Una frase per ognuno: “Rimbalzare tra portone e finestra” per Luca

Rimbalzare tra portone e finestra (da Rossella) – di Luca Miraglia

OLYMPUS DIGITAL CAMERA

foto di Lucia Bettoni

Pam, pam, pim, pam…

Sto passeggiando e mi arriva in lontananza un percuotere ossessivo di martelli e metalli, ma nel labirinto di questa Medina è difficile comprendere la direzione da cui proviene…

Zampetti di animali non meglio precisati lungo questo budello…

no, di qua no…

Pam, pam, pim, pam, papam…

Tessuti dai colori sgargianti e vestiti dalle fogge più improbabili lungo questo vicolo…

Ecco forse di là…

Cesti e cestini intrecciati con sapienza e maestria in questo slargo…

Pam, pam, pim, pam…

Si fa più vicino il percuotere ritmato che mi attrae, rimbalzando nell’intestino di questo folle mercato…

Inciampo nell’oscura bottega di un sarto che cuce un unico abito con accanto il venditore di pettini probabilmente riciclati…

Pam, pam, pim, pam, papam…

Vicino vicino…

Devo attraversare la bolgia della conceria a cielo aperto, tanto aberrante quanto affascinante…

Pam, pam, pim, pam…

Improvvisa ecco la piazza concerto dei fabbricatori di pentole, meravigliosi forgiatori di forme perfette, e mi lascio cullare da quel ritmo sconnesso che si fa suo malgrado creazione…

Pam, pam, pim, papam…

Una frase per ognuno: “Vorrei sapere un episodio bello che vi viene in mente della vostra lunga vita” di e per Lucia

La finestra sul tetto – di Lucia Bettoni

Foto di Lucia Bettoni

Posso rimanere qui questa notte?
Non so dove andare
Non ho più una casa
Non ho più niente
Posso rimanere?

L’ultimo piano di una grande casa colonica
Io non avevo niente
Lui non aveva niente
Non avevamo niente
neppure il letto

Abbiamo dormito su un letto gonfiabile
per almeno un mese
forse di più

Nessun mobile
solo quelli lasciati da chi
abitava lì prima di noi

In pochi giorni cominciò ad arrivare tutto:
chi ci regalava un vecchio cassettone
chi una vecchia libreria
chi un tavolo grande con il vetro sopra
perfetto per dipingere

La casa vuota si riempì delle cose di tutti
La casa più bella che abbia mai avuto
Era una casa libera
di una bellezza disarmante

Si poteva fare tutto
Tutto poteva nascere, crescere e
crescere ancora

Gli spazi perfetti
Le luci perfette
Il sapore delle cose autentiche
Lì la creatività aveva veramente la
sua casa
Nella semplicità più assoluta fiorivano
le cose senza fatica

Tutto era fluido
Tutto scorreva come un ruscello

Pochi vestiti
Poco di tutto
Poco poco
Quel poco era in ordine perfetto
un ordine che sapeva di libertà assoluta

Ma ecco un ricordo bello che bussa forte:
Il mio corpo di giovane donna
una finestra e un tetto

Ho sempre amato i tetti di coppi
delle case coloniche
Da bambina ci passavo le ore
appollaiata sopra insieme ai passerotti
e adesso quel tetto era lì
a portata di mano
anzi a portata di gambe
bastava saltare dalla finestra
e sdraiarsi sopra i coppi

Ricordo il mio corpo
e il calore del sole
sul quel tetto
come se fossi lì adesso

Quel niente
Quel tetto
Quel corpo caldo di sole
Quell’amore con gli occhi di luna

Da quella sera non sono più
andata via

Una frase per ognuno: “Rammenta e rammenda” la scelta di Carmela

Una vita da niente – di Carmela De Pilla

Photo by Pixabay on Pexels.com

Così sembrava.

Una lunga vita fatta di niente, desideri fatti di niente, storie fatte di niente eppure una lunga vita, tanti desideri e tante storie.

Storie che apparivano e sparivano come in sogno, andavano e venivano, un po’ sfocate, ma ben impresse nella carne per riconoscersi e farsi riconoscere, come a voler dire “questa sono io”.

La lunga tela tessuta con amorevole pazienza si era strappata, lacerata più volte, in alcuni punti era scomparsa persino la trama, ma lei non si era data per persa, aveva tessuto un altro pezzo e lo aveva rammendato con amorosa ostinazione perché non si vedesse il buco.

Aveva passato una vita a rammendare calzini, camicie perfino le lenzuola aveva rammendato perché niente venisse buttato, tutto doveva riprendere vita, una vita diversa, ma ugualmente viva e ora che era verso il tramonto le piaceva rammentare a tutti che quella vita fatta di niente era stracolma di bellezza, ogni rammendo una storia, tante storie da raccontare perché niente venga perso.

Ogni vita strappata, lacerata e poi rammendata deve essere rammentata perché diventi un bene prezioso per tutti noi.

Isolamento e piazza di Nadia

La piazza della signora Pina – di Nadia Peruzzi

Photo by Alex Umbelino on Pexels.com


Per la signora Pina i due anni di isolamento da covid erano stati terribili.
Non tanto per il fastidio di quelle mascherine soffocanti , ma perché il covid le aveva tolto il suo regno, il suo spazio vitale.
Aveva perso il gusto della piazza, dello stare in piazza , anche del solo attraversarla salutando Luciano , il vecchio calzolaio, o Gilberto quel bel signore con cui trovava sempre qualcosa di piacevole di cui parlare.
Si era chiusa in casa , fra due mura e una tv.
Aveva visto di tutto un po’. Il mondo a portata di mano 24 ore su 24 , ma una brutta sensazione di soffocamento e chiusura, come se si trattasse di una prigione se la divorò in quei due lunghissimi anni.
Cina , India, Giappone, Birmania , il Messico in quella piazza mediatica c’era di tutto.
Ma lei pensava , alla sua piazza, quella vera,  a quella bella panchina dove spesso si fermava a conversare.  A volte stava zitta zitta , perché le piaceva ascoltare gli altri. Anche il calcio che non guardava mai , attorno a quella panchina finiva per diventarle interessante. Non capiva nulla di fuorigioco, di assist e di corner ma quando le tifoserie prendevano il sopravvento sulla razionalità, e rischiavano di portare alla rissa , allora si che si ringalluzziva tutta.
La prima volta che uscì senza mascherina , la panchina, la facciata della chiesa e il monumento sembravano lì solo per lei. Ma si sentiva bloccata come se riconquistare gli spazi fosse una impresa ardua e faticosa quanto una scalata.  Eppure erano lì e li poteva toccare, finalmente.
Durò poco perché Luciano fece capolino dal suo negozio con in mano una scarpa mezzo cucita.
La salutò con calore. ” Quanto ci sei mancata , Pina. Che brutto periodo abbiamo attraversato”
“Eh si Luciano.  A noi vecchietti la vita è accorciata di due anni. Li abbiamo persi e perderli alla nostra età mica fa bene, se poi ci aggiungiamo la solitudine in quelle du’ stanzine , altro che depressione”!
“Uguale per me. Che bello rivedersi! Pensa che per ingannare il tempo e non abbandonarmi ai brutti pensieri ho fatto più scarpe in questi due anni che negli ultimi dieci. Ora sarà un problema venderle. Aiutami un po’ te, Pina. Tu ci sai fare. Mi fai un po’ di pubblicità e in un battibaleno son sicuro le vendo quasi tutte!”
“Eccoli, finalmente “ sentirono da dietro la voce di Gilberto che arrivava con la sua bici. Il terzetto pre covid si era ricomposto.
La vita li riprendeva per mano e li portava di nuovo a guardare avanti con cuore più leggero.
Attorno a loro si formò un gruppetto di amici vecchi e nuovi.  Di nuovo insieme.
Che bello!
L’aria sapeva di primavera.
I fiori nelle fioriere erano una tavolozza di colori.  La signora Pina rivide la sua piazza bella come un arcobaleno e pensò : “Meno male che c’è !”