è luglio se ‘un fa caRdo ora, quandE e deve fare? “. Discorsi da grandi sentiti da piccini.
Si aveva 10 o 11 anni, chi più chi meno. ” So’ di ’60 “, “Io di’ ’59 “.
I più bravi Massimo e i’ Cippe, gente nata con la palla fra i piedi, qualcuno addirittura alcuni anni più tardi giocò in serie B.
Bravi, facevano le scelte come capitani l’uno contro l’altro per bilanciare le squadre. Se no che “sugo” c’era, non c’era gioco.

” CaRdo, madonna che caRdo!”  e polvere, mammina quanta polvere, rivoli di sudore che si portavan via la polvere dalle tempie, dalle guance e ti rigavano il viso. Non era abbronzatura era sudicio .

” Goooooool …….” grandi!!, si vince .
E poi al circolo : “Una spuma al bitte(r)….oh, pagate voi che avete perso ….” “Sì ma da 25 (lire) ……

E ci si abbracciava mentre si beveva.

 

I lumini si rincorrono

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Gabriella Crisafulli: Le candele

Nel corso della settimana i lumini si rincorrono sul computer. Leggo con attenzione quello che arriva dal gruppo. Io non c’ero. Mi manca quella seduta. Cerco la mia luce. Ogni giorno vado un po’ più indietro nel tempo.

1977: A casa di Trudi ad Innsbruck, l’albero illuminato da tante lucine.

1957: In famiglia, in occasione delle feste di fine anno, il centrotavola di ottone con quattro candele, tre cavallini e due campanelli. In cima l’angioletto con la tromba. L’aria calda faceva ruotare la ventola a cui erano appesi i cavallini la cui coda, girando, suonava i campanelli.

Ancora prima, 1954, a Como, in chiesa, la mia mamma ed io accanto al grande portacandele dinanzi all’altare. Ero affascinata da quelle luci danzanti e non staccavo lo sguardo da loro. La mia mamma mi abbracciava, mi stringeva a sé, mi soffiava il suo alito caldo e profumato. Mi sussurrava parole tenere di devozione.

Mi scioglievo come la cera di quelle candele e colavo lungo i varchi che si aprivano inaspettati.

Mia madre, quella donna soffice, affettuosa e devota di cui sentivo il profondo fascino seduttivo e di cui ero innamorata, era la stessa ragazza che mi picchiava a sangue quando ero cattiva, cogliendomi di sorpresa alle spalle, per essere sicura che non le sfuggissi.

Ed ero molto cattiva.

 

Un attimo di luce

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(Caravaggio)

Tina Conti: A lume di candela

Intorno al nostro consueto tavolo coperto di rosso, siamo passate lentamente dalla luce esterna di un grigio pomeriggio alla luce di cinque lumini.
Posati tutti in fila sullo stretto vassoio davanti a noi.
Prima un certo spaesamento poi un graduale adattamento di sguardi, ombre, attenzione.
Tutto per me è lentamente cambiato, mi sentivo in un luogo antico, fatto di forme nuove, di volti e oggetti che dovevo riposizionare, contornare.
Sentivo e vedevo un gruppo di persone  che comunicavano fra di loro  come in un dipinto di Caravaggio.
Il pittore nelle sue opere ci ha fatto vedere il suo mondo, quello che lui vedeva, odorava , sentiva  e come la realtà fosse creata dalla luce dei lumi di allora.
Ancora oggi davanti ai suoi lavori sentiamo  le emozioni di quei corpi ,la  loro vicinanza, il calore e il buio intorno. vediamo le vesti,  avvertiamo gli stati d’animo del momento
Anche  ora avverto che tutto si acquieta, si illumina il cuore, si indirizza l’attenzione in quello spazio, su quella luce, su quei suoni e rumori. Vedo colori caldi spalmati ,arrotondati mai violenti. Sento un’intimità nuova un fluido diverso: quello dell’attimo.

Nella neve le luci promettono il Natale

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Nadia Peruzzi: La notte di Monaco

I fiocchi di neve scendono fitti fitti, nella notte di Monaco, a creare un clima magico. Una anticipazione di Natale, inattesa e tuttavia più che gradita. Nelle case piccole luci si accendono. Alcune fisse e troppo forti, tanto da tradire l’artificio. Molte si affacciano ai davanzali, tremule, altalenanti ma calde. Fanno casa, attesa, consuetudini, affetti, accoglienza.

Sono partita per far visita ad un’amica che non vedevo da qualche tempo e per mettermi un po’ dietro le spalle un periodo triste, denso di assenze.

Il viaggio in treno quasi ti culla. Prepara lentamente al nuovo che sta arrivando, e aiuta a far scivolare via, man mano, quello da cui stai un po’ cercando di scappare. Ogni cambio di paesaggio sa di promessa, di novita’  che stanno per arrivare.

La neve poi, quella sì, mette allegria.

Bei giorni di visite, chiacchiere, di calore amicale ritrovato e rinsaldato ad ogni momento.

Sulla via del ritorno intenso e struggente il desiderio che di quelle luci che hai visto a punteggiare quell’anticipo di Natale almeno una si possa accendere a rischiarare il rientro a casa.

Avrei voluto trovarne una tremolante sulla finestra del salotto. Avrei voluto che fossero le tue mani,  non più salde, ad accenderla per darmi il benvenuto  in un soffio anticipato di calore e di gioia, sapendo quanto ti avrei raccontato  dei giorni passati lontano.

Un pensiero fugace.

Si è spento in un soffio, come una candela.

Quella fiammella a casa non c’è più nessuno che possa accenderla.

Anche la tua luce si è spenta e di te rimane solo ricordo!

I lumini fanno pensare…..

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Carla Faggi: Preghiera laica

 Dare un senso alla mia vita…..

Non ho figli, non lascerò niente.

Sarò passata e sarò dimenticata.

Ho tanto amato ma non basterà a ricordarmi.

Ho amato i miei genitori, la mia famiglia.

Ho amato i miei cani.

Ho amato e amo tantissimo mio marito.

Ma tutto questo non basta. Non lascio niente.

La religione non mi aiuta.

La politica non mi ha aiutato.

Dare un senso alla mia vita….

 

Fiamme nel caminetto

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Mirella Calvelli:   I LUMINI E IL CIOCCO

Un pezzo di legno di quercia richiama l’inverno e un caminetto acceso.

L’odore del legno che arde, l’ipnosi della fiamma e l’intimità che si è creata fra noi due quella sera di dicembre.

Una giornata bellissima, con un sole splendente, ma fredda…e la sera quando il tepore ci ha lasciato infreddoliti nella grande cucina abbiamo acceso il camino della stanza a fianco.

Un grande tavolo di marmo con una grossa spaccatura su un lato mi colpisce.. chissà quanto avrà fatto da appoggio, da piano di lavoro, quanta memoria e segno del suo tempo.

E mentre ti occupi della fiamma che non faccia fumo, che non si affievolisca, che abbracci il legno ma lentamente…io inizio a preparare la nostra prima cena insieme in intimità.

Gli odori si spandono nella stanza velocemente, mentre la fiamma bluastra del fornello è quasi l’unica luce in quella grande cucina, fatta eccezione per una pila bloccata su un vaso ci illumina come fosse una guardia giurata e pare che dica ..chi è là?

Noi due solo noi due che sfaccendiamo per preparare la tavola, e che sia tutto perfetto. Intanto il fuoco crepita e scoppietta allegramente, sprigionando colori intensi di rosso, giallo e arancio ed emana calore.

I vetri si appannano a causa della grossa escursione termica ed iniziano a piangere, rigandosi fino a quando le lacrime si staccano con un tuffo e toccano terra andando a formare una piccola pozza d’argento che anche lei brilla alla luce del fuoco.

Tutto è pronto…adesso accendo le decine di candele che ho portato per l’occasione, sul bordo del camino, ai lati della stanza, sotto al tavolo sull’asse orizzontale fra le due grosse zampe leonine.

L’atmosfera è magica le luci si confondono, si intrecciano, tremano e creano ombre.

Distendo quella coperta dorata..pannolano o cardano la chiamavano?

Comunque è comoda adagiata qui davanti al camino e via via perde l’umidità che tratteneva e anche quell’odore un po’ di muffa, di stantio, di abbandonato…

La cena è pronta, ma non abbiamo ancora voglia di mangiare…si fredda, mi dici..ma non credo sia importante .

Il tuo corpo mi scalda mentre il camino imperterrito fiammeggia.. Lo sento ..lo avverto  diretto e quando mi sposto mi raffreddo..Mi fa sudare e poi mi rinfresca…le luci delle piccole candele “i moccoli” presenziano silenziose, testimoni oculari di quella nostra sera.

All’improvviso, un tonfo…, la torcia cade facendoci sobbalzare…chi è là? …Noi sempre noi …e ridiamo, era da tanto che la parola “noi” non assumeva un significato così appropriato.. saranno state le luci a renderla così intensa e ricca di un nuovo significato.

 

Riflessione

Una riflessione di Lorenza:

“A lume di candela non si guarda né donna né tela”. Questa frase l’ho sentita spesso dire da mia madre. Lei sosteneva che la luce fioca della candela nascondesse i difetti. Invece Cecilia stasera ha volutamente cercato nelle nostre emozioni, non certo i difetti, ma qualcosa che era nascosto. Celato dalla luce forte, aspra del neon. Penso che nelle sue intenzioni ci fosse quello di portare alla luce, cioè in superficie, quella che era giù, nascosto. Non per il significato al negativo, ma per migliorare le relazioni fra noi. Probabilmente aveva avvertito, nel suo cuore come dice lei, che qualcosa c’era da dire. Forse è importante o forse no, ma era necessario che fosse fatto. Non so se questa esperienza cambierà, e in che modo, il nostro modo di rapportarci ma penso sia stato un bene. Perciò questo è già un ottimo motivo per farlo. Da oggi guarderò la luce della candela in un altro modo, già  la amavo, ora di più.  

 

Grazie, merci, thank you, muchas gratias….a tutti

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Monica Baldi: grazie!

Questa parola…grazie…così sgraziata, invece, così inadatta esprimere il sentimento che provo…Certo, thank you non è molto meglio,…forse merci…merci beaucoup, con quella “ci” che è come un si, un suono dolce, sussurrato…

Io provo questo SSSSSSIIIIIII per questo gruppo e per  Cecilia; nonostante la luce, che davvero è molto brutta, al neon, (grazie un tubo, anzi grazie del tubo…) però mi si allarga un SSSSSIIIIIIII per lo spazio che si apre, dentro e fuori, spazio di cuore, di fantasia, di scambio, di calore, per tutti gli spazi che si intravedono, paesaggi che visitiamo, odori che annusiamo attraverso le penne di tutti…per quello che sveliamo, riveliamo e anche per tutto quello che rimane velato mi fa capolino da qualche parte, e ci offre l’opportunità di ripensarlo, di tirarlo fuori, di guardarlo e dire: – Ah, anche tu allora eri là dentro questo mistero che è la mia testa.

E comunque muchas gracias a todos…very much!