Selvatico finocchietto – di Carmela De Pilla

Quando c’era lui si sentiva, il suo respiro si avvertiva lontano un miglio e il profumo penetrava nella pelle, nell’aria si percepiva un’allegria persistente, di lui non si poteva fare a meno, era apprezzato in ogni stagione della sua esistenza, ancora piccolo ci ubriacava con il suo intenso aroma e se ne stava sdraiato nei campi godendo dei primi raggi di sole, preferiva quelli incolti forse perché lì si sentiva un re, accolto e stimato da tutti.
Il suo profumo inconfondibile avvolgeva le narici con prepotenza e come era felice di accarezzare chi gli stava accanto!
Durante la sua vita si trasformava a seconda del dolce tepore del sole o del suo eccessivo calore, perfino il colore cambiava! Appena nato era verde tenero, veniva voglia di masticarlo e triturarlo per godere del suo carattere forte e vivace dal sapore dolciastro che perforava la bocca e il naso come la fresca brezza marina, più tardi spuntavano innumerevoli capolini gialli disposti a ombrello e in vecchiaia diventava più serio , ma non per questo meno profumato e festoso.
E quanto gli piaceva mescolarsi e rotolarsi con quelli che, a dire la verità, con lui non avevano niente a che fare! Che ci faceva tra le sarde e la carne di maiale? Di sicuro ne avrebbe esaltato il sapore!
Crescendo diventava più comprensivo e il suo profumo avvolgente si combinava volentieri con l’impasto dolce e fragrante dei piccoli anelli dorati o immerso nell’acqua per insaporire una tisana rinfrescante.
Era felice perché si sentiva utile in ogni momento della sua vita, certo ci voleva la pazienza di chi amorevolmente andava a scovarlo tra i sassi e i pendii contento di portare a casa un tesoro.