La paura che si aggrappa di Stefania

L’ uomo porta dentro di sé le sue paure – di Stefania Bonanni

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Ho nascondigli introvabili. Mi sento al sicuro se penso di averle nascoste così bene, le mie paure. E così e’ sempre stato, fin da bambina. Ho sempre avuto la percezione e la presunzione di riuscire in un esercizio possibile, anche se difficile e doloroso. Si, perché quando pensi di schiacciare la paura dietro al vivere quotidiano, non ti rendi conto, o forse ti rendi conto perfettamente ma non riesci a fare in altro modo, che non solo hai infilato la paura in fondo ai tuoi canali, in luoghi dai quali non uscirà, ma hai anche costretto tranquillo quotidiano ad assumere un ruolo che diventa fasullo, forzato, invivibile.

Poi, nella vita, capita di piangere dal dolore, di urlare dalla rabbia, capita di vivere realtà così terribili che nessuna paura immaginata arrivava a tanto. Capita anche che pensieri scuri e solitari si trasformino in realtà terribili.

Ci sono anche superstizioni, piccole magie, che sortono l’ unico risultato di vivere le paure in silenzio e solitudine. Per esempio, per l’ appunto, la convinzione che è bene non parlarne, caso mai diventassero reali.

Adesso ho paura del futuro, del peso che potrei essere per la mia famiglia, ed è una contraddizione in termini, perché voglio ostinatamente diventare vecchissima, AGGRAPPATA..

Le paure giovani di Stefano

Le paure giovani – di Stefano Maurri

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  L’amore dei giovani riempiva la città sulle strade, dentro gli androni, su per le scale umide, dentro gli appartamenti pieni di libri con le lenzuola stazzonate. Le loro paure ansimavano dentro i cuori: sarebbero riusciti a dare gli esami dell’anno in corso, sarebbero riusciti a dare un senso ai loro sacrifici, a questo essere precari? L’amore e le paure si scioglievano nei ristoranti economici, dove era quasi impossibile mangiare da soli, nelle corse  per le strade per vedere l’ultimo spettacolo al Cinema Astro. Proiettavano per l’ennesima volta Zabriskie Point e Fragole e sangue, con la sala che applaudiva o fischiava le scene clou. Queste paure e ansie non più bambine ma sempre più forti venivano taciute, ma ritornavano a farsi largo sempre più spesso, con il passare del tempo.

E qualcuno ci ha lasciato, gli altri si stanno sciogliendo.

Paure bambine di Rossella G.

Paure che crescono – di Rossella Gallori

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Era una bimba buona, ci vedeva il giusto, guardava poco, non si faceva pettinare, quasi mai e da chi poi?

Mangiava quello che le davano, anche se non era abbastanza.

Giocava a nulla con nessuno, accarezzava immense giraffe di finta pelliccia,  piccoli criceti di cencio infeltrito, diceva bugie, inventava storie, raccontava di parenti altissimi, ricchissimi preferibilmente atei ed inesistenti.

Crebbe, ma si dice crebbe?

Bene: diventò  grande, a volte troppo a volte poco…e fu nella sua adolescenza  che si fecero avanti le sue paure, le fisime, le ubbie grigie, i silenzi che gridavano di rabbia, il dolore di sale, le ansie di fiele.

Odiava il giallo

I ponti sui fiumi larghi

I pesci con gli occhi

Ma amava, si sapeva amare in un modo complicato, tutto suo, cercava conforto in chi le sorrideva senza miele, chi la accarezzava senza mani, chi le portava la marmellata di arance amare, chi le dava mare senza tempesta, neve senza freddo.

Poi l’amore si interrompeva, veniva accantonato, la matassa presentava nuovi nodi: detestava i silenzi troppo lunghi

L’istruzione sul piedistallo

I viaggi senza souvenir belli da leccare.

Paure tante, le mie, ancore sicure, quelle che han fatto di me qualcosa di poco definito, forse, una me che sceglie, scarta, resta sola, senza ponti sospesi, senza abiti gialli, senza pesci…o erano piccioni sempre con gli occhi, occhi nascosti piccoli e pungenti, nascosti da una porta  aperta…segreta…