Storie matte – Sei mani: due di Anna, due di Sandra, due di Tina per una storia sola

Due anime sull’Ape – di Anna Meli, Sandra Conticini, Tina Conti

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Da giorni non si muoveva,  spostava quella catasta di materiale dividendolo per genere;

Ferro,  legno buono, ottone, mattoni e tegole, elettrodomestici da smontare.

Sarebbero dovuti venire a giorni a recuperarlo. Lui così avrebbe avuto un po’ di disponibilità economica per poter finalmente andare in paese a fare una scorta di cibo e incontrare i soliti amici.

Anselma gli trotterellava fra le gambe, stanca anche lei di mangiare pane secco e qualche crosta  di

Formaggio. In quei giorni , aveva anche aggiustato quel vecchio e malandato portone che in modo sommario chiudeva l’accesso a quella stamberga scavata nella roccia.

Era avvezzo ai capricci del vulcano  come tutti del resto, c’erano giorni che  sembrava di essere sulla luna  per quel colore grigio-nero che prendevano tutte le cose, dicevano che sarebbe successo di nuovo e lui non voleva farsi trovare indifeso.

A lui piaceva quella cenere, sentiva  camminando i passi silenziosi, le piante sembravano tutte uguali e dello stesso colore. l’indomani sarebbe andato in paese, si coricò con i panni pronti  e l’ape carica di tegole per la sorella che restaurava il porcile. .

Sembrava una notte tranquilla senza stelle, con il solito vento  intervallato da folate  improvvise.

A volte le nuvole si spostavano veloci  e si scorgeva un chiarore, era la luna, luna piena. Si intravedeva la radura con quei cespugli alti e pungenti. Gli alberi intorno con tronchi grossi e rami alti e pieni  che si muovevano  sempre più veloci. Si sentivano rumori  strani,  e indecifrabili.

Forse esplosioni, crepitio di  legno spezzato,  rotolare di oggetti e pietre.

In lontananza si intravedevano dei chiarori e strane forme luminose  che  si sollevavano nel cielo e precipitavano , la radura era un luccichio continuo. Un odore intenso e nebbioso si levo’ nell’aria, con fumo e fuliggine.  Si udivano stridii di animali che come impazziti  a balzi  si disperdevano. ,

uno stormo di uccelli giganti con larghe ali andava verso la radura,  tentava di spiccare il volo , solo  dopo una forte esplosione e uno spostamento d’aria ci riuscì, come previsto il vulcano si era risvegliato , accadeva spesso ma sempre con pochi danni.

Lentamente  si acquetarono i rumori, il vento cessò , non si vedevano incendi in lontananza,  stava sorgendo l’alba. Anselma cominciò a scodinzolare festosa,  stava volentieri  con  Ciro si sentiva protetta.  Nata sfortunata  perché la sua  mamma , randagina,  dopo aver partorito cinque cuccioli tre maschi e due femmine  era morta.  I cuccioli vivevano sotto un ponte dove c’erano drogati,  alcolizzati   e poveri migranti,  occupando di giorno i loro giacigli  vuoti  ma la sera venivano scacciati  a sassate e a volte con secchi d’acqua gelata.  Due cuccioli  non arrivarono a tre mesi e  un giorno non si seppe più niente di loro.  Per fortuna durante il giorno qualcuno di buon cuore si avventurava in quel disastro per portare da mangiare a una colonia di gatti e lasciava un po’ di latte per i due cuccioli  in vita.

Avevano occhi tristi , gli mancavano coccole , accudimento ,  pulizia e cibo adatto a una vita decorosa

Anselma era arrivata al bar del paese di Zafferana, non si sa come  e riceveva la carità degli avventori.  Un giorno  si era accucciata sul sedile dell’ape  di Ciro trovando cosi un buon padrone

Si erano intesi subito,  poche esigenze entrambi, una vita scombinata tutti e due.

Lei lo seguiva negli spostamenti  per il lavoro, faceva la guardia  alla casa quando lui  si assentava.  Lo sentiva da lontano  e quando lo vedeva arrivare  sulla sua APE vecchia e rumorosa ma sempre riconoscibile per quel  pezzo di legno colorato   attaccato  sulla ribalta  si attaccava alle sue gambe

Quel pezzo di legno , aveva un grande valore per Ciro, lo ridipingeva spesso perché era la sua eredità

Una   parte posteriore del vecchio carro di famiglia decorato  con il quale si facevano i lavori in campagna. Anselma  lo vedeva  scendere veloce per la stradella di casa con quel traballante  mezzo.

Era piccolo, magro, ossuto, vestito con una giacchettaccia logora  ma non lacerata, la sorella spesso ricuciva gli strappi e aggiustava i bottoni. I pantaloni  poggiavano sulle scarpe vecchie di fango a mo di organetto. La  sua faccia scavata metteva in evidenza due guancette  rosse,  una bocca incorniciata  da baffi bianco -grigi. Aveva  un’espressione sorridente oserei dire sognatrice  spesso quando faceva fermate a bere un goccetto di vino.  Portava un  cappellaccio sbertucciato che riparava la sua testa piccola coprendo anche una parte della fronte non nascondendo  però  gli occhi vivaci dall’espressione  furba e scherzosa.

Era un  personaggio unico, viveva giorno per giorno di quello che riusciva  a  racimolare.

A modo suo era un poeta , improvvisava canti e poesie in rima  alle fiere di paese. La cagnetta Anselma era diventata la sua compagna di vita ,  quando erano in giro  per i mercati,  riceveva tante attenzioni e buon cibo e al rientro digiunava per diversi giorni.

Una vita sempre uguale,  di intese silenziose , si vedeva che fra loro regnava  l’armonia

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Autore: lamatitaperscrivereilcielo

Lamatitaperscrivereilcielo è un progetto di scrittura, legata all'anima delle persone che condividono un percorso di scoperta, di osservazione e di ricordo. Questo blog intende raccontare quanto non è facilmente visibile che abbia una relazione con l'Umanità nelle sue varie espressioni

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