Le voci di Picille per Tina

Ispirato al testo della canzone Voci

La strada si racconta e si raccontava – di Tina Conti

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Salendo dalla piazza del paese, a piedi o con altro mezzo, ho sempre cercato di capire e entrare in relazione con i luoghi e le persone che incontravo sul mio percorso e che facevano parte della mia nuova vita all’ Antella.   Ero appena arrivata  in via di Picille e visto che la casa era  da restaurare  avevo  la necessità di una bombola del gas. Ho domandato ad un signore che  si trovava  nel suo giardino, sotto un albero di ciliegie maestoso. Lui, gentilmente  mi ha dato tutte le indicazioni e un benvenuto nella via.

Buon auspicio,  ho pensato!

Incontravo nel pomeriggio e anche in estate  nella frazione di Balatro rosso un folto gruppo di persone che  con la loro sedia portata da casa, facevano salotto e frescheggiavano. Mi sono fermata tante volte, ho conosciuto delle persone sorridenti, semplici e serene. Fra queste, una brava sarta che mi ha aiutata a modificare dei vecchi abiti.

Via via salendo, cambiava il paesaggio, apparivano case nuove, il terreno coltivato si mescolava a tratti di bosco, ai miei occhi e al mio sentire, appariva un territorio amico, ormai conosciuto. Il mio andare spesso a piedi o in bicicletta, mi permetteva di entrare  nella vita  e nella realtà privata delle persone, osservavo i giardini, gli animali, gli odori della cucina.

Dal laboratorio del fabbro dove  una volta ho portato  a saldare un attaccapanni, uscivano scintille e rumore di metalli battuti. Prima del recinto dei cavalli, in autunno il profumo delle bocche di leone selvatiche mi stordiva ,mi soffermavo per godere a pieno di questa sensazione e l’aspettavo.

Che piacere scoprire piante nuove lungo il percorso, il kiwi di Mauro ,piantato vicino alla recinzione, mi ha informato di tutta la sua crescita fino alla produzione dei frutti. Che tensione nel vederlo stento in estate , temendo che stesse per seccarsi a causa della siccità.

Era la mia disposizione a relazionarmi con le persone e con e i luoghi mi sono chiesta oppure si trattava di una cosa consueta e normale in quella realtà?

Voci di nebbia per Patrizia

Ispirato al testo della canzone Voci: (voci di radici, di nebbia e di pioppi. Che parlano agli argini e che parlano ai matti. Voci nella testa, voci contro il tempo)

Nebbia – di Patrizia Fusi

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Odore pungente di umidità, una leggera nebbia che avvolge quello che ci circonda, noi ragazzi che corriamo spensierati nei campi, ci divertivamo con giochi semplici, fatti di nulla, ma quasi sempre di gruppo, ognuno di noi diverso, chi più fragile, chi con più capacità, ma sempre un gruppo, giornate piene di vicinanza.

Spaccato di vita passata, forse rapporti umani più solidali, ma anche a quel tempo  non mancavano le cattiverie fra le persone, gelosie, maldicenze. La diversità di chi aveva più si faceva sentire.

Verso il mondo femminile era più incisivo questo modo di pensare e più restrittivo e più bigotto.

Nel tempo attuale  la cosa che mi colpisce di più e la velocità del vivere quotidiano, credo che questo influisca sulla nostra psiche in maniera negativa.

Il vivere attuale per alcuni di noi è molto più facile.

 In questo tempo è predominante l’io e non il noi.

Per il mondo femminile si stanno formando altri problemi.

Chi ha il potere della tecnologia ci sta dominando.

Resta muta la voce per Carmela

Ispirato al testo della canzone Voci

Voci contro il tempo – di Carmela De Pilla

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Ora è muta la sua voce, ingoiata da un tempo lungo una vita, la sento nel silenzio dei ricordi, la sento nelle sue radici a cui mi sono aggrappata inconsapevole della forza che mi trascinava dentro di lui.

Resta muta la sua voce, non suona più, è nascosta nelle mie stesse radici e continua a vibrare, inconfondibile tra mille altre voci.

Ricordo bene quel giorno.

Ero ritornata a casa raggiante, una mia amica mi aveva invitata alla festa che avrebbe fatto a casa sua e io appena sedicenne, catapultata in un mondo arido, privo di qualsiasi relazione che non fosse quella familiare ero al settimo cielo.

-Devi venire Carmela, ci divertiremo vedrai e poi c’è un mio cugino che ti vuole assolutamente conoscere, da quando ti ha vista all’uscita della fabbrica non fa altro che chiedermi di te!

Gli occhi si riempirono di gioia e il cuore incominciò a ballare.

-Papà, domenica Maria fa una festa a casa sua, io vorrei andarci, mi piacerebbe tanto.

-Non se ne parla nemmeno! E chi è quest’amica? Non conosco questa gente! Non ti mando a casa di sconosciuti!

-Ma papà mi ha detto che…

-Non lo voglio nemmeno sapere, non ci vai e basta!

-Ti prego papà, non faccio niente di male e poi uno deve mettere la mano sul fuoco per capire!

Lui mi guardò diritta negli occhi e con voce ferma mi disse:

-Guarda che tanti prima di te hanno messo la mano sul fuoco e tutti sappiamo che brucia, devi ascoltare chi ha più esperienza di te!

Quella voce mi era entrata nelle vene e il sangue incominciò a scorrere come fiume in piena e per diversi giorni non gli ho rivolto la parola.

Poi ho saputo che quel cugino era molto più grande di me e chissà…forse mi voleva conoscere, ma a modo suo.

Lui aveva capito, grazie papà.

Voci in barattolo per Stefania

Barattoli di voci – di Stefania Bonanni

Ispirato al testo della canzone Voci:

“voci nella testa , Voci contro il tempo, Che riempiono la vita restando nel silenzio.”

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A che serve il silenzio, se non a far parlare quello che non ha voce, ma che da dentro rimbomba come tuono.

Dentro, in fondo, nella cantina, insieme ai tesori, alle cose da conservare perché preziose, ci sono milioni di barattoli pieni di voci. Voci sommesse e gentili che cantano ninnenanne, voci nervose che comandano ordini e comportamenti, e poi le stesse voci che si scambiano le parti, ma tutte raccontano il mondo di bene che hanno costruito per te.

Poi, voci di bambini, e non riconosco la mia, credo di essere stata molto in silenzio, anche se poi ho molto recuperato.

Ci sono voci da uomo, profonde e raschianti la gola, gola di vino e sigarette. Ci sono voci di donne giovani, squillanti, carnose e colorate come fiori maturi. Donne amate, ma relegate a parlare tra donne, abituate piu’ a chiacchierare, che a parlare.

Ci sono barattoli pieni di voci di vecchie e di canzoni di chiesa, ed ascoltando si rivede il profilo con il collo tremolante di corde vocali che vibrano tra la pelle ciondoloni di colli ormai rugosi.

Ci sono barattoli di voci di uomini vecchi, catarrose, raccolte nel bar dove perdevano le ore dei pomeriggi troppo caldi o troppo freddi. Voci cavernose, interrotte da colpi di tosse e boccate di fumo. Voci tonanti bestemmie, fantasiose bestemmie che tiravano in ballo santi dileggiati, ma sempre presenti in quelle bocche. ‘

Poi, voci di canti di bambini, di ambasciatori e Madame Dore’, che volevano dare le figlie a qualcuno, e mi sembrava già un po’ inquietante.

Ma le voci dei bambini sono per sempre. Ieri, oggi, domani, i bambini a cui si permette di giocare hanno le stesse voci, nuove, acute, ancora da arrotare tra i denti, non sono ancora “quella voce”, eppure inconfondibili di meraviglia.

Piccola storia di Simone

Attenti al collo (versione completa) – di Simone Bellini

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Allungai il collo per osservare la situazione, quando la mano dell’uomo accanto a me mi fece abbassare il capo :

– Cosa fai, sei impazzito? Giù la testa presto prima che sia troppo tardi-

Non capivo! Perché stavano tutti con la testa reclinata, sguardo a terra, ammassati l’uno accanto all’altro. Cosa stava succedendo? Perché mi trovavo in quella situazione?

 Sopra di noi una luce accecante che non permetteva di alzare lo sguardo. Un ronzio ritmico spostava folate di vento come le pale di un gigantesco ventilatore. Ogni tanto si sentiva un “toc” come di una pacca sul capo, seguito da un “ohi “ di chi era stato colpito.

-Ma dove siamo – chiesi

-Mah … saperlo … nessuno lo sa, perciò zitto e guarda in terra !-  Se c’era una terra, perché in tutto quel riflesso bianco non si capiva.

“CrocoTook”, una testa rotolò su di noi.

-Visto? … Ha allungato troppo il corpo …. Giù, sta’ giù…

Cristo, ma che cavolo di situazione è questa!

Non esiste che io resti ancora qui, devo trovare una via d’uscita.

Rifletti ….. se non puoi alzare il capo, puoi fare l’opposto ….. strisciare in terra !

Mi abbassai e strisciando cercai di farmi largo tra centinaia di gambe, quando mi sentii afferrare per i piedi. Mi voltai, era lui, il mio compagno di sventura :

– Che cazzo fai , lasciami andare ! –

– Stai scappando vero? Voglio venire con te ! –

– No, non se ne parla ! Devo essere solo per riuscirci –

– Dai , in due ci proteggeremo a vicenda, me lo devi, se non ti avessi avvertito la testa non l’avresti più ! –

– Va bene, ma stai attento mi raccomando.-

Strisciammo insieme verso non so dove, spostando le gambe di quella marea sottomessa che, sentendo minacciato il loro precario equilibrio, mugugnavano impauriti.

Man mano che avanzavamo i mugugni aumentavano sempre più fino a far scattare la sirena dell’allarme.

– Dai, presto, striscia più veloce.-

L’agitazione dei soprastanti rendeva difficile la fuga.

 Strisciando ci allontanammo più velocemente possibile da quel frastuono, senza accorgersi che il pavimento stava andando in discesa,.. una discesa ghiacciata. Scivolammo senza un appiglio a cui potersi aggrappare. L’inclinazione diventava sempre più ripida e noi acquistavamo sempre più velocità.

D’un tratto … il vuoto …. Precipitammo nel buio non so per quanto tempo,… sembrava non finire mai !!!

Era la fine, me lo sentivo, non saremmo sopravvissuti.

Questi pensieri affogarono nell’acqua gelida che ci accolse salvandoci.

Nuotammo sfiniti fino a che una melma rocciosa si palesò sotto i nostri piedi. Esausti svenimmo.

– Ehi svegliati, svegliati ! – Un paio di schiaffi mi aiutarono ad aprire gli occhi

– Siamo ancora vivi?- dissi bloccandogli la mano pronta per il prossimo schiaffo- dove siamo ?-

– Ne so quanto te ! Non si vede niente.-

 A queste parole, d’ improvviso apparve una fiammella su di una roccia

– Guarda!… com’è possibile che scaturisca del fuoco da una roccia –

Un’altra fiammella spuntò su un’altra roccia e poi altre ancora fino ad illuminare quella tetra grotta.

– Guarda quelle fiammelle in fila, sembrano indicare una via, un sentiero !-

– Andiamo ! –

– Aspetta …. Non mi piace …. È troppo invitante …. E se fosse una trappola ! –

– Bèh non mi sembra che abbiamo molta scelta ! –

Seguimmo le fiammelle su di un sentiero reso scivoloso dall’umidità persistente. I nostri passi cauti avanzavano incerti in quel tunnel di fango, quando d’un tratto   una lastra di roccia calò fragorosamente fino a chiudere il sentiero alle nostre spalle.

– Cristo ! Lo sapevo, me lo sentivo che era una trappola ! –

– Guarda …. Il tunnel si sta chiudendo davanti a noi !! Corri, corri ! –

Il fango rendeva difficile accelerare la corsa, ma ci aiutò a scivolare sotto la lastra che stava per chiudersi.

– Aiuto! Mi sono fermato proprio sotto il lastrone, aiutami !-

Lo presi per i piedi e lo tirai a me un attimo prima che la roccia finisse la sua corsa.

– Cavolo c’è mancato proprio poco ! –

Neanche il tempo di riposarsi un po’ che un rombo scosse il terreno. Una folata di vento caldo ci investì rendendo l’aria irrespirabile e torrida.

 Il terreno era diventato rovente.

 Una seconda scossa aprì una voragine sotto i nostri piedi dividendoci fra le due sponde dove sotto scorreva un fiume di lava.

– Salta, ti prendo io, salta! –

– Non ce la faccio, ho paura! –

– Dai salta ! –

Radunò tutte le forze per spiccare il volo, ma la spinta fu a malapena sufficiente perché riuscissi ad afferrargli una mano, mentre i suoi piedi sfioravano la lava incandescente.

– Dammi l’altra mano, presto, non riuscirò a tenerti per molto ! –

Al terzo tentativo afferrai l’altra mano e lo tirai su in salvo.

– Che facciamo? Siamo bloccati qui adesso ! –

Guardai intorno.

– Dobbiamo arrampicarci su questa roccia, sperando che in alto ci sia una via di uscita. –

-Ma io non sono un rocciatore, non l’ho mai fatto !-

– Dai Sali. Metti la mano su quella sporgenza. –

– Quale ? –

– Quella roccia lì a muso di muflone. –

– Cos’è un muflone? –

– Dai Sali, pensa di essere uno stambecco!-

– Stambecco ? –

– Sali perdio !!! –

Sporgenza dopo sporgenza riuscimmo ad allontanarci dal calore infernale.

– Ehi sento del vento lassù! –

Arrivammo in alto su una spianata che portava ad una grotta, il vento arrivava da lì.

Ci addentrammo, il vento arrivava a folate intermittenti e regolari.

– Guarda, guarda laggiù, ….. una porta! –

Giungemmo alla porta e quando l’aprimmo una luce accecante invase i nostri occhi.

– Ce l’abbiamo fatta, siamo liberi !!! –

Corremmo felici assaporando quelle folate sul nostro viso.

Una voce ci avvertì :- Giù la tes  ……CLOTOCLOK !!! –

Due teste rotolarono per terra.

– Lo dicevo io, hanno allungato troppo il collo !!! –

Attenti al collo (epilogo) di Simone

Attenti al collo 3 – di Simone Bellini

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– Andiamo ! –

– Aspetta …. Non mi piace …. È troppo invitante …. E se fosse una trappola ! –

– Bèh non mi sembra che abbiamo molta scelta ! –

Seguimmo le fiammelle su di un sentiero reso scivoloso dall’umidità persistente. I nostri passi cauti avanzavano incerti in quel tunnel di fango, quando d’un tratto   una lastra di roccia calò fragorosamente fino a chiudere il sentiero alle nostre spalle.

– Cristo ! Lo sapevo, me lo sentivo che era una trappola ! –

– Guarda …. Il tunnel si sta chiudendo davanti a noi !! Corri, corri ! –

Il fango rendeva difficile accelerare la corsa, ma ci aiutò a scivolare sotto la lastra che stava per chiudersi.

– Aiuto! Mi sono fermato proprio sotto il lastrone, aiutami !-

Lo presi per i piedi e lo tirai a me un attimo prima che la roccia finisse la sua corsa.

– Cavolo c’è mancato proprio poco ! –

Neanche il tempo di riposarsi un po’ che un rombo scosse il terreno. Una folata di vento caldo ci investì rendendo l’aria irrespirabile e torrida.

 Il terreno era diventato rovente.

 Una seconda scossa aprì una voragine sotto i nostri piedi dividendoci fra le due sponde dove sotto scorreva un fiume di lava.

– Salta, ti prendo io, salta! –

– Non ce la faccio, ho paura! –

– Dai salta ! –

Radunò tutte le forze per spiccare il volo, ma la spinta fu a malapena sufficiente perché riuscissi ad afferrargli una mano, mentre i suoi piedi sfioravano la lava incandescente.

– Dammi l’altra mano, presto, non riuscirò a tenerti per molto ! –

Al terzo tentativo afferrai l’altra mano e lo tirai su in salvo.

– Che facciamo? Siamo bloccati qui adesso ! –

Guardai intorno.

– Dobbiamo arrampicarci su questa roccia, sperando che in alto ci sia una via di uscita. –

-Ma io non sono un rocciatore, non l’ho mai fatto !-

– Dai Sali. Metti la mano su quella sporgenza. –

– Quale ? –

– Quella roccia lì a muso di muflone. –

– Cos’è un muflone? –

– Dai Sali, pensa di essere uno stambecco!-

– Stambecco ? –

– Sali perdio !!! –

Sporgenza dopo sporgenza riuscimmo ad allontanarci dal calore infernale.

– Ehi sento del vento lassù! –

Arrivammo in alto su una spianata che portava ad una grotta, il vento arrivava da lì.

Ci addentrammo, il vento arrivava a folate intermittenti e regolari.

– Guarda, guarda laggiù, ….. una porta! –

Giungemmo alla porta e quando l’aprimmo una luce accecante invase i nostri occhi.

– Ce l’abbiamo fatta, siamo liberi !!! –

Corremmo felici assaporando quelle folate sul nostro viso.

Una voce ci avvertì :- Giù la tes  ……CLOTOCLOK !!! –

Due teste rotolarono per terra.

– Lo dicevo io, hanno allungato troppo il collo !!! –

Voci di alberi di Vittorio

Ispirato al testo della canzone Voci (la frase: Voci di radici di nebbia e di pioppi che parlano agli alberi)

Voci di alberi – di Vittorio Zappelli

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Cosa si diranno gli alberi quando il vento porta loro le voci e muovono le cime?

Questo mi chiedo ricordando passeggiate nel bosco da ragazzo quando tutto era grande, ricco di mistero e anche un po’ pauroso?

Forse gli alberi parleranno di noi ,piccoli visti da lassu’.piccoli che si affannano sulle piccole cose e  che hanno smesso di guardare verso di loro con rispetto e con la dovuta meraviglia.

Ma ,quando arriverà l’uomo a loro caro ,subito lo riconosceranno e tra le cime sarà tutto un sussurro ed uno stormire di foglie; aspettando che a terra l’ospite si decida nella scelta  e compia il gesto tanto atteso ….un lungo abbraccio riconoscente al tronco di uno di loro.

Voce di casa di Rossella

Ispirato alle parole della canzone “Voci”

Voci di radici, di nebbia e di pioppi
Che parlano agli argini e che parlano ai matti
Voci nella testa, voci contro il tempo
Che riempiono la vita restando nel silenzio
Voci che non sento più
Voci che sai solo tu
Manca la tua voce, sai
Mama don’t cry
Mama don’t cry

Non piangere mamma – di Rossella Gallori

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…NON PIANGERE MAMMA……se invento storie per sopravvivere…

…la luce azzurra illuminava la stanza, la sirena accendeva la casa , bleu, tutto bleu, il cibo, le facce, le parole, le risate, le voci.  Tutto pareva ed “appariva altro”  e poco sembrava, ripeto sembrava importare se chi viaggiava a bordo era quasi morto o ferito molto.

Voci di autoambulanze.

NON PIANGERE MAMMA

Il treno cantava la sua canzone la mia, la tua, la loro: tu tu tutuuuuuu,  una marcia: io  il tamburo, tu la fisarmonica, il babbo il violino: un mondo.

…MAMMA…

Il bar davanti, che poi tanto davanti non era, tuonava di risate, politica, pettegolezzi, Coca-Cola e vino.

…NON PIANGERE…

Il profumo delle peonie ero, esplodeva nei nostri cuori e se dalla finestra  spalancata entravano petali, erano carezze, se si infiltravano tarantole, erano pizzicotti e risate.

Polpette blu, pane arrostito al fischio del treno, twist, musica bella…finta ricchezza.

MAMMA NON PIANGERE

Sogni a righe, cielo a quadretti, la veranda Liberty, non aveva né caldo, né freddo, nemmeno io.

Nessuno era morto, c’era quello, quell’altro ed altro ancora, la porta aperta, sempre, in una casa senza chiavi.

Tante scarpe, tanti vestiti, cani finti, qualche gatto quasi vero.

Un gelataio bello da morsi, un cono da trenta lire, profumo di vaniglia e caffè, di noi.

PIANGERE, NO, MAMMA!

Il bus sotto casa,  He era il venti, l’otto e il due, che poi venne declassato….o promosso a uno, che quando si fermavano: splash…splash sembrava una doccia.

Ed il generale, con la sua bimba bruttina, piena di merende e balocchi: gnam, gnam.

E la professoressa che mi portava al Bargello ed io capivo tutto o quasi.

San Martino a Montughi, con le sue campane, c’ era la Chiesa mamma?  Gli alberi verdi di foglie, si, è certo.

NON PIANGERE MAMMA….

 Se sono diventata pazza, pazza no, bugiarda forse, se parlo di una casa che non era proprio così, se sento la sua voce, voce di una casa che ancora “urla piano” ed ha un suono dolce e cullante.

ED INVENTO STORIE, PER SOPRAVVIVERE, NON PIANGERE…..