La notte di Santa Lucia

E’ notte.
E’ il mio tempo lento e ottuso che conosco e amo.
E’ il luogo affine che offre calma e silenzio.
Già… silenzio…
Da qualche tempo non è più così.
Una vibrazione profonda, continua, aspra e disturbante ha invaso il mio spazio vitale, occupando mente e corpo senza soluzione di continuità.
So perfettamente quale ne è la causa e altrettanto perfettamente so che ho armi debolissime per difendermene.
Un suono che evoca sensazioni simili già sperimentate in tempi in cui la notte iniziava “dopo carosello”.
A volte accadeva che, appena posata la testa sul cuscino, un’onda ruvida e dal rombo sottile paresse salire dal mio ventre, rotolandomi dentro fino ad infrangersi dietro gli occhi serrati dal violento malessere.
E subito dopo un’altra e un’altra ancora….
L’unica difesa possibile era farsi gomitolo, appallottolarmi stretto stretto finché le onde non si placavano o il sonno acquietava i sensi.
Non ho mai saputo perché ciò accadesse o quale ne fosse la causa.
Ecco, oggi le sensazioni sono quasi le stesse, salvo che il raziocinio adulto sa porre in ordine cause ed effetti, senza peraltro avere a disposizione risposte più efficaci.
E così la mia notte “abbraccio vitale” sembra trasformata in una sorta di acufene molesto che combatto con altro suono per neutralizzarne le risonanze.
Buio e silenzio…
Frequentati da sempre con leggerezza e senza paura…
Oddio… da sempre forse è un po’ esagerato…
Notte di Santa Lucia.
Tradizione popolare della mia terra d’origine voleva che ogni notte del 12 dicembre i bambini aspettassero l’arrivo di Santa Lucia che portava loro regali a bordo di un asinello volante, tenendo in una mano gli occhi cavatigli nel supplizio subito. Andava anche sempre lasciato un piatto sul tavolo con del cibo con cui sia lei che l’asinello potessero ristorarsi.
In questa sera i bambini dovevano andare a letto presto per evitare di imbattersi nella Santa che, si diceva, accecava con la cenere quelli che trovava ancora svegli. La mattina dopo, in cambio, Lucia faceva trovare un piatto colmo di dolci e tanti regali.
Per rendere il mito ancor più verosimile i miei pensarono bene di far ciondolare alla finestra della mia cameretta nel cuore della notte una corda con una nappa in fondo che sembrasse la coda dell’asinello volante di passaggio…
Puro terrore, panico urlante di un bimbo che non voleva essere accecato e soprattutto non voleva vedere nessuno con gli occhi in mano…
Non ricordo dolcetti o regali che probabilmente ci saranno stati per consolarmi, ma sono quasi certo che quella sia stata la mia ultima notte di Santa Lucia.
Che buffo Luca scoprire che Santa Lucia girava in più parti d’Italia! A casa mia veniva in compagnia dei morti, scheletri vaganti con qualche dono a cui erano dovuti biscotti a forma di ossa. Per Santa Lucia si preparava la cuccìa, un dolce tradizionale a base di grano bollito, condito con ricotta zuccherata, cioccolato, canditi e cannella. Il consumo della cuccìa è legato a un miracolo attribuito a Santa Lucia: nel 1646, durante una grave carestia a Palermo, sarebbe arrivata una nave carica di grano proprio il giorno della santa, salvando la popolazione dalla fame. In segno di gratitudine, i palermitani decisero di non trasformare il grano in farina, ma di mangiarlo bollito, dando origine a questa usanza.
Oltre alla cuccìa, il 13 dicembre a Palermo è vietato mangiare pane e pasta, quindi si consumano altre specialità a base di riso, come arancine.
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Scusa Luca, mi è scappata una chiacchera che ha poco a che fare con il tuo racconto: un buio profondo, amato, temuto, goduto e talvolta inquietante.
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…inizio intrigante, con notti post carosello, silenziose ed affollate….
…per poi dare spazio alle tradizioni, amate, più o meno, per poco e per tanto….
una ideona quella del cordone con tanto di nappa a mo di coda, fantasiosa, direi!!
essendoti ” abbastanza amica” mi consola che tu abbia una Lucia solo tua accanto…con occhi vispi ed innamorati….
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non conoscevo questa tradizione e leggerla mi ha fatto sorridere, ma vederti terrorizzato per la paura di diventare cieco mi hai fatto tanta tenerezza, ma poi mi chiedo ” ma perché s’inventavano queste crudeltà?”
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