Sette parole per iniziare

Le parole da mescolare e con cui giocare sono: conoscersi, orientamento, cortina, zecca, rendere, tessere, rovina

  1. Il Quadro – di Stefania Bonanni

Rendeva l’ idea. Era uno strano disegno, un mosaico di tessere, che cambiava se lo si guardava da destra, o da sinistra, o da sotto, o da sopra. Era facile perdere l’orientamento, scordare l’ usuale, e perdersi nel labirinto di colori fantastici, che sembravano cercarsi, rincorrersi, forse come noi, ma certo con più determinazione. Distogliere lo sguardo era difficile e faticoso. Costava parecchio staccarsi da quei rossi, dai gialli brillanti, dai verdi pieni di vita, e ricascare nella zona grigia. Come ci fosse un muro, una cortina che divideva due mondi.

Avrei potuto restare giorni interi, a perdermi la’ dentro. Avrei potuto stare tutta la vita a cercarmi, a cercare di rimettere a posto le tessere.

Poi, volo’ un insetto, fermandosi su un lago rosso fuoco, e rimase fermo, imbambolato, ipnotizzato.  Mi avvicinai a guardare la zecca. Anche lei cercava pezzi di sé, persi volando. Non li avesse trovati, sarebbe andato tutto in rovina. Con le tessere fuori posto, il mosaico sarebbe crollato, disfatto, il quadro rovinato.

2.ORIENTAMENTO – di Simone Bellini

_ Pronto? Ma dove sei ? Come hai perso l’orientamento !

Te lo avevo detto di starmi dietro attaccata come una zecca ed ora siamo qui a cercarsi senza trovarsi !

Possibile che non si riesca a fare una gita senza che tu me la rovini !

Ora ascoltami, hai la tessera del pullman? Bene ora lo vai a prendere e vieni a Cortina.

Sei la mia rovina, sei !

3. Dopo la Morte di Cortina – di Rossella Gallori

Rovina dondolava su lunghe gambe giallastre, il sole del sud non era riuscito a dar loro un colore più decente…

“ zampe di pollo” così le chiamava sua madre, lo ripetè fino all’ultimo respiro: copriti le zampe! Copriti le zampe…

E fu alla morte di Cortina, appunto la mamma,che tutto le apparve chiaro, doveva andarsene, cercarsi un altro posto, un’altra tana, un’altra cuccia, levarsi di culo e scappare da tutto: famiglia, città, gente…

Ma cosa poteva prendere? Portare con sé? Dove sarebbe stata: casa, amore, vita?

Il fatto di non dover rendere conto a nessuno era un vantaggio, la totale mancanza di orientamento, una punizione…un qualcosa le aveva regalato, oltre a: le famose zampe, capelli di stoppa ed occhi a palla, il buon Dio le aveva tutto questo quel 3 novembre del 2000.

Certo lasciare quel buco di posto le dava coraggio, una casupola buia, piccola, sporca,…la zecca più piccola pareva un gattino appena nato…con la bava dei ragni avrebbe potuto tessere tovaglie da 24, compresi i tovaglioli ed il centrano per il cestino del pane.

Quindi………

Acchiappò tre borsoni di cencio sano ci infilò quasi tutto, di tutto escludendo i ricordi brutti, i botte, le paure, i silenzi, i digiuni…

Non sbattè la porta, nessuno avrebbe udito il suono sordo…poi prese un vecchio giornale, un fiammifero…e…

Si allontanò, salutando il grigio del fumo e benedicendo la pioggia leggera che non sedava il fantastico incendio.

4.Pioggia – di Lucia Bettoni

Era caduta tanta pioggia
Pioggia improvvisa e inaspettata
Aveva trascinato a valle qualsiasi cosa
La strada era tutta una rovina
Massi di pietra e fango ostruivano il passaggio
Il paesaggio aveva perso la sua immagine
Difficile trovare l’orientamento per proseguire
Le scarpe affondavano nella terra bagnata e appiccicosa
I passi erano pesanti e faticosi
Urgeva trovare una soluzione per proseguire
Bisognava cercarsi e stare insieme
Bisognava stare stretti e unire il cuore
respirare insieme e sentire la forza di ognuno allargarsi in quella di tutti
Bisognava tessere una rete con i rami caduti, sparsi per terra ai piedi di ognuno
Un ramo ,un altro ramo ,uno a destra ,
uno a sinistra ,uno qua, uno là
La rete è pronta
La rete è solida
Ci si può camminare sopra e far emergere i piedi dal fango
Si può proseguire
Intanto il cielo si è fatto straordinariamente azzurro e l’aria ha una luce così tersa che non si era mai vista
In lontananza Cortina circondata dalle belle vette di pietra bianca
Sembra neve ma non lo è
È il tempo
È il tempo sempre uguale
attaccato alla terra come una zecca
È il tempo che non ha tempo
È il tempo che rimane, che resta,
che si innalza verso il cielo sempre uguale forte, vero, eterno
e la pioggia è solo acqua.

5. Alba in montagna – di Luca Miraglia

Ce ne stavamo lassù, vicini alle cime, oltre la cortina della caligine umida  del primo mattino. Eravamo saliti al buio, tra i boschi dove era stato difficile non perdere l’orientamento e non correre il rischio di cercarsi e ricercarsi per mantenerci vicini.

Volevamo regalarci un’alba di montagna che rendesse magiche quelle ultime giornate d’estate.

I primi raggi di sole iniziarono a filtrare tra le cime acuminate e i valloni glaciali, quasi fili di rosso vivo che andavano a tessere la trama del nuovo giorno.

In silenzio, uno accanto all’altro, lo sguardo fisso al profilo dei monti per non perdere neanche un nodo di quell’intreccio di luce sempre più vivida.

Poi, con naturale lentezza il cielo cominciò a colorarsi di un giallo vivido, quasi d’oro… ecco: la zecca del sole stava coniando il nuovo mattino…

Con la stessa lentezza ci alzammo e iniziammo la discesa, ancora in silenzio, ancora vicini, ognuno assorto nel non rovinare tutta quell’emozione.

6. Solo nel bosco – di Sandra Conticini

Sei la mia rovina! Disse Antonio a quella ragazza che aveva conosciuto a Cortina in quella estate torrida.

 Era partito la mattina presto per fare una bella camminata nel bosco al fresco quando, alla vista di alcune stelle alpine, si allontanò dal sentiero principale e  perse l’orientamento. Camminò avanti, indietro, ma il bosco era tremendamente uguale e non riuscì a trovare qualche segnale, oggetto, che avesse già visto. Intanto il tempo passava, l’ansia aumentava, in tutto il giorno, non era passata neppure una persona e, non poteva pensare di dover trascorrere la notte in compagnia di orsi e lupi. 

Al calar del sole sentì delle voci. Ad Antonio  si aprì il cuore,  pensò di sognare, ma via via sentiva quelle voci che si avvicinavano, iniziò a urlare a squarciagola.. lo sentirono. Erano due ragazzine della zona che conoscevano quel bosco in lungo e in largo, si raccomandò in mille modi perchè lo portassero giù, ma non ne vollero sapere perchè avevano fretta e non potevano stargli dietro. Quella mattina si era scordato  il cellulare in albergo e anche i documenti, così consegnò a una delle due le  tessere di due biblioteche molto importanti, nuove di zecca,  con su scritto i suoi dati anagrafici,  pregandole di avvertire il soccorso alpino di venire a prenderlo. Quando ormai non ci sperava più ed era riuscito ad appisolarsi, sentì qualcuno che lo toccava…. non aveva coraggio di aprire gli occhi, pensò: Addio mi sbraneranno e mi mangeranno… invece parlavano… erano due guardie forestali con torcia e  barella che lo misero sopra e tutto imbracato lo riportarono a Cortina.

Da quel giorno Antonio iniziò a cercare Ornella per ringraziarla e anche lei  lo  cercava ma quando smisero di cercarsi, si ritrovarono per caso in bar del centro di Bologna.

7.Sette parole per giocare – di Carla Faggi

A scuola ero brava in matematica ma non in lettere.

I miei temi non sapevano di niente, erano una ROVINA, ZECCHE fastidiose, appena appena CORTINI, proprio lo stretto necessario.

La mia mente matematica cercava un altro ORIENTAMENTO. Però chissà forse fu proprio quella mente matematica che mi fece imbattere in Cecilia ed in noi.

Perché statisticamente parlando a forza di baciare rospi ci si imbatte nel Principe.

E con un Principe, Noi, tanta fantasia e una stanza magica, si può anche scrivere un libro!

Voilà, ora c’è un libro, il nostro libro! Fatto di tante storie belle!

E nel nostro libro ci sono pure io. A mio agio, standoci proprio bene!

Perché quelle storie belle le ho scritte pure io! Anche se ero brava in matematica, si! Ma non in lettere!

In questa stanza magica infatti si gioca a CERCARSI scrivendo, senza RENDERE conto a nessuno, sopra ogni giudizio, solo con noi e con le nostre meravigliose emozioni che diventano TESSERE della nostra vita passata e indispensabili ancora per completare quel disegno che ci resta da fare.

8.:LA BANDA DEI 4 – di Nadia Peruzzi

Avevano tutti un problema che li accomunava. Erano precipitati in rovina. Chi economica, chi sul piano degli affetti, chi perché non trovava più un senso nella quotidianità grigia, piatta, priva di una idea di futuro.
Partirono, senza sapere come e perché da un orientamento comune che li aveva spinti a cercarsi, mattina dopo mattina, turno dopo turno, mentre varcavano quella cortina di ferro che erano i cancelli della Banca d’Italia ,sede di Roma, ingresso dipendenti da Via de’ Serpenti.
Le tessere di riconoscimento strisciavano alla stessa ora, minuto più, minuto meno.
Piccole occhiate, solo quello era possibile darsi. E piccole occhiate si scambiavano Luca, Paolo, Sandro e Giacomo.
Erano scintille poco più, ma erano bastate per riconoscersi.
Sfigati, sfigatissimi, nel girone infernale dei perdenti. Quello erano.
Cambiare vita era diventata una ossessione, lì dove lavoravano i mezzi c’erano tutti.
Era la Zecca dello Stato, mica noccioline.
Ognuno di loro compiva una mansione ripetitiva ma portava ad un vero tesoro. Stampavano banconote, tutti i beati 360 giorni l’anno. Le macchine non si fermavano mai e loro dovevano fare lo stesso.
Si studiarono a lungo ,fino a che un bel giorno compresero che il momento era arrivato.
Si trovarono una notte priva di luna su al Gianicolo. Quello che avevano in mente di fare lo misero a punto , in poco più di una settimana, con precisione e molta puntigliosità.
Era rischioso, ma loro erano bravi e almeno all’inizio sarebbe stato facile. Bastava sapersi fermare al momento giusto. Non dovevano esagerare.
Il mito dell’uomo col maglioncino che partito da un garage in Usa aveva conquistato il mondo, cercarono di tradurlo in realtà per loro.
Un garage in una zona anonima della periferia di Roma fu il loro quartier generale e il loro laboratorio di precisione.
Lavoravano la notte.La stamperia vomitava pezzi da 50 euro come se non ci fosse un domani.
Era impossibile non rendere più che redditizia quella attività notturna.
Bastava non esagerare e non tirarla troppo per le lunghe.Stampare a più non posso e cambiare falsi per i veri in tutta rapidità,questo fecero.
In un mondo in cui il falso d’autore ingannava anche i più esperti,misero da parte una fortuna.
Da un giorno all’altro sparirono senza lasciare tracce. 
Quando trovarono la stamperia clandestina era troppo tardi. Loro se la stavano già godendo alla grande in paesi esotici, a zero possibilità di estradizione.

9.Il non senso – di Anna Meli

Giornata nuvolosa, grigia, triste; una di quelle che non sai come iniziare, di quelle che non ti stimolano a cercare di iniziare qualcosa di positivo ma, che in ogni modo, devi riuscire a rendere il più possibile vive e interessanti facendo in modo che, la cortina del non senso riesca ad avere campo libero.

            Per un breve tempo, in silenzio, ho cercato qualcosa che mi fosse di orientamento; niente solo una calma assoluta e inutile… Squilla il telefono: qualcuno mi cerca, è una cara amica.

            E’ importante cercarsi. C’è un bisogno reciproco raccontarsi cose, comunicarsi idee e pensieri, tessere tele di progetti da portare avanti in condivisione e libertà, senza però essere appiccicate come zecche.

            Questo sarebbe la rovina di ogni rapporto.

10.Cammina cammina – di Daniele Violi

Cammina cammina trovai una rovina, di una casa colonica, abbandonata da tempo. I rovi circondavano la cortina prospiciente, dove un pavimento con le tessere colorate di un mosaico composto da un abile artigiano, descrivevano una bussola, composta alla perfezione e l’orientamento della direzione nord era anche rappresentata da una grande quercia, anch’essa alle prese con i sarmenti dei rovi che tentavano di cercarsi tra di loro, avvilucchiando questa pianta che sorrideva al loro progetto. Tutto il contesto di vecchia costruzione e di piante che si adoperavano per ricolonizzare l’ambiente abbandonato, era condizione favorevole per una zecca che con voracità tentava di muoversi tra macerie e erba alta, per conquistare prede, pane per i suoi tentacoli. 

Spero di aver dato con la fantasia, prova d’immaginazione cosicché da rendere al meglio questo scritto rocambolesco che descrive una situazione rintracciabile nella realtà. 

11.La gita – di Rossella Bonechi

Secondo giorno di vacanza. Programma: “Alla ricerca del Castello”. Mi fa un po’ fatica, mi vorrei spiaggiare sul lettino a prendere il sole e nulla più, ma gli altri sono già con lo zaino in spalla e li devo raggiungere in fretta. Mi devo attaccare come una zecca a qualcuno che ha un miglior senso dell’orientamento di me sennò altro che cercarti Castello Mio: dovranno venire a cercare me !

Ma la gita si rivela piacevole, il sentiero è facile e una cortina di alberi svettanti ai lati regala ombra e inaspettati particolari come il ragno penzoloni da un ramo impegnato a tessere la sua tela. Ma ecco il Castello, ci annuncia la guida, proprio lì, davanti a voi! Mah…. sarà che sono un po’ cecata ma io vedo ben poco, a meno che il Castello non siano quei quattro massi in rovina ormai ricoperti di muschio; sì, mi confermano che sono loro. Bene, allora non mi resta che prendere in mano il filo della fantasia e tessere l’immagine del Maniero in cui venire a cercarti o Mio Principe Azzurro ! Affacciati alla torre, ma a quella più cortina perché non ho fiato per salire più su! Ma ora sarà meglio che apra lo zaino per prendere la barretta zuccherosa, perché tra fantasia e vaneggiamento il confine è labile …..

12.La casa di legno – di Tina Conti

Ce la faremo, ritroveremo una nostra strada.

Ti sembra che essere oggi cosi disperati, persi, disorientati, per aver perso  il nostro orientamento sia una condizione per sempre.

Questa nebbia  che ci circonda, ci avvolge come una quinta, una cortina e ci separa dal mondo di ieri  non durera’  per sempre.

Sono venuta  a cercarti quando  tu  non credevi  più  in niente.

Abbiamo poi  cominciato a rendere  il nostro tempo vivo e pieno di nuovi significati, abbiamo ricominciato a  cercarsi.

Mi piace pensare che ora la nostra vita possa tessere una tela nuova, vera, sincera.

La luce che  entra  dalla piccola finestra  della casa di legno e pietre che abbiamo fortunatamente trovato quassù su questi boschi, spoglia, un po’ diroccata ci abbia ridato  il sorriso e la speranza.

Ieri quel  porcospino curioso che si e’ avvicinato alla porta , ci ha fatto sorridere  e incoraggiati ad aprirci di nuovo al mondo

Andremo di nuovo  a raccogliere funghi e castagne, ci fermeremo  alla bottega del pane a bere un bicchiere di vino  con Cesare.

Sara’ riuscito poi a togliersi quella zecca dalla gamba  che ha scoperto di avere ieri?

13.Perdersi e ritrovarsi – di Francesca Lemmi

Per prima cosa e’ necessario cercarsi, e spesso, come per magia, facendolo si perde anche l’ orientamento, e non è una bella magia. Capita di non sapere dove siamo, neanche chi siamo, ma e’ importante ricordare sempre che e’ così che si vive, perdendosi – a tratti – un po’.

Sapevo che ad un certo punto il mio viaggio sarebbe iniziato, ho rimandato il momento finché mi e’ stato possibile, ma poi, un martedì di marzo, mi e’ passata davanti una pelliccia morbida, e mi ci sono infilata. Da lì e’ iniziata la ricerca. Volevo stare lì? Volevo cercare altro? Non riuscivo neanche a chiedermelo, succedeva semplicemente che cadevo, che lasciavo la mia casa, mi aggrappavo ad una pianta, a qualcosa, nell’ attesa passasse un’ altra comoda, morbida pelliccia sulla quale  salire. Nel frattempo, il mio muovermi a spese di altri mi affacciava su porzioni di mondo ogni volta diverse: boschi sconfinati, montagne di sassi, luce luminosa o panorami lontani nascosti da fitte cortine di nebbia. Spesso, secondo me, le cose belle sono da scoprire sotto la nebbia.

Un giorno mi sono trovata in un giardino, un giardino curato da uomini, ed improvvisamente ho deciso di fare un’ esperienza diversa: farmi trasportare da un braccio umano.

Nella mia idea, gli uomini uccidono. Tutte le creature lo sanno. Ma volevo sapere, capire, provare di persona, se così si può dire. Volevo aggiungere una tessera. Volevo diventare una zecca che e’ riuscita a vedere, a fare, ad essere, anche se poi fosse morta.

La mia rovina è stata incontrare un’ insulsa pinzetta da sopracciglia  che mi ha acchiappato, strappato, tirato. L’ultima cosa che ricordo e’ la suola di uno scarpone che mi si abbatte addosso.

Sono morta quando mi hanno detto: “smetti di farti trascinare, di vedere il mondo dalle spalle altrui. Decidi tu cosa guardare.”

E chi lo sa, se ero davvero una zecca.