Profumi in coro per Sandra

Il coro dei profumi – di Sandra Conticini

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La Signora Cannella  era arrivata dalla Tunisia tutta vestita di giallo senape compresi orecchini, scarpe e borsa.

Si vedeva che si sentiva bene con quella sua mise. Con aria serafica e sorridente scendeva sculettando la scala.

Ma si rabbuiò quasi subito quando sentì quell’odoraccio intenso di Garofano Chiodo, anzi c’erano addirittura anche i tre gemelli tutti puzzolenti uguali.

In quel salone non ci poteva stare, le finestre erano chiuse, le mancava l’aria e svenne.

Subito arrivò il Signor Finocchio con una bottiglia di aceto e quando Cannella si riebbe si scusò per quello che era successo e se ne tornò nella sua Tunisia insieme a Miele, che era un po’ appiccicoso, ma almeno era dolce e profumava di fiori e di bosco. 

Profumo di finocchio per Stefania

Il vento, lì, profuma di finocchio – di Stefania Bonanni

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Era una macchia d’erba, fatta di fili lunghi e luminosi, in cima agli steli verdi lampeggiavano punte gialle, di fiori piccoli e secchi, pieni di semi piccini piccini. Nulla di che, erba lunga lunga…Poi una ventatina, e si allarga tutt’intorno un odore bianco e celeste, di anice e camomilla, un odore di dolcezze nascoste, di segreti appena appena mormorati, buoni per nasi preparati e pronti allo stupore.

Fu quella voglia solita, di portarsi dietro un po’ di meraviglia. Raccolsi una manciata di steli, ne feci un mazzolino e lo attaccai a testa in giu, nella mia cucina. Usai i semi nel minestrone, nelle polpette, nel ragu’, poi ne piantati un po’, senza istruzioni.

Adesso, in quel giardino, c’è una piccola foresta di steli lunghi e profumati, verdi verdi, poi gialli al sole. E piegano la testa nel verso del vento, e profumano intorno. Una siepe di finocchio, che balla e colora il vento. Il profumo del vento, lì, e’ profumo di finocchio.

Profumo di finocchio per Tina

Il finocchio – di Tina Conti

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PROFUMO E SAPORE IL FINOCCHIO

Non eravamo   al mercato delle spezie di Marrakech ma nella nostra stanza  del giovedì che è stata treno,  nave , aereo, stazione e molto altro. Al buio,  si certo al buio, tutte le matite impegnate a odorare,  scoprire e cercare di riconoscere cosa contenevano  quei piccoli barattolini .Davanti  a noi,  quel pezzetto di castagnaccio,  morbido e invitante che Carmela ha portato per ammaliarci ci confondeva,  quel quadratino profumava e invitava ad affondarci  i denti dentro . Non si sentivano i rumori di quella piazza caotica e arruffata  ma  scorrevano  sotto i nostri nasi. In silenzio odori misteriosi. Difficile scegliere,  fra questo svolazzare di ricordi e emozioni. Si,  sceglierò il finocchio,  ma anche tutto il resto mi intriga e mi inonda di sensazioni. Il nostro finocchio selvatico che nasce dove vuole,  cresce in altezza con steli lunghi e sinuosi creando bordi ricamati  nei campi .Delicato e verde con ciuffi vaporosi in primavera,  cresce alto  e si colora in estate mostrando i suoi delicati ombrelli  gialli,  scurisce e diventa legnoso in autunno mostrando quei semini saporiti e allungati. La prima gelata arrostisce la pianta che comincia a piegare gli steli. Lo disegno spesso con i miei acquerelli,  non manca  nei mazzolini che compongo per casa.. Faccio mazzetti che lego a collana e appendo in cucina. Si sentirà il suo odore forte fino a Natale. Non so immaginare i miei piatti  invernali senza questo profumo,  accompagna le salse nelle carni di maiale,  bolle nella pentola insieme alle castagne,  consola nelle tisane il mal di pancia  dopo  le abbuffate della feste. Nel giardino ho già tagliato i vecchi steli e scoperto che i nuovi getti a ciuffo sono già formati,  se le gelate invernali li seccheranno,  rispunteranno coraggiosi in primavera.

Il profumo del castagnaccio per Carla

Il castagnaccio – di Carla Faggi

Hai scoperto il mio punto debole, vero?

Mi sono accorta subito che ero in tuo potere.

Sei apparso davanti a me e mi hai conquistata.

Mi sono sentita avvolta, le mie papille hanno vibrato.

Io ti volevo subito!

Ma mi è stato detto no, non ancora.

Mi sono accorta allora di essere fragile, in preda alla bramosia.

Il tuo profumo era rotondo, un po’ polveroso, invitante, avvolgente da goccioline alla bocca, protettivo da moglie e buoi dei paesi tuoi.

Lo so sono viziosa, non so resistere, però ho aspettato ancora un po’ nonostante il tuo richiamo si facesse sempre più pressante.

Ti ho guardato, eri proprio come il tuo profumo preannunciava: bruno, morbido e pungente, dolce e salato. È così che ti voglio!

E allora ho trasgredito, in fondo sono sempre stata una trasgressiva, mi sono avvicinata a te, ti ho preso, ti ho morso, ti ho gustato, ti ho avuto!

Sei unico castagnaccio mio!

Sarai il mio solo e unico…ma poi mi sono guardata attorno…e quello cos’è?

Che biscotto strano, mi incuriosisce.

Lo spoglio, non sento profumo però mi fido.

E allora lo mordo, lo sento, sapore pieno, appagante.

Si! ho fatto bene, nella vita è sempre meglio non fermarsi al primo sapore!

Origano la scelta di Rossella

ORIGANO – di Rossella Gallori

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Prima parte, di una parte

Pensavo ad un avvenire migliore, ero vivo, sano, piccolo ma fiero, prestante, persistente, uno che definivano” ganzo”.

Stavo li, cioè non solo li, a volte in un vasetto, a volte in un vasone,  in orto, su un balcone.

Poi andai al mare, un mare secco asciutto, forse senza acqua, ma con un sole, così sole….da togliermi l’ acqua dalle vene.

Fine prima parte

Lei era lì tronfia , rigonfia, alta sui fianchi morbidi, liscia di pancia, una regina, una pasta di femmina, una femmina di pasta, rotonda quel tanto da accogliere, raccogliere, aveva più esperienza di me, sicuramente.

Fine seconda parte

…mi ridusse in polvere, o quasi, conservai di me solo il profumo…quello no, quella zoccola di pizza non me l’ aveva tolto.

 Lottai per lei,  schiacciai il pomodoro, feci attentati alla mozzarella, soffocai i capperi uno ad uno…per non lasciarla più, mi ci spiaggiai sopra, corpo su corpo.

Profumo su calore

Lei regina, io imperatore… ORIGANO, per sempre

Nella giostra dei profumi il giro di Cannella per mano a Rossellina

Signora Cannella – di Rossella Bonechi

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La Senora Cannella aprì l’armadio per scegliere l’abito con cui presentarsi al mondo. Non aveva voglia dei colori Autunno – Strudel e agguantò decisamente l’abito giallo arancio rosso della Torta di Mele: dorato e opulento, con sfumature caramellate proprio come lei, mediamente dolce, soffice e impalpabile proprio come lei, con quelle stecchine cucite sui bordi, profumate proprio come lei. Sì, avrebbe sparso tutto il suo aroma camminando ancheggiante per le strade, avrebbe spruzzato saluti aromatici e sorrisi illuminando sicuramente la giornata di qualcuno.

Questo pensiero la rese oltremodo felice e scese le scale a quattro a quattro pregustando la visita al negozio di Pepe, il pasticcere, che avrebbe attinto a piene mani al contenuto abbondante delle tasche del suo vestito. E un brivido leggero la scosse al pensiero dello sguardo fugace ma inequivocabile che Senor Zucchero avrebbe lanciato alla sua scollatura, cosa che provocò un leggero velo odoroso lungo la strada.

Il suo aroma avrebbe per un po’ avvolto il quartiere Sao Tomè, qualcuno ad occhi chiusi avrebbe pizzicato una chitarra, qualcun altro improvvisato passi di danza. La domenica della Senora Cannella era attesa da tutti i golosi e lei non poteva deluderli. Forza, una scrollata di spalle ad elargirne finché ce n’è!

Profumi protagonisti: l’origano di Luca

Origano – di Luca Miraglia

foto di Lucia Bettoni

Me ne sto sdraiato al sole.

La luce è abbagliante e infuoca la sabbia e la brezza salmastra che rade il suolo.

Mi guardo intorno e mille e mille come me: chi solitario appeso a un rametto, chi a mazzi ancora verdi e chi invece rinsecchito e scuro, chi addirittura ancora in fiore.

Ecco: piedi umani si avvicinano nella macchia e un grembiale si stende leggero accanto a me. Mani gentili mi raccolgono e mi ammucchiano in una tasca profumata di essenze a me sconosciute: improvvisa ombra e poi vetro e poi fuoco e poi rosso pomodoro e poi ancora fuoco, e non posso fare altro che scoppiare di me, tanto da inondare il rosso e il fuoco e l’aria intorno dell’aroma della mia essenza.

Non saprò mai il senso di tutto ciò, ma che importa….

In quella macchia, tra quella sabbia arroventata in riva al mare ho lasciato un seme di me che saprà raccontare altre storie.

La serata dei profumi – L’aceto di Nadia


ACETO! – di Nadia Peruzzi

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Spesso mi associano al vino andato a male. Quindi sembra che il mio destino sia quello di un ragazzo di scarto. Di secondo livello.
Vuoi mettere rispetto a Messere vino rosso? O a una mela dalle guance rosse e gialle da prendere a morsi?
Eppure ho una personalità tutta mia .
Sono acre, è vero! Qualche narice un po’troppo delicata, si può pure offendere. Ce ne sono di quelle da Chanel N5 e poi il nulla. Tanto sono le loro cuoche a fare i conti con me in cucina!
Non per questo sono per forza antipatico.
Gli antipatici, di solito, sono quelli che sciupano le compagnie.
Io, invece, in compagnia dell’agnello che cucinava mamma Luisa ho sempre fatto capolavori di sapore e di prelibatezza.
Se non fosse stato così non sarebbe mai passato dalla Liguria alla Toscana, e di madre in figlia e di nonna in nipote!
Che bello sapere che comunque vada ho un ruolo e sono pure entrato in un asse ereditario.
E chi ha narici che si offendono , senza pensare al dopo, al che cosa e al come..beh,peccato per lui.
Ah, quasi dimenticavo.
Tanto male non sono se un fantino del Palio di Siena, con addosso il mio nome, ha vinto più gare di tutti!
Bambini, non voglio infierire ulteriormente con queste vanterie, rischierei di apparire un po’ presuntuoso e correrei il rischio che mi mettiate nella casella degli antipatici.
Volevo solo dire che anche un profumo un po’ acre ha un suo perché .
Una sua storia positiva e i suoi successi, fuori e dentro la cucina.
Altro che “andato a male”!

Muri e muretti per Gabriella

Muro – di Gabriella Crisafulli

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E si apre una porta che si affaccia su una vita.

C’è il muro delle esercitazioni nel campo d’addestramento accanto al CAR
di Como.

Si era buttata giù.

Il volo le aveva causato alcuni punti di sutura in testa.

Ci sono i muri a secco che abbracciano i mandorli e gli olivi di Monte
Farella.

Terrazzavano il colle, bordavano il cortile di casa, delimitavano la
vigna, circondavano l’aia dinanzi al trullo della nonnina Anna.

E poi c’erano i muretti di quando andava a fare l’amore sotto la chiesa
di San Miniato: si affacciavano su un futuro radioso ricco di tanto affetto.

Conservava ancora in casa un frammento del muro di Berlino, omaggio dei
suoi ospiti americani.

Era felice: le immagini dei Vopos che sparavano su chi lo scavalcava per
andare ad ovest la facevano soffrire.

Pensava che non ci sarebbe mai più stato nulla di simile anche se Tullia
Zevi, presidente della Comunità Israelitica Italiana, sin da quei tempi
intravedeva rischi e pericoli.

Non l’aveva presa in considerazione.

Adesso era al muro del pianto con il cuore spezzato.

Notte dopo notte si dondolava avanti e indietro infilando bigliettini
tra le fessure, ripetendo “Basta, basta, basta!”

Muri della campagna inglese per Nadia

MURI DI PIETRA – di Nadia Peruzzi

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Tutto iniziò con dei muri di pietra, nella lontana Inghilterra a partire dal sedicesimo secolo.
A vederli erano pure belli sul verde smeraldo della campagna inglese, bagnato dalle piogge ricorrenti e dalle brume persistenti, dense e dalle nebbie che impedivano di vedere da qui a lì.
Usarono i contadini per costruirli.  Bianchi, pietra su pietra, muri a secco dall’aspetto inoffensivo e artistici. Parlavano la lingua di una grande sapienza e maestria, e dunque nulla di sotterraneamente pericoloso per chi li costruiva, anzi una finestra aperta su un futuro di grandi cambiamenti che per forza dovevano essere positivi.
I contadini lavoravano spediti.  La pianura si riempì in poco tempo.  Anche le dolci colline ne furono invase e quasi impreziosite. Quei muri di pietra bianca una sull’altra rompevano la monotonia che c’era stata fino a quel momento.
Chi si rompeva le mani d’estate e soprattutto in inverno per tirarli su, non coglieva il disegno che qualcuno aveva in testa da un po’. 
Lo scoprì più tardi, a poco a poco. Quello che era stato di servitù pubblica, anche se incolto, attorno ai villaggi e alle chiese, passò in mano a pochi e quei pochi non erano loro.
Per raccogliere quello che serviva a sfamare sé stessi e le proprie famiglie dovettero, a questo punto, sottomettersi ad un padrone.  Il muretto innocuo segnava la linea della proprietà dalla quale erano esclusi.
Su quelle colline e pianure color smeraldo punteggiate di bianco, agricoltura intensiva e capitalismo cominciarono a tenersi per mano. Il bello nascondeva un diavolo, come spesso accade.
Poi è stato ciò che la storia ci racconta.  Sviluppo inarrestabile, senza idea di un limite e muri a questo punto più alti elevati a difesa. 
La muraglia più alta, dalla notte dei tempi, quella che separa ricchi e ricchissimi dagli ultimi e penultimi sempre più poveri e senza mezzi. 
Gli ultimi della fila schiacciati a terra, e deprivati anche della forza e della volontà di infilare anche solo un piccolo cuneo per iniziare a buttarla giù. 
All’orizzonte nemmeno quel Robin Hood che ci ha fatto sognare da bambini e ci ha fatto schierare contro lo sceriffo di Nottingham e i crudeli suoi pari! 

Il muro con la porticina di Sandra

Il muro – di Sandra Conticini

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Vorrei sentirmi protetta da un bel muro di recinzione alto, anzi molto alto che, oltre a proteggere una grande villa, mi potesse nascondere  dalle insidie del mondo. Non voglio vedere e sentire i fatti che  questo brutto momento  ci riserva. Ci sono soltanto guerre, malattie, cattiveria e presunzione. Starei nel giardino insieme al rumore rilassante dell’acqua che scorre,  un  bel panorama, bei tramonti colorati, ed il canto dei grilli e degli uccelli.

Mi sentirei  protetta, ma sarei isolata dal mondo e soprattutto  dal piacere di vedere chi mi ama e con i quali potrei passare momenti piacevoli in  tranquillità.

Ho deciso… starò dietro quel muro di pietra, ma lascerò una porticina invisibile, di cui soltanto pochi sapranno l’esistenza, e farò passare solo chi voglio.

Il muro ricco di vita di Tina

IL MURO – di Tina Conti

foto di Tina Conti

Devo confessare che ho sempre desiderato provare a impastare calce  e mattoni, mi incantavo a guardare i vari operai che dal niente tiravano su pareti e case.

Da bambina ho molto giocato con terra, sabbia, legni e pietre, ma non ho

mai  provato a usare la calce quando ho aiutato ORLANDO a casa mia a costruire i muretti del parcheggio

Ho sempre avuto il ruolo del manovale: con un cenno della testa lui  mi

indicava quando azionare la betoniera e quando mettere acqua, niente di più e la sera, lasciava tutti gli strumenti puliti. Non potevo neppure pensare di  fargli una sorpresa, si sarebbe molto offeso .Il desiderio di fare case e rifugi  e muri e’  naturale  negli uomini e i bambini spontaneamente vi si applicano.

 Le insegnanti tedesche in visita alla nostra scuola ci hanno con sorpresa, mostrato  immagini straordinari, contenute nel libro delle loro attività.

in una si vedeva un bambino  nella vaschetta ricoperto di fango che con i piedi penzoloni  si rotolava divertito

In un’altra si vedeva un ragazzino con stivali e lungo grembiule impermeabile che con un mattone in mano  posava   la calce su un muretto.

Queste  esperienze ci fanno capire che costruire muri  per difendersi, proteggersi, nascondersi sarà sempre una prerogativa degli esseri umani.

Nel nostro territorio abbiamo varieta’ diverse di costruzione di muri e muretti. Il materiale spesso veniva prelevato dai campi  che così venivano

liberati per permettere alle  culture  di essere impiantate. Accatastato, veniva usato per muri a secco e le case.

Le belle pietre sbozzate invece servivano per recinzione di giardini, muri di

palazzi nobiliari e fortezze.

I bei muri  intonacati a calce e decorati con disegni geometrici che si possono ancora incontrare nelle strade  della campagna prossima alla

citta’, sono quasi delle opere d’arte, si  diversificano molto da quelli  che

a protezione di incursioni presentano sulla sommita’ cocci di vetro.

Nella nostra societa’  la storia di muri di separaione  e segregazione  prosegue con le sue crudelta’.

Nel mio ultimo viaggio in IRLANDA, terra verde e con una natura semplice

e essenziale, le divisione fra i vari gruppi religiosi e politici si leggono ancora nel paesaggio e nei territori dove i muri a volte sempre più alti

hanno segnato la vitae la storia di queste  persone.

La mia cara amica ANNA MICELI ha disegnato e scritto un bel libro per bambini intitolato “ gli inquilini  del  muro”: con attenta osservazione e

maestria ha descritto la vita nelle varie fasi di animali, piante  e insetti che

si fanno casa nei muri di pietra. Senza parole le immagini raccontano con poesia la  bella storia della natura