Utopie – di Carla Faggi

Si grazie signora, sto bene. Pure lei vedo.
Sto bene, dicevo, anche se a momenti sono triste. Lo divento a volte all’improvviso senza un motivo, come per un pensiero distratto. Come posso spiegare cos’è la tristezza, quella improvvisa, quella che ti arriva dentro lo stomaco senza ragione oggettiva, quella che è solo malessere diffuso perché quel pensiero distratto che te l’ha procurata forse non l’hai neppure percepito, è arrivato, si è insinuato ed è svanito, ne è rimasta solo la sua impalpabile ombra.
Credo che si sia provata tutti quella tristezza lì, ogni volta che non hai certezze, a quando pensi a quanto tempo sprecato, all’avrei potuto fare, a quel che succederà.
Mi chiedo a cosa sia servito crederci, imparare, lottare, provare a cambiare.
A cosa sia servito affrontare, spiegare e cercare.
Come posso spiegare la parola crederci, perché ognuno di noi un tempo, convinti di essere speciali, avevamo la convinzione di poter incidere, che la ragione avrebbe vinto. Che anche le guerre le avrebbero vinte coloro che avevano ragione. Per noi esistevano i buoni ed i cattivi e noi eravamo i buoni e la nostra generazione era quella che si meritava essere la meglio gioventù.
E la parola imparare. Chi è che non ha creduto che solo con la conoscenza si potesse arrivare la dove credevamo esserci l’orizzonte.
E che solo lottando , imparando e credendoci ci saremmo avvicinati a quella fiaccolina che pur non sapendo cosa fosse ci sembrava l’unica che valeva la pena raggiungere.
E pensare che quella fiaccolina non l’abbiamo raggiunta mai.
Abbiamo anche provato a cambiare, sembrava l’unico modo per salvarsi e con noi diversi, sentendosi ancora speciali, avremmo influenzato in meglio il nostro di mondo, questo però viaggiava per conto suo a dispetto di noi. E noi ci siamo adattati.
C’è chi dice che un battito d’ali di una farfalla può influenzare l’intero pianeta.
Io le ho battute tante volte ed insieme a me tanti altri le hanno battute.
Forse è perché le abbiamo battute male che il mondo è così?
Guerre, tante e ovunque.
Sopraffazione, ingiustizia.
Il pianeta che implode.
Si, mi scusi signora, non è divertente quello che dico, ma è stato quel pensiero distratto che mi ha resa triste.
Ma che dice? Aprono un nuovo locale qui in piazza? “La cage au folle”? Che bel nome, si può ballare?! E allora balleremo!
Perché se la piazza, quella piazza a cui affidiamo i nostri soliloqui con la scusa di un vicino di panchina che non conosci, se la piazza dicevo ti crea leggerezza, visto che ci siamo adattati, allora che leggerezza sia!
Però smetterò di battere le ali, perché citando Forrest Gump arriva il momento in cui uno si sente un po’ stanchino.
Hai saputo spigare molto bene cos’è la tristezza,quel pensiero distratto che s’insinua e sparisce…
Anch’io sono un po’ stanchina ma le ali non si toccano, non facciamoci toccare le ali ! Forse dobbiamo imparare a planare!
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Non è stato battuto le ali in modo sbagliato e che noi umani siamo egoisti ,siamo capaci di di umanità, come di grande ferocia .
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Carmela
Quando si scrive con la semplicità che il cuore ci suggerisce si arriva al cuore…bello Carla
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RossellaGallori(rosy)
Forse sono un pò troppo pesante per volare, mi rendo però conto di non avere mai avuto ali, …
” e pensare che quella fiaccolina non l’ abbiamo raggiunta mai”
Questa tua stanchezza, accomuna, poi il sopravvivere spesso divide.
Oggi come una settimana fa, trovo ciò che hai scritto: un piccolo aeroporto sicuro.
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