I RUMORI – La scatola

La scatola dell’anima – di Carmela De Pilla

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La pioggia batteva sui vetri, alternava una musica prepotente a una appena sussurrata che le scorreva dentro, non faceva male anzi le dava sollievo, quel ritmo quasi rassicurante la faceva dondolare su se stessa come a voler acchiappare quella serenità che aveva cercato per troppo tempo.

Attratta da una forza interiore si alzò nel silenzio della stanza e in punta di piedi andò a prendere la scatola, la scatola dell’anima, così la chiamava. Era sempre lì, al solito posto, nascosta in un angolo buio e solitario dell’armadio, l’aprì e come fosse la prima volta rimase affascinata dalle mille cianfrusaglie sparse nel piccolo scrigno poi vi immerse le mani e una musica rassicurante l’avvolse.

Cercava niente e tutto, toccava con le sue mani di fata quei piccoli oggetti soffermandosi con le dita per ritrovare in ognuno l’antico ricordo, il suono del soldino di metallo sfiorava delicatamente quello del piccolo cerbiatto di vetro e insieme cantavano la canzone di un tempo lontano, ad essi si unì il suono dei sassi, dei bottoni, dei bigliettini di carta e nell’aria volarono i suoi ricordi.

La spilla con la pietra verde smeraldo s’incontrò con le mani e lei la guardò con tenerezza.

Era di sua madre.

I RUMORI – Fantasmi di plastica

Creare con i rumori – di Patrizia Fusi

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Una stanza al buio, sentire la presenza fisica dei miei compagni, cercare di rilassarmi, iniziano i rumori, dei quattro due accendono nella testa delle immagini.

L’onda che sbatte sulla spiaggia piccoli sassi  levigati dal movimento continuo,  conchiglie, pezzetti di laterizi gettati nei fiumi senza rispetto delle regole, che l’acqua ha portato al mare, formano un rumore pungete quasi stridulo, forse è il mare che  geme per i troppi morti che ci sono dentro di lui, e piange con loro.

Il fresco di una passeggiata notturna in estate, la luna piena brilla nel cielo, il suo splendore rende visibile tutto quello che mi circonda,una leggera brezza smuove  le fronde degli alberi formando un leggero suono, il piaceri del fresco della notte .

Il suono cambia diventa più acuto, su un albero si è impigliato un lembo di plastica che si muove fra i rami, i raggi della luna lo illuminano sembra un fantasma che balla .

I RUMORI – La scopa che spazza via l’acqua

RUMORI NEL SILENZIO – di Anna Meli

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            Grandi, pesanti, sonore gocce di pioggia cadono sulla tettoia del giardino: si infittiscono, scrosciano, rallentano, riprendono più forte, rallentano ancora, poi pian piano muoiono e spariscono in un fruscio leggero.

            Il pavimento della veranda è un lago di acqua. Prendo la scopa e il rumore diventa scroscio di acqua spazzata via con movimenti regolari e ritmati.

            Rientro e…sul tavolo della cucina, in attesa di essere aperto, c’è un pacco rivestito di cellofan; lo tolgo impaziente e lo comprimo riducendolo ad una palla che, una volta lasciata andare, si allarga come se volesse ribellarsi alla nuova forma ed emette suoni acuti e scricchiolanti.

            Poi il silenzio prima della sorpresa.

I RUMORI – Pioggia d’autunno

Ticchettare di pioggia – di Luca Miraglia

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Ticchetta calma l’acqua sulla tettoia e poi s’addensa improvvisa in uno scroscio leggero che scivola per la viuzza avvolta dalla sera…

E mentre la pioggia si fa più corposa e densa, ecco il calpestio di corse verso il riparo più vicino…

Ascolto l’autunno che si presenta

I RUMORI – Il mulino

Il granturco al Mulino di Montemignaio – di Daniele Violi

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Ho avvertito e percepito al buio i suoni e rumori dovuto al movimento di: 1° scatola di plastica come tamburo. 2° rumore di foglio di nylon 3° palline in contenitore. 4° caramelle in barattolo di vetro.

Nel buio mi trovo a mio agio. Nel buio i rumori accrescono la capacità di carpire dentro, tramite immaginazione ed orecchio, è una spinta forte di curiosità; come un gioco che, con me stesso metto in campo. Voglio rendere reale lo scenario è la fonte di questi rumori e suoni.

Semi di Granturco.

In un periodo annuale dopo l’estate, mi capitava una volta alla settimana di andare al Mulino ad acqua dei Fratelli Grifoni, in una frazione di Montemignaio. La mia venuta era dovuta alla possibilità di utilizzare un particolare contenitore presente tra i vagli che aveva la funzione di setacciare dopo l’operazione di trebbiatura manuale, le spighe selezionate di una varietà di Frumento, che raccoglievo nelle molteplici parcelle di terreno che costituivano le prove di sperimentazione che seguivo nella mia attività lavorativa in Val d’Arbia. Il Mulino ad acqua in piena efficienza sempre e da illo tempore aveva un vano sopra il canale di acqua, che ospitava le pietre molari movimentate dal ritrecine sottostante. La molatura in special modo dei semi di granturco, cariossidi di pezzatura più grossa rispetto ai semi di frumento, causava un rumore più acceso, che io percepivo dal locale accanto dove con attenzione cercavo di selezionare chicchi di grano con aspetto di crescita maggiore, che venivano impiegati per sviluppare una maggiore possibilità di resa e produrre spighe più forti e resistenti. Tutto il trambusto quasi come un ritmo, che veniva dal vano accanto accompagnato dal rumore dello scorrere dell’acqua sottostante, ricreava una immaginaria musica caraibica, accentuata talvolta dalla molatura di castagne secche molto più chiassosa. Tutto pareva magico e antico.

                                             

I RUMORI – Il treno a vapore

La veletta sul treno a vapore – di Sandra Conticini

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Avrei sempre voluto fare un viaggio su quel treno a vapore degli anni quaranta. Che emozione doveva essere intraprendere un viaggio, tante persone di quegli anni se ne sono andate senza riuscire a vedere il paese accanto a dove abitavano, una realtà che ormai non riusciamo a capire.

Riesco ad immaginarmi con la veletta nera sul viso, un bel  tailleur nero con  gonna con lo spacco,  giacca attillata  ed il  collo e manicotti di pelliccia , calze a rete e scarpe a punta con tacco  fine.  Intanto mio marito mi porge la mano per aiutarmi a salire su, perchè il tacco delle scarpe rischia di rimanere incastrato sui gradini bucherellati  del treno e con quella gonna stretta lo spacco rischia di rompersi!

Intanto i servitori  caricano i  bauli pieni di vestiti e le cappelliere. Sì perchè ogni vestito aveva il suo cappello.

Chissà se questo tipo di vita sarebbe stato adatto a me, credo proprio di no.

I RUMORI – Tempeste e fruscii

Notte di tempesta – di Nadia Peruzzi

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Rumori: fruscio del vento,  colpi su una porta,  l’orlo di un abito di raso colpisce ritmicamente gli scalini,  semi rotolanti dentro un bastone della pioggia.


UNA DAMA,  UN CASTELLO IN UNA NOTTE DI TEMPESTA:
La notte era di quelle che annunciavano tempesta. Le fronde degli alberi attorno al castello iniziavano a fremere. Prima il vento le accarezzò piano,  poi con sempre più forza iniziò a schiaffeggiarle. I fruscii diventarono veri e propri colpi di frusta,  che coprivano ogni altro rumore attorno.
Anche la pioggia che aveva iniziato a cadere sembrò silenziosa rispetto al rumore delle fronde delle grandi magnolie,  impegnate in una danza vorticosa,  fatta di schiocchi e galoppi.
Una dama fasciata in un vestito rosso fluorescente,  saliva correndo per lo scalone principale. Il vestito col suo orlo rigido,  ad ogni colpo di vento si gonfiava e sbatteva sugli scalini con un rumore strano,  cadenzato,  sempre più simile al suono ritmico di un tamburello.
Giunta al portone ,  piccoli tocchi per farsi aprire. Ci volle un po’ prima che un vecchio maggiordomo,  evidentemente alticcio,  le aprisse.
“Finalmente al caldo “,  pensò Mara,  anche se la spiacevole sensazione di avere indosso una corazza gelida la riportava a quei dieci passi sotto la bufera che aveva dovuto fare appena scesa dal taxi e alla cascata d’acqua che non le aveva dato tregua.
L’uomo la stava guardando stranito ,  come a chiederle cosa ci facesse lì a quell’ora e con quel tempaccio.
“C’era una festa in costume”,  disse lei.
“Come,  non è stata avvisata? I padroni hanno deciso nel pomeriggio di rinviarla ad altra data. L’allerta meteo li ha convinti che era la cosa migliore da fare. Strano che non l’abbiano avvertita!”
Mentre il maggiordomo diceva questo,  nella pochette di Mara il cellulare iniziò a vibrare e ad emettere bip su bip. Le chiamate e i messaggi stavano arrivando in quel preciso momento. Strano e spiacevole come imprevisto.
“Accidenti a questi aggeggi”,  pensò Mara,  ”quando servono attivi e nelle emergenze ,  vanno in panne! E ora??”
Di tornare indietro nemmeno a parlarne. Decise di chiedere al maggiordomo di poter passare la notte al riparo. Era in condizioni a dir poco pietose.
Il vestito stava rilasciando sul tappeto dell’ingresso l’acqua incorporata e iniziava a formarsi una piccola pozzanghera.
Il maggiordomo sparì nel buio delle stanze del piano terra. Tornò poco dopo con una palandrana di flanella che doveva essere appartenuta ad uno dei trisavoli del conte.
Puzzava di naftalina mista a muffa,  ma in una situazione del genere non c’era verso di fare gli schizzinosi.
Mara,  in bagno,  si cambiò rapidamente.  Il vestito lo buttò nella doccia. Solo allora si accorse dei rivoli di colore rosso che stava rilasciando.
L’aveva pagato,  pure,  un occhio della testa.
“Chissà in quale fetido laboratorio lo avevano confezionato,  e che porcherie di colori avevano usato”,  pensò.  
Guardò di soppiatto lo specchio. Occhi da panda bastonato,  per il trucco tutto sbavato,  capelli scarmigliati e con più nodi di una rete di pescatori.
Si dette una sistemata e poi si diresse verso la biblioteca,  l’unica da cui usciva luce e un po’ di calore. Il camino era acceso. Davanti ,  il grande divano era stato adattato a letto. Su una sedia erano appoggiati un paio di pantaloni,  una camicia ,  un gilet,  una giacca in tono e un cappellino con la tesa.
Era entrata come gran dama,  per uscire,  l’indomani,  come una copia malfatta di Sir Sherlock Holmes!
Dalle parti della cucina le arrivò il russare cadenzato del maggiordomo.
“Dorme già della grossa” ,  pensò,  ” comunque la porta a chiave la chiudo lo stesso,  non si sa mai”.
Il letto era accogliente. Sotto le coperte si sentì protetta e al sicuro.
Fuori il grande sicomoro continuava a schiaffeggiare violentemente i vetri della finestra. Vento e acqua non si erano placati nemmeno per un momento,  da quando era arrivata.
Mentre cedeva al sonno,  ad accompagnarla fu il pensiero di una jungla in cui l’acqua scivolava,  creando piccole cascate,  su foglie lucide e carnose,  piene di linfa e di vita.
Il ticchettio di semi rotolanti dentro una canna di bambù fu l’ultimo rumore che sentì prima di sprofondare nel sonno.
Si ritrovò in una landa desolata e assolata,  con la terra tutta crettata e incisa dalla siccità. Uno sciamano girava e rigirava nelle sue mani con movimenti sempre più rapidi e decisi un “bastone della pioggia”da cui usciva ormai un rumore incessante e quasi fastidioso,  non il ritmo placido col quale si era addormentata.
Una farfalla dai colori sgargianti comparve accanto ad una bambina dai grandi occhi neri.
La frase che le sentì pronunciare nel sogno,  fu la prima cosa che le tornò in mente al suo risveglio.
“ Un battito d’ali di farfalla in Pakistan,  può scatenare un uragano in Messico!”
Lame di luce entravano dalle grandi finestre. Fuori c’era il sole.
Chissà in quale sperduto angolo del mondo una farfalla aveva sbattuto le sue ali,  per provocare il gran putiferio della sera precedente!!

I RUMORI – Le galline e la sposa

Le galline di Loretta e… altre storie – di Lucia Bettoni

foto e disegno di Lucia Bettoni

Quante galline sull’aia di Loretta!
Tutte intorno a lei che getta i semi sulle pietre
Eccole tutte a beccare grassocce e felici
I semi di Loretta sono deliziosi: granturco giallo come il sole scivola dalle sue mani di giovane contadina
Coco cococo cococooo… è una festa
Le campane suonano
Ecco gli sposi
Lei un tailleur semplice
I capelli raccolti e un mazzolino di fiori in mano
Lui con il completo nuovo, il primo della sua vita
Intorno agli sposi tutti lanciano riso bianco al cielo e tra i capelli
Granturco, riso, semi
Semi per una festa di vita
Un matrimonio festa di vita
Tutti insieme in corteo
Gli sposi davanti
Una luce straordinaria nei loro occhi

I RUMORI – Le dita sul legno

Nel lettone con babbo – di Carla Faggi

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Le dita di mio padre che battevano nel legno del grande lettone mentre mi raccontava una storia.

C’era una volta un canino che correva nel bosco totloc totloc , coorrevaa coorrevaa totoclocchite tototlocchite.

Ma Lampo il nostro cane non corre così forte, dicevo io.

È un canino giovane che nel bosco rincorre gli scoiattoli tititick tititick fanno gli scoiattoli!

Ma il lupo c’èeee?

Si che c’è! Sta bussando proprio ora alla porta tock tock.

Ho paura, ho paura babbo!

E lui mi abbracciava per rassicurarmi.

Poi arrivano altri suoni, questi sono della battitura del grano.

Io nell’aia nella calura di Luglio incantata da un enorme macchinone che faceva strunf strunf e tanta polvere.

Le corse con gli altri bambini e mia zia che mi rincorreva con lo zabaione nel bicchiere dove ancora sbatteva il cucchiaino clinck clinck!

I RUMORI – Il ballo dei semi

La bottega delle tre sorelle – di Rossella Bonechi

C’era una volta una bottega che ora non c’è più……ma i suoi suoni odori e colori fanno parte dei miei ricordi. Tre sorelle “simbiotiche” vivevano della vendita di semi, legumi e cereali che disponevano in bella vista in sacchi di juta che ora farebbero rabbrividire i NAS. Il momento mio preferito era quando li preparavano: il riso che scendeva a cascatella nel contenitore, i fagioli che a seconda del tipo e quindi della grossezza cadevano tintinnando nei vasi di alluminio e i ceci che gettati nel sacco facevano un rumore deciso ma ovattato, quasi a vergognarsene. Ma il suono più goloso era quello delle caramelle balsamiche che le sorelle versavano nei vasi di vetro allineati sul banco; come di cristallo sonante, il rumore variava a seconda della velocità: se si aveva fretta erano schioppettate, se si parlava facendolo era un tip tap insistente e continuo.

A volte ci penso alle Sorelle e ai loro suoni che ricordo molto meglio dei loro volti.

I RUMORI – Toc Toc

Il Picchio racconta una storia – di Rossella Gallori

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Il buio in solitudine a volte mi esalta, spesso mi spaventa….quando qualcuno ti è accanto..Il mio scuro diventa ombra… 

Rumori al quasi buio. 

Toc…Toc.. 

Un picchio racconta la sua storia: monotona, banalmente ripetitiva, non la voglio ascoltare…Toc…Tac…è la stessa di ieri, di oggi,nooo, non voglio risentirla! 

Ti racconto la mia? 

Friggo, ne ho voglia, tra uova strapazzate di sogni, sbattute in modo maldestro. 

Strappo le pagine di un quotidiano di domani, lo strangola, giace appallottolato come me. 

Ti racconto la mia storia? 

Lenta apro le finestre, voglio farmi sentire “ fuori” dentro mi sono già ascoltata…scivola la veneziana un pò verde acqua un pò grigio sudicio, il filo consunto sta per strapparsi, consunto sembra consigliarmi, Ma Io,io, non mi rompo. 

Ti racconto la mia storia? 

Cerco una matita “bellabella” per scrivere pagine speciali, cerco, con dita nervose, nel barattolo affollato…mi taglio con un appuntalapis vecchio di lama, molte le penne che non scrivono, tra gomme rosicchiate da topi immaginari, sporchi di nero inchiostro. 

Ti racconto la mia storia? 

La sapevi già! Fingi? 

Ho ossa rotte, ecco odo il rumore, ossa…un pezzo di vertebra in frantumi. 

Ti racconto la mia storia? 

La sai, lo so…poi morto il picchio non ho avuto più voglia di raccontarti niente. 

Ma di lui sento ancora il suo bussare, il suo ticchettio martellante: toc, toc. 

Ora le uova sono sode stracotte e sanguinanti di giallo tuorlo. 

È tardi 

Toc, toc 

I RUMORI – Chiavistelli nella notte

ERA UNA NOTTE BUIA E TEMPESTOSA – di Simone Bellini

La luna si nascondeva dietro nuvole minacciose.

Il vento frusciava fra le fronde ondeggianti.

I nostri passi incerti sulla ghiaia tradivano la paura di quel luogo spettrale.

Nel buio tetro bussammo alla sua porta.

Rumore di chiavistelli, quattro, cinque mandate “Clock, clock, clock” , la porta si aprì stridendo “Screeck”

– CHE VOLETE !!!- disse con voce orrenda.

Noi col cuore in gola….- Dolcetto o scherzetto ?- mentre scappavamo prima ancora di attendere la risposta.

Incontro del 31 ottobre 2024

Ascoltare e ascoltarsi – Il fascino dei rumori al buio

foto di Lucia Bettoni e Cecilia Trinci

Rumori, creati con oggetti comuni, vengono riprodotti al buio. L’ascolto accende immagini, personaggi, ricordi, mondi lontani, brevi commenti di un presente duro e difficile o anche solo malinconico….

Si materializzano nelle storie cascate di semi, marce militari, la battitura del grano, piogge e temporali, fruscio di vestiti ed evocazione di Dame, Spose o Cavallerizze, cavalli al trotto, picchi insistenti, un mare in tempesta e un mare che piange, céci che si vergognano nei sacchi di iuta…. e poi il Mulino di Montemignaio, le biglie di vetro, lo zabaione della zia, un fantasma che balla, la scopa che spazza l’acqua, l’appuntalapis vecchio di lama, ossa rotte in un barattolo, una straniera con i capelli viola, la signora di campagna che cerca nelle scatole dei ricordi, il riso, il babbo nel lettone, le galline grassocce e felici, un assassino nervoso…………