I tre personaggi si incontrano: la vita a Sorrento di Sandra

L’invisibile Ambra – di Sandra Conticini

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Fin da piccola Ambra non si sentiva nessuno, forse per  quel problema che aveva a parlare. I suoi fratelli, molto più grandi di lei, non c’era  volta che non la prendessero in giro quando apriva bocca. Per i genitori, ormai molto anziani, era un grosso cruccio e cercavano di evitarla. Anche a scuola era derisa, era chiamata da tutti “la streghetta” per quel suo cesto di capelli grossi e ricciolosi, castani che teneva sempre legati con un anonimo e vecchio elastico verde.

Appena fu un po’ più grande capì che quel paese, su quelle montagne abruzzesi, non era per lei, decise di farsi mandare dagli zii a Sorrento.

I genitori furono ben contenti di levarsi quel perditempo. Gli zii accettarono a patto che gli venisse dato una parte del casolare di famiglia. La piccola Ambra andò sperando che qualcuno la considerasse, ma non andò troppo bene, però a  Sorrento era sempre primavera inoltrata o estate, con tanti profumi e colori, le persone simpatiche e cordiali. Lei che non aveva mai visto il mare, rimase affascinata, in estate  faceva i bagni,  poteva godersi  tramonti bellissimi, il profumo intenso delle zagare, insomma era  un’altra vita.

Stava bene, nonostante anche lì fosse quasi invisibile,  l’unica persona che la filava un po’ era lo zio Giorgio, zibo. Era un accumulatore seriale, gli andava bene tutto, dalle cartine dei cioccolatini alle cassepanche, armadi, sedie che trovava per strada, ma in casa per questa sua, diciamo, malattia non era ben visto. Con il suo naso grosso e appuntito, la faccia gonfia, due occhi piccoli piccoli ma pungenti   facevano pensare fosse cattivo. Era proprio brutto e i bambini quando lo vedevano con quel suo vestito nero si mettevano a piangere. Quando poi tirava fuori il suo sorriso dolce tutti gli diventavano amici, anche i bambini che erano scappati pensando che fosse “l’uomo nero”. Usciva spesso con  Gino, una persona molto ambigua. Non si capiva mai cosa pensasse e cosa volesse, la sua carnagione bronzata faceva supporre che fosse venuto da lontano, ma quello che stupiva erano le mani grandi e tozze sproporzionate per il suo esile corpo, con le unghie mangiate da chi lavora la terra.

Quando era libero dal lavoro Gino andava  a casa di Giorgio a prendere un caffè o a giocare ed ogni volta  portava qualcosa ad Ambra,  cioccolatini, caramelle,  qualche piccolo regalo. Poi iniziò a mettere le mani addosso con la scusa di una carezza, di fare un complimento… lei non capiva, ma ormai non era più una bambina. Un giorno ne parlò con lo zio, ma lui sdrammatizzò dicendo che era una sua fantasia. Se usciva, spesso trovava Gino per la sua strada questo comportamento non le piaceva, le metteva paura, ansia. Decise che anche a Sorrento non aveva trovato pace, così con i pochi soldi che aveva racimolato facendo qualche lavoretto saltuario decise di andare a trovare un’amica a Livorno. Si trovò un lavoro come cameriera in un’osteria tipica,  il lavoro e il posto le piaceva, tutti le davano affetto, si era fatta tanti amici, aveva trovato un lui che le voleva bene… Forse aveva trovato la strada giusta?