Ascolti e ricordi – di Patrizia Fusi

C’ è un piccolo paese posizionato sulla collina sopra al paese di Antella, Balatro chiamato anche Balatro rosso al tempo in cui ero bambina, sembra per le tendenze politiche e la presenza di alcuni anarchici.
A quel tempo nella piccola piazza c’era una bottega di generi alimentari, il proprietario abitava sopra il negozio, all’angolo della piazza un calzolaio, nella stessa parte c’era un negozio dove il sabato e la domenica veniva il barbiere.
Allora era faticoso spostarsi, questo piccolo paese serviva anche ai contadini che abitavano nelle case coloniche nella campana circostante, c’era anche un circolo che quando ero bambina era diventata Casa del Popolo, ma negli anni precedenti era la Casa del Fascio.
In quella piazza abitava anche mia nonna, il suo appartamento era situato all’ultimo piano, per arrivarci c’erano da salire molte scale e percorrere un lungo corridoio, la finestra della cucina dava sul tetto della casa colonica attaccata al paese.
Vicino una grande villa che aveva diversi poderi annessi, noi bambini si andava a giocare nel viale che portava alla villa che chiamavamo Viottolone, curiosamente andavamo al cancello e guardavamo dagli spazzi laterali il giardino. La grande villa ci affascinava.
Due case coloniche erano adiacenti, di queste ricordo l’esterno e le cucine, ci devo essere stata con mia madre.
Raccontavano che al tempo del fascio un componente della famiglia della villa fu tenuto nascosto in una casa di un loro contadino, questa casa era attaccata al paese.
Quando finì la guerra e il regime fascista, per ringraziare la popolazione del paese che non aveva fatto la spia, la fattoria donò olio e vino a ogni famiglia e a chi voleva del terreno intorno alla case per fare l’orto.
Mio babbo ne aveva avuto un bel pezzo, mia madre ci coltivava le verdure, lei era brava essendo di famiglia contadina sapeva come fare.
Il babbo ci fece un grosso capanno con pali, rete e lamiere, era pieno di tante cose, ricordo alcuni pomeriggi in cui ci andavo a giocare da sola, facevo finta che era la mia casa, il sole che passava fra le maglie della rete , i raggi del sole formavano un ricamo sopra una cassetta che avevo adibito a tavolo, ci avevo messo sopra la mia merenda: una bella fetta di pane e olio, un mucchietto di sale e uno spicchio di cipolla rossa, io facevo finta di essere una signora che mangiava pane e olio e ogni boccone un morso di cipolla e sale, con la mia fantasia lo trasformavo in un cosa bella a seconda del gioco che facevo.
Nel capanno ci sono state anche gabbie con i conigli a cui pensava la mamma. E’ servito anche a tenere la cuccia del cane da caccia della nostra famiglia.
Mio babbo era muratore e in un angolo dell’orto costruì un focolare dove poter fare l’arrosto girato con gli uccellini, lui diceva che il legno di ulivo rendeva la carne profumata.
Ci aveva piantato alcuni alberi da frutto e delle piante di viti, ora una parte l’orto non esiste più: ci sono delle abitazioni di pregio (il paesino è diventato un zona di residenziale)
Laterale al vecchio caseggiato, che anticamente era un convento, ora c’è l’ingresso di una bella abitazione con piscina, all’esterno sulla destra c’è un piccolo parcheggio, sulla sinistra ci sono ancora le viti che aveva piantato il mio babbo, è rimasta anche la striscia degli orti, fino in fondo all’edificio.
i tuoi racconti sono sempre una testimonianza di storie spesso dimenticate, ma che fanno la storia del mondo…bello
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