Muro – di Gabriella Crisafulli

E si apre una porta che si affaccia su una vita.
C’è il muro delle esercitazioni nel campo d’addestramento accanto al CAR
di Como.
Si era buttata giù.
Il volo le aveva causato alcuni punti di sutura in testa.
Ci sono i muri a secco che abbracciano i mandorli e gli olivi di Monte
Farella.
Terrazzavano il colle, bordavano il cortile di casa, delimitavano la
vigna, circondavano l’aia dinanzi al trullo della nonnina Anna.
E poi c’erano i muretti di quando andava a fare l’amore sotto la chiesa
di San Miniato: si affacciavano su un futuro radioso ricco di tanto affetto.
Conservava ancora in casa un frammento del muro di Berlino, omaggio dei
suoi ospiti americani.
Era felice: le immagini dei Vopos che sparavano su chi lo scavalcava per
andare ad ovest la facevano soffrire.
Pensava che non ci sarebbe mai più stato nulla di simile anche se Tullia
Zevi, presidente della Comunità Israelitica Italiana, sin da quei tempi
intravedeva rischi e pericoli.
Non l’aveva presa in considerazione.
Adesso era al muro del pianto con il cuore spezzato.
Notte dopo notte si dondolava avanti e indietro infilando bigliettini
tra le fessure, ripetendo “Basta, basta, basta!”
Bella immagine quella del muro sotto SMiniato che sapeva di amore e di futuro radioso.
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