Eleganza nella vita di Gabriella

Eleganza non sempre vera – di Gabriella Crisafulli

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Me la ricordo la mia mamma davanti allo specchio della sarta che accomodava su di lei gli abiti in via di realizzazione. Avevo quattro anni. Ho amato moltissimo quelle ore passate a guardare, toccare, annusare tessuti, colori, bottoni, rifiniture.

Eravamo appena arrivati a Como e il nuovo mondo aveva dei rituali in cui era necessario presentarsi vestiti adeguatamente.

Fecero così la comparsa l’abito da cocktail in seta double face color carta da zucchero con i bottoni neri che luccicavano e il coprispalla adornato da un fiocco, il tailleur in shantung di seta tortora con i bottoni di madreperla, strato su strato, con gradazioni diverse, che componevano un fiore. E ancora la sottana godet di velluto di seta viola e il vestito da primo pomeriggio verde prato con lo scollo a vu e la sciarpa sfrangiata.

La mia mamma era bellissima in questa versione di lusso.

Nel quotidiano, in famiglia, era diversa: sfoderava un profondo dolore, un dolore inestinguibile per la morte del padre avvenuta in tempo di guerra quando era appena adolescente. All’inizio eravamo lei ed io nella grande solitudine della casa di fronte alla Napoleona: via via, anche negli anni a venire, la sua voce rimaneva un mantra dolente, ripetuto all’infinito, sempre nello stesso modo.

Pochi anni fa, guardando la foto di lei insieme a una cugina, compagna d’infanzia, che era andata a trovare in Sicilia, ho scoperto con grande stupore che sapeva ridere.

Me lo ricordo il mio papà elegantissimo con indosso la divisa d’ordinanza color kachi. Veramente non vedeva l’ora di vestirsi in borghese ma ai suoi tempi c’erano degli obblighi di servizio molto restrittivi per cui non aveva la libertà di fare quel che voleva. Così quando era in uniforme, per esempio, lui che era golosissimo, non poteva mangiare il cono gelato passeggiando per strada. Non poteva nemmeno tenermi per mano.

Faceva tante ore di servizio, turni estenuanti, esercitazioni continue, permanenze notturne in polveriera. Non aveva orario. Non esisteva un orario: era a discrezione del Comandante.

Rientrava molto stanco.

Era indubbiamente sempre molto elegante il mio papà ma in qualche modo, anche quando vestiva in borghese, era condizionato dalla rigidità imposta dalle regole di servizio.

All’accademia militare di Modena aveva acquisito uno stile che in parte rientrava nel suo idealismo assoluto e senza condizioni.

Era amato: nel tempo i subalterni che lo incontravano gli hanno sempre fatto grandi feste.

Quando tornava a casa molto spesso la mamma gli diceva che mi ero comportata male. Allora mi prendeva in braccio e mi colpiva sul sedere con forza. Mi faceva male.

Non ho mai capito come mai non mi ha mai chiesto il motivo del mio comportamento, come mai non mi parlasse ed eseguisse solo la punizione.

Figlio di un minatore divenuto cieco per un’esplosione nelle cave di zolfo in Sicilia, aveva completamente cancellato ogni parola del dialetto agirino che era la sua madre lingua. Aveva cancellato quello e anche molto altro. Aveva adottato il linguaggio fiorentino e si compiaceva di dire parole tipo “notaro” in modo ricercato.

Fuori casa era sempre molto complimentoso con tutte le persone.

Lui e la mamma ci tenevano a fare bella figura e a passare bene.

La bella figura era qualcosa che indossavano quando si trovavano in pubblico e dismettevano quando erano in privato.

Solo una decina di anni fa ho colto l’attimo in cui in mia madre c’è stata la trasformazione. E finalmente ho capito tante cose.

Me la ricordo la villa sul lago di Como dove eravamo stati invitati. L’ambiente era molto raffinato. I padroni di casa erano elegantissimi: vestivano tutti di blu. Per anni ho pensato al blu come ad un colore scic. Quel giorno veniva offerto un buffet con tutto il ben di Dio possibile e immaginabile. Fu lì che scoprii i cannoli di pasta sfoglia ripieni di crema e ne feci una scorpacciata. Fuori c’era un grande giardino con un laghetto. Quando mi affacciai dallo scalone che dava all’esterno vidi un cane che inseguiva mia sorella impaurita che gridava e io scesi giù per aiutarla. Così intorno alla vasca eravamo in tre a correre uno dietro l’altro: Silvana, il cane ed io.

Non ho memoria di dove fossero papà e mamma.

Nel tempo ho potuto sperimentare che il dolore non è elegante perché genera caos in chi lo vive e disorienta chi lo guarda e ascolta.

Ho avuto modo di capire che il dolore suscita sorpresa e incredulità: talvolta genera addirittura sospetto e diffidenza. È come se fosse qualcosa di stravagante che ha un vago sentore di bizzarro, sospetto o misterioso: qualcosa che non torna.

Spesso è imbarazzante.

Con gli anni mi sono resa conto che il dolore ha bisogno di schiettezza e semplicità.

Negli anni 70 ho conosciuto Pina originaria di Santa Brigida. Faceva le faccende in casa. Veniva da Pontassieve ogni mattina e grazie a lei scoprii un altro tipo di eleganza attraverso il garbo e la pacatezza con i quali si porgeva. Veloce ma non frettolosa, partecipe alla vita della casa ma riservata, mostrava grande finezza nei confronti miei alle prese con la prima figlia. Fra noi non c’erano convenevoli. Con lei ho scoperto un’amabilità discreta verso tutto. Mi è stata di grande aiuto. Mi ha donato serenità. Mi ha insegnato molte cose fra le quali una forma di stile genuino.

Per me che venivo da forme di comunicazione artefatta, frutto della necessità di piacere e compiacere, è stata una lezione di vita. Con lei ho potuto essere me stessa senza vergognarmene.

Come Pina ce ne sono state altre: Gigliola, Romilda, Rabia, Gemma, Sabrina … donne non di potere con un approccio sano alla vita delle piccole grandi cose.

Donne di grande eleganza.

Idea di eleganza per Patrizia

Eleganza – di Patrizia Fusi

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Eleganza è quella di chi, pur competente nel proprio lavoro o nella cultura non sfoggiano superiorità verso gli altri.

Eleganza mi porta ad un ricordo di quando avevo quindici anni, lavoravo in un negozio a Firenze, che era una succursale di una tintoria dove il mio compito era ritirare gli indumenti sporchi e di mandarli alla centrale.

Quando riportavano gli abiti puliti alcuni clienti chiedevano di consegnarli al loro domicilio.

Ricordo un ingresso di una di queste abitazioni di persone benestanti , la consolle con il grande specchio sopra, con la cornice dorata, le lampade laterali erano costruite con tante gocciole di cristallo, che quando si accedevano le lampadine mandavano bagliori di luce sulla parete. A quel tempo per me quello era eleganza.

Elegante per Rossella G.

Elegante io??? – di Rossella Gallori

Eleganza? Eleganza!

Distruggo tutto in un attimo!

Come sei elegante!

Primo pensiero detto: grazie!

Secondo pensiero, quasi detto: perché?

Terzo pensiero, solo pensato: me lo dici, perché lo pensi?

Quarto pensiero che non riesco a dire: di solito nn lo sono?

Quinto e non ultimo: per farmi sentire  che esisto?

Ed i miei pensieri volano e  da carezza diventano boomerang, di quelli di legno duroduro, che fa male e non torna al mittente.

Non godersi mai un cazzo nulla, nemmeno quelle poche parole dette…..dette…..dette…per cortesia? Per affetto?  Per non saper cosa dire, per iniziare un discorso che nn porta a nulla, senza mai sapere come mi sento, come sono, chi sono…

Elegante? Con i pantaloni con troppe x, con i “ golfi dell’ upimme” a saldo, una me con qualcosa di altri o di mio da troppo?????

Elegante era mia madre, con un po’ di tacco, con le calze color miele, lo era sua madre con le gonne longuette e le scarpe su misura…elegante era mio padre con il pigiama di seta bleu…eleganti tutti tranne me!

Elegante? Eleganza!

Elegante è un cuoricino tondo di lana cicciuta.

Elegante è uno sguardo, poco invasivo, in un momento buio.

Eleganza è una voce che rassicura.

Elegante è un ricciarello nella sua culla di carta opaca, innevata di zucchero a velo…..

…è un buongiorno senza facce, una buona notte: cerca di dormire…

…è che abbiamo le stesse mani fredde e cerchiamo di scongelarle, in silenzio senza risate sguaiate…

..è che mi telefoni e mi ascolti….

…è che non mi vuoi cambiare, per una signora vestita di seta beige, con la borsa firmata, con i capelli biondo cenere, una che sorride sempre è comunque, che ricorda ogni cosa che ha letto…..che ha visto!…

Eleganza è un tessuto double face, ha due diritti…..e due rovesci…..

Idee di eleganza per Daniele

L’eleganza di parole vellutate – di Daniele Violi

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Eleganza e cortesia nel raccontare. Eleganza nel mantenere rispetto sia nel linguaggio che nella aspettativa di chi ascolta, incuriosirsi con piacere e semplicità  di un argomento, esposto con dettagli e in assenza di violente parole ma con armonia, dolcemente. Eleganza delle parole vellutate che possono anche incidere nella persona che le riceve, in modo molto pesante, accettando l’essenza comunque e la forma, anche sentendosi completamente in disaccordo. Eleganza di una parola positiva; eleganza del concetto, eleganza del pensiero, uscire di scena con eleganza. Eleganza come terreno dialettico, lavorato per coltivare i rapporti umani.

Eleganza di Stefania

Eleganti si nasce – di Stefania Bonanni

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Eleganti si nasce, o non lo si diventa mai. I requisiti sono una grande anima, un indomito coraggio per essere sempre sé stessi, un sorriso aperto e le mani tese. Ci sono creature che nascono con tutte queste virtù, e sono naturalmente elegantissime. Dotazioni accessorie anche istinto e fantasia. È elegante chi non ha mai detto “Lei non sa chi sono io”, chi non ha mai pensato di aver qualcosa da insegnare a chi non ha chiesto d’imparare, chi sta nel mondo senza seguirne le imposizioni, chi è alternativo ma non strano, chi è onesto in un mondo di ladri, chi non è furbo, né duro, né forte, né informato, né sapiente, ma ce la fa lo stesso, ed è grato alla vita .

Ci sono creature eleganti. Naturalmente. Eleganti nelle movenze sinuose, danzanti, movimenti veloci ma mai azzardati. Eleganti nella corsa, sicura, veloce, ritmica, potente. Eleganti mentre mangiano, non resta mai nulla e non cade mai nulla. Creature che viaggiano la vita sempre a testa alta e cercano il contatto degli occhi con gli occhi che incontrano. Hanno occhi di giada e lampi e lasciano capire di  antiche sapienze e mondi sconosciuti, dietro il velo di mistero.

Ho incontrato da poco una di queste creature, e siamo finiti a letto sin dalla prima notte. È birbone e scattante, di quei maschi che fanno innamorare. Nello stesso tempo, è delicato e tenerissimo. La scorsa notte mi è stato addosso tutto il tempo. Ha respirato con il mio stesso ritmo, si è fatto leggero come una piuma, ha popolato i miei sogni, e lungamente mi ha accarezzato. Pianissimo, sul collo e sul mento, con le sue zampine vellutate.

L’eleganza del gatto.

Idee di eleganza di Simone

ELEGANZA – di Simone Bellini

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Dignità, orgoglio, rispetto, amor proprio e altrui, sensibilità, affabilità, parole in disuso al giorno d’oggi ma che formano l’eleganza di una persona.

Una errata valutazione dell’eleganza può portare a tragiche conseguenze se chi la usa ha mire truffaldine. Purtroppo questo è l’uso più frequente e , ahimè, genera diffidenza, rabbia, impotenza che demoralizza. Spesso  chi ne è colpito cerca vendetta, con conseguenze devastanti e opposte al concetto di eleganza.

Mantenendo calma, concentrazione, sangue freddo si può riuscire a vendicarsi con eleganza e ironia, quando questo succede la soddisfazione è quadrupla ! Ma non è di questo che si nutre l’eleganza.

Oltre che ad una naturale predisposizione è l’educazione al rispetto di tutto ciò che ti circonda, compreso te stesso e gli altri, che fa di te, di qualsiasi ceto sociale tu sia, una persona elegante.

 Una volta a scuola si insegnava “educazione civica”, materia considerata insulsa e quindi eliminata, decisione per la quale oggi ne paghiamo le conseguenze.

Eleganza effimera di chi vuole “apparire”, dare sfoggio di bellezza raffinata, preziosa, ricca, sinuosa nei modi e nelle movenze ma arida nell’animo, con l’ossessione del controllo perché non traspaia la sua pochezza interiore.

Le persone “ eleganti” dentro, vere, sono sempre meno, quando le trovi attingi alla linfa vitale per un mondo migliore.