Neruda e i versi più tristi per Carmela

Posso scrivere i versi più tristi questa notte.
Scrivere, ad esempio: «La notte è stellata,
e tremolano, azzurri, gli astri, in lontananza».
Il vento della notte gira nel cielo e canta.

I versi più tristi – di Carmela De Pilla

Photo by Oleksandr P on Pexels.com

Il vento della notte gira nel cielo e canta, canta la stessa canzone che ho sentito quel giorno mentre fili d’argento e d’oro ci avvolgevano in un abbraccio eterno, si sono mescolati al nostro amore e noi eravamo felici.

Io, bella nel vestito bianco, con i capelli di grano al sole ero raggiante e lui con gli occhi pieni di sogni assaporava la mia gioia, guardata da tutti e forse anche invidiata salivo la ripida scalinata seguita dal lungo strascico trinato come prato di margherite, salivo lenta e radiosa per incontrare l’amore.

Un raggio di sole si appoggiò su una monetina che brillò come diamante, la raccolsi e sorrisi, erano dieci lire, quelle di una volta che sembravano d’argento, ma non lo erano, una giovane donna, giapponese mi sembrava, mi si avvicinò e con un delicato sorriso mi disse in un italiano stentato “Ti poltelà foltuna!”

Questo augurio mi accompagnò finché non nacque Alessandro, ero piena di me, felice di diventare mamma, non mi spaventò né il dolore né la fatica del parto, ma mi bastò vederlo per capire che da quel momento la mia vita si sarebbe frantumata e lui poco a poco me l’avrebbe divorata.

“Il bambino ha qualche problema” ci disse il dottore, poi seppi che alcune parti cerebrali erano state compresse dal forcipe.

L’ho amato più di me stessa quel bambino fragile come fiocco di neve, l’ho protetto contro l’ignoranza, mi sono sostituita a lui e ho vissuto per lui e ora che sono quassù continuo a vegliare sull’adulto che è, non mi resta altro da fare.

Questa notte scriverò i versi più tristi, anche se la notte è stellata e tremolano, azzurri, gli astri in lontananza, ascolterò il canto del vento, ma sarà un canto triste.

Con Pavese lo sguardo di Patrizia

Dov’è stesa occhi chiusi la donna non parla
né sorride, stanotte, dalla bocca piegata
alla livida spalla. Rivela sul corpo
finalmente la stretta di un uomo: la sola
che potesse segnarla, e le ha spento il sorriso.

Vedo – di Patrizia Fusi

Photo by Miriam Espacio on Pexels.com

Dall’alto vedo il mio corpo contorto sul sedile posteriore della macchina vedo il mio corpo straziato dalla tua ferocia nel colpirmi, ora non sento più dolore, tu che dicevi di amarmi che non sapevi vivere senza di me, ora dovrai farlo.

Nell’ultimo alito di vita che era dentro me, mi è passato davanti agli occhi tutta la storia: momenti gioiosi con mio fratello, da piccoli, mentre correvamo ai giardini rincorrendo il nostro cane Meta, sentendoci protetti dallo sguardo amorevole dei nostri genitori.

Il primo giorno di scuola, le feste gioiose dei compleanni, le ricorrenze natalizie passate con le famiglie degli zii e dei nonni, tanto cibo, regali, tanta compagnia e affetto.

La prima volta in gita sulla neve con i compagni del liceo, dove ci siamo guardati con occhi diversi.

I primi turbamenti d’amore, il piacere d’amare.

Il primo rapporto amoroso con tanta insicurezza, che negli incontri successivi si è sciolto, si è trasformato in piacere fisico e amore mentale.

Il tuo essere dolce premuroso e attento alle mie esigenze, fino a quando non sei diventato ossessivo facendo diventare il nostro amore una prigione.

Il sentirti fragile, il tuo non volere accettare la fine del nostro amore, la paura che tu non superassi il nostro distacco e ti potessi fare del male.

Il male l’ho ricevuto io per mano tua, ora del mio corpo puoi fare quello che  vuoi, io volo via verso la luce.

A proposito di grandi amori una pagina di Rossella del febbraio 2015

La cravatta – di Rossella Gallori

La cravatta

Camminavamo piano per ritardare il nostro rientro  casa, eravamo in tre: lui , io e la nostra straordinaria capacità di stare insieme; la sua grande mano, le sue dita forti e  ahimè  ingiallite dalla nicotina, mi stringevano così forte, che ancor oggi ne avverto il calore.

Le nostre giornate erano lunghe ma mai faticose, partivamo all’alba : lui ,il suo profumo, le sue Turmac ,la sua valigia di pelle pesante  e la sua bambina con la borraccetta di plastica rossa.
Chiudevamo in fretta la porta di casa, salutavamo  la mamma, lui con un bacio ed io con un frettoloso “ ciao “  che non mi so ancora perdonare.

Un’ultima occhiata al campionario “i nostri cencini “… e via per la Toscana

Il rappresentante e la bambina per parafrasare una canzone di Ron.

Spesso entravo anche io nei piccoli laboratori, nelle fabbrichette, altre volte lo aspettavo fuori in macchina … spesso per ore.. ma per magia non avevo né freddo né caldo ne fame ne sete ..e mai che mi fosse scappata la pipì; continuavo a parlare con lui anche quando non c’ era, gli facevo domande e ricevevo risposte

Lui  era un acuto osservatore di persone ….di sguardi …di sensazioni e lo aveva insegnato a me, la sua unica eredità .

Ci fermavamo a mangiare dove capitava: una fetta di berlingozzo, un neccio, un panino con la salsiccia, qualche ricciarello a volte i suoi clienti ci invitavano a casa,  un piatto caldo.. ..non so se questo mi piaceva; troppa gente intorno, ma spesso ci guardavamo: occhi uguali, il labbro superiore appena accennato, capelli ondulati che si differenziavano dai miei solo nel colore. Lui la mia matrioska per sempre….Non ci volevamo dimenticare e ci siamo riusciti.

Poi se la stagione lo permetteva fermava la  1100 grigia vicino ad uno spazio verde  stendeva  il plaid scozzese per terra e li “ si ragionava “  come diceva lui ..Strano ripensandoci non abbiamo mai fatto progetti per il futuro; non mi ha insegnato ad essere felice senza di lui, ma non gliene faccio una colpa.

Se faceva freddo ci fermavamo per un caffè, in qualche barretto di campagna, un caffè in due…me ne lasciava un po’ nella grossa tazzina, un sapore come quello non lo sentirò mai più ed è giusto che sia così

Cresciuta al profumo del Tabacco d Harar al fumo delle Turmac  ed al sapore del caffè….

Calcolare il rientro era difficile ..ma forse poco ce ne importava; eravamo felici di fare tardi.. insieme
Ma il segnale c’ era, forte e chiaro sempre lo stesso ma mai monotono, capivo immediatamente che la giornata di lavoro era finita: toglieva la cravatta la avvolgeva lentamente intorno alle dita e infilava sempre  nella tasca destra, slacciava il primo bottone della camicia  azzurra; ha sempre avuto camice celesti e cravatte sul bleu: pois righe piccoli quadretti ma sempre  ed inesorabilmente bleu.

Speravo che “ loro” avessero già mangiato. E so che anche lui se lo augurava; trovavamo nascosta tra 2 piatti la nostra cena freddina ma buona e comunque solo per noi, una grossa fetta di pane: tu la mollica io la crosta……. dicevi  e giù risate, non  ho saputo più ridere così.

La mamma in silenzio ci guardava ..non ho mai capito se era gelosa di quel sentimento troppo forte, ma era stanca ..la casa il lavoro i figli una vita che non meritava, ma era” inutile piangere sulla Mezuzah”*  diceva quasi ridendo.

Chissà se hai portato in cielo le tue cravatte, i nostri cencini, le nostre canzoni inventate, il ragionare…..il mio non andare a scuola  ed il tuo insegnarmi cosa serve nella vita: dicevi cuore solo cuore cuore …….

* Mezuzah  pergamena con i canti della Torah corrispondenti alle prime due parti dello Shema.

Da Vecchioni lettera di fuoco per Nadia

E scrivere d’amore,
E scrivere d’amore,
Anche se si fa ridere
Anche quando la guardi,
Anche mentre la perdi
Quello che conta è scrivere
E non aver paura,
Non aver mai paura
Di essere ridicoli:
Solo chi non ha scritto mai
Lettere d’amore
Fa veramente ridere

Lettera d’amore – di Nadia Peruzzi

Photo by Pixabay on Pexels.com

Più che una scintilla. Un fuoco. Amore!
Amami, come non hai amato mai, come se non avessi incontrato mai un’altra donna nella tua vita. Amami con passione. Amami con tenerezza.
Fammi ridere! Tanto, per favore!
Prendimi per mano, anche per andare vicino. Non ho bisogno di viaggi esotici, ho bisogno del tuo contatto. Ho bisogno di te.
del tuo respiro, del tuo sorriso, delle tue mani, del tuo cuore.
Guardami fino a farmi sentire bella! So di non esserlo, ma ogni tuo sguardo mi accende, mi da calore, mi rende viva. Mi fa rinascere.
Sono anni che non mi sento così. Sto mettendo a nudo la mia anima con te. L’ho tenuta chiusa dentro mura altissime per troppo tempo e questo a volte mi fa sentire insicura.  Ho paura di soffocarti con sentimenti che non trattengo. Mi espongo, so di rischiare. Ma son così . Passione è il mio secondo nome.
So che ci sei. Questo mi basta.
Ami anche i miei silenzi. Davanti a me vedo occhi che non mentono. Sono in grado di percepirlo, malgrado l’ansia che a volte mi prende e la gran confusione che ha fatto evaporare in un attimo raziocinio, ragionamento e ragionevolezza.
Sei un complice e non solo un appoggio.
Faremo mille e mille cose insieme. Hai un animo buono e comprenderai perché , malgrado tu me lo abbia chiesto , non vivremo insieme.
Ognuno a casa sua, ognuno con i suoi spazi di libertà.
Ogni volta che ci incontreremo , sarà come se fosse la prima volta e al tempo stesso come se non ci fosse un domani.
Saremo occhi negli occhi , mani nelle mani, bocche sulle bocche.
Cammineremo in strade mai percorse, faremo cose un po’ pazze. Di quelle che mai avremmo pensato di fare.
Ma sarà anche bellissimo goderci il normale scorrere delle cose della quotidianità.
Non pensavo di scrivere una lettera così alla mia età, tesoro mio.
Quando ci incontriamo a volte mi riesce difficile tradurre in parole il vortice dei sentimenti che sto provando.
Quando ci incontriamo le parole sono un di più. Ci amiamo con gli occhi , vibriamo ad ogni tocco di mano. La mia pelle ti cerca e si concede come mai era accaduto prima.
È un giorno particolare oggi. Il giorno del tuo compleanno.  I regali arriveranno domani. Ne avremo molti di domani, insieme. È una promessa.
Oggi accontentati di questo amore che scuote la mia anima, mi ha preso del tutto di sorpresa e che riesco finalmente a tradurre in parole . Sono per te! Ognuna nella mia testa ha il ritmo di una canzone che spero arrivi a far vibrare le corde del tuo cuore.
Scrivo di noi ogni giorno.
Una novità per me.  Pagine e pagine. Li dentro ci sei tu, ci sono io , ci siamo noi!
Verrà il giorno in cui troverò il coraggio di fartele leggere quelle pagine.
Forse le leggeremo insieme, in una di quelle notti d’amore in cui vorremmo che il giorno non arrivasse mai.
Buon compleanno, amore mio.