Lettera agli uccellini di Cecilia

Lettera agli uccellini – di Cecilia Trinci

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Cari uccellini,

come ogni anno ho messo i semi avvolti nel burro vegetale sul vostro angolo in terrazza.

Vi spio, ora, dalla mia scrivania con il computer acceso che illumina appena la finestra, voglio sapere se vi siete accorti della novità, ma non c’era dubbio che avreste visto le palle nuove, piene di semi buoni.

Vedo il filo dei panni che vi annuncia tremando. So che ci siete e allora mi sporgo un po’ per vedervi planare con titubanza sul piattino, zampettando, aggiustando le ali per poi becchettare in fretta, prima che arrivino gli altri o prima che arrivi un rumore che vi spaventi.

Pancine tonde, capini piccoli e tenerissimi e occhietti intensi, pungenti, scuri tra le penne colorate, gambine sottili sottili, come rametti secchi.

Picchiettate come forsennati  quelle palle e mi domando se scegliete i semi che vi piacciono di più oppure procedete a caso, come viene viene. Girasole, lino, miglio, zucca e poi mandorle e noci impastate con farina di mais, ogni anno ne fate fuori una fortuna! Mi piace notare i colori: capini rossi su pance marroncine, petti rossi su corpi scuri e le cince con il giallo e il blu a tinte forti. Lo sanno che il piatto è per i più piccoli. I piccioni aspettano le briciole nel cortile.

C’è un razzismo anche verso gli uccelli. I piccioni fastidiosi, troppo grandi, i corvi spaventano con i loro vocioni, le gazze belle ma dispettose e le ghiandaie carnivore devastano i nidi dei loro simili. I passerotti, le cince, i cardellini, i fringuelli, i pettirossi e i maestosi merli dal becco giallo sono principesche figure di compagnia, non solo tollerati ma rispettati e un po’, nel mio caso, viziati da buoni bocconcini per affrontare il prossimo freddo.

Bellezza…strano e personale concetto.

 Non sono belli forse anche i piccioni con l’argento delle piume e le coccole che solo loro sanno dedicarsi? E le ghiandaie con le piccole penne a strisce sul blu che mi piace raccogliere da terra e conservare. In volo gracchiano i corvi giganti, come facciano non si sa con quei grossi agilissimi corpi ad attraversare il cielo. Ogni tanto si appoggiano al suolo, camminando come persone dondolanti e pensose, le mani dietro la schiena e lo sguardo in basso, meditano, camminano e beccano, a passi lunghi e lenti. Già le tortore sono borderline, la somiglianza con i piccioni le penalizza, eppure sono più aggraziate, più gentili, con un verso lamentoso a cui non si sa dare consolazione. Stanno a distanza, nessuna di loro si avvicina al terrazzo, lo sanno bene di essere guardate con incertezza. Saranno belle? Non ci sono canoni che ci aiutino a giudicarle.

Cari uccellini, anche voi mi spiate, mi tenete d’occhio, sapete quando esco in terrazza o quando vi spio dai vetri. Mi vedete bella, spettinata e in vestaglia sul terrazzo?  O mi credete  un uccellone strano su due zampe che non sa volare, ma almeno vi coccola di semi? La bellezza è soggettiva e strana, forse solo una piccola vibrazione di affetto

Vecchioni e la lettera d’amore di Gabriella

E scrivere d’amore,
E scrivere d’amore,
Anche se si fa ridere
Anche quando la guardi,
Anche mentre la perdi
Quello che conta è scrivere
E non aver paura,
Non aver mai paura
Di essere ridicoli:
Solo chi non ha scritto mai
Lettere d’amore
Fa veramente rider
e

E scrivere d’amore … – di Gabriella Crisafulli

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Quando era piccola, mentre passeggiavamo insieme, le proponevo viaggi immaginari ma lei rispondeva sempre: “Babbo mio, mamma mia, casa mia.”

Se insistevo ripeteva: “Babbo mio, mamma mia, casa mia.”

Ho sempre avuto l’impressione che le mie strategie seduttive con lei non fossero efficaci.

Apprezzava molto quello che le mettevo a disposizione, i coccini, gli orsi, il carrettini, le costruzioni, la fattoria, i pennarelli, … ma mi sembrava che non le piacesse nulla di quello che mi appassionava come ad esempio i burattini. Quando però arrivava la sera ed era l’ora di andare a letto non si stancava mai di ascoltare le fiabe che le leggevo.

Adesso che è un’adolescente faccio fatica a sintonizzarmi sulla sua lunghezza d’onda. La sento lontana, irraggiungibile, quando invece vorrei esserle vicina in momenti complessi come quelli che sta attraversando.

Allora per starle accanto le ho scritto una lettera, una lettera d’amore.

So che potrò farla ridere e che forse mi prenderà in giro o, ancora peggio, non mi prenderà proprio in considerazione ma ho voluto provare a mandarle tutto il mio affetto.

Ciao pulcetta. Ciao piccola.

Ma che dico!

Piccola?

Tu sei grande adesso, grande grande!

Non come la mamma.

Non come me, certo.

Ma quasi adulta.

Come stai?

Come ti senti?

È brutto essere ammalati, vero?

Pensavo che potevo venire da te a leggerti qualcosa.

Ricordi le storie che ti raccontavo quando eri piccola?

Quelle di Calvino.

Ti piacciono ancora?

Io le adoro anche se sono vecchia.

“Butto?” diceva il gigante

“E butta!” gli rispondeva Giovannino mentre continuava tranquillamente a mangiare il ben di Dio che c’era sul tavolo apparecchiato nel salone del castello.

E Gianni il Babbeo?

Era proprio un tipo fuori del comune.

I fratelli lo snobbavano ma la principessa volle lui perché riusciva a farla ridere mentre gli altri pretendenti erano noiosi da morire!

Quando sono stressata o non riesco a dormire o mi ammalo mi piace rifugiarmi dentro le storie.

Non penso alla spesa, al bucato, alle cose in disordine da rimettere … e mi avvolgo dentro parole che mentre scorrono mi proiettano un film.

In queste sere vado in Polonia con la storia di due signori anziani, un uomo ed una donna, che vivono in un posto isolato, coperto da una spessa coltre di neve, circondato da boschi e popolato da famiglie di renne.

Questi due scoprono che un loro vicino, vecchio anche lui, è morto.

Lo trovano in una casa lì nei pressi, steso stecchito sul pavimento della cucina.

Era un tipo prepotente e litigioso, avaro e dispettoso.

Chiamano la polizia ma non risponde nessuno alle loro telefonate perché sono in un luogo al confine con un altro stato e non c’è campo …  

Intanto però nei paraggi forse si aggira un male intenzionato?

Ancora non lo so.

Alcune volte, la sera, quando vado a letto, anziché leggere, mi racconto la storia di qualcuno che entra in casa ed io cerco il motivo per cui lo fa.

È un alunno che ho trattato male e se l’è legata al dito?

È una donna a cui tanti anni fa ho rubato il fidanzato e adesso vuole vendicarsi?

È una spia che cerca un pacco erroneamente consegnato da un corriere?

Di solito non sciolgo l’enigma perché mi addormento prima di trovare la risposta.

Chissà cosa mi inventerò stasera, con il vento che soffia e sibila nella canna del camino, spalanca le finestre e, con un rumore sinistro, butta giù le scatole appoggiate in equilibrio precario sulle scale.

Forse penserò a te, come faccio spesso, ti accarezzerò i capelli, ti abbraccerò stretta stretta e sentirò il tuo profumo.

Ciao nipotina mia.

Tvb

Nonna Gabriella

Oriah Mountain Dreamer ispira Daniele a scrivere una storia alla luce di un camino acceso

Non mi interessa dove vivi o quanti soldi hai,
voglio sapere se riesci ad alzarti dopo una notte di dolore
e disperazione consumata fino all’osso
e fare ciò che deve essere fatto per i bambini.
non mi interessa sapere chi sei o come sei giunto qui.
Voglio sapere se staresti al centro del fuoco con me senza indietreggiare.
Non mi interessa sapere dove o cosa o con chi hai studiato.
Voglio sapere se puoi stare solo con te stesso, e se veramente ami la compagnia che tieni a te stesso nei momenti vuoti.

Scelte di vita – di Daniele Violi

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La Vita di Irene e Sergio si era incrociata durante l’occupazione delle terre abbandonate di proprietà del marchese Del Grillo. Con altre compagne e altri compagni di avventura, erano riusciti a convincere coloro che erano meno convinti di raggiungere il loro obbiettivo, si erano resi disponibili non più di tanto a sopportare in continuità le aspirazioni di dividere una scelta di Vita nella natura, dopo aver studiato la materia in una facoltà molto movimentata dove pullulavano belle intelligenze destinate ad aprirsi alla vita e nel lavoro con interesse. Insomma le loro aspirazioni erano state raggiunte, la cooperativa agricola da qualche decennio dava soddisfazione e la vita all’interno si caratterizzava spesso per dibattiti per la conduzione e per lo scambio di opinioni sulla realtà di questa comunità. La loro unione aveva regalato due bambini: Davide e Demetrio. La Vita di coppia era scandita dalle stagioni, dalle attività e da serate davanti al fuoco. Quanti interrogativi si amplificavano davanti al focolare. La loro casa era come le altre frequentata continuamente da altre coppie che dividevano l’esperienza lavorativa. Tanti giovani che si appassionavano a quella scelta di vita, ospitavano in casa loro; eran ben accolti e negli scambi relazionali di lunghi momenti di confronto si avvertivano tutti i sentimenti forti che una scelta appassionata si porta dietro. Tanti sono gli interrogativi che si incrociano tra persone navigate su una scelta di vita diversa rispetto alla tendenza prevalente di svolgere un lavoro poco impegnativo. Molti giovani sono attratti da attività facili, la campagna resta un ambiente difficile e faticoso. Per Irene e Sergio erano argomenti che li appassionavano e li coinvolgevano, riscaldati davanti al focolare, dove anche il piacere della compagnia li faceva sentire meno soli e rafforzava le loro convinzioni. Questi i sentimenti e le storie che tornavano in mente. Il piacere di sentire la robustezza di avere fatto una scelta, Irene e Sergio sentivano di avere consolidato la loro unione di amore e di vita. Una vita desiderata con forza che li rendeva aperti a tutti gli orizzonti ed a affrontare tutti gli ostacoli e i sacrifici con il sorriso.