Racconto il nonno Guido e la sua voce – di Rossella Bonechi

È la voce che mi faceva da tana quando, ancora mezza addormentata, mi depositavano nel lettone con lui; mentre mi rannicchiavo nell’incavo della sua spalla (è ancora il mio posto preferito…) la sua voce mi consolava dicendomi :” vieni vieni piccina, vieni al caldo” e il tono era sommesso come si conviene al sonno da richiamare. Era una voce da anziani, da non sprecare e da non forzare, bassa quasi piatta eccetto quando si spazientiva: allora saliva di tono e riemergeva il colore vivido che doveva aver avuto prima dei capelli bianchi. Ma durava poco perché la voce si spezzava insieme al fiato e al filo del discorso; allora scuoteva la testa, mi guardava e con il solito tono basso e piatto diceva:” andiamo Nanni, andiamo a cercare le canne” e io zampettavo contenta sapendo che avrei avuto la mia trombettina. Quando mi raccontava le novelle gli piaceva fare le voci dei personaggi e così modulava la sua a seconda che fosse Cecco Grullo o Vincenzo che con un colpo ne ammazza cento. Cambiava la voce a suo piacimento e la fine delle novelle pure ! Il tono basso e carezzevole diventava ancora più profondo quando mi sgridava, era un tono serio come la sua espressione; non mi voleva fare paura ma dovevo capire che la faccenda era importante e finiva sempre con ” ha’nteso bambina? Ha’nteso bene?” e poi via, a cercare la carta giusta per gli aquiloni.
Se veramente potessi ricordare la voce del nonno, sarebbe una sciarpa usata tante volte, morbida e calda di quelle che non pizzicano e lunga lunga lunga che ancora mi avvolge tutta. Io non riesco ad evocarla negli orecchi ma il cuore ne è pieno.

