Muri e muretti per Gabriella

Muro – di Gabriella Crisafulli

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E si apre una porta che si affaccia su una vita.

C’è il muro delle esercitazioni nel campo d’addestramento accanto al CAR
di Como.

Si era buttata giù.

Il volo le aveva causato alcuni punti di sutura in testa.

Ci sono i muri a secco che abbracciano i mandorli e gli olivi di Monte
Farella.

Terrazzavano il colle, bordavano il cortile di casa, delimitavano la
vigna, circondavano l’aia dinanzi al trullo della nonnina Anna.

E poi c’erano i muretti di quando andava a fare l’amore sotto la chiesa
di San Miniato: si affacciavano su un futuro radioso ricco di tanto affetto.

Conservava ancora in casa un frammento del muro di Berlino, omaggio dei
suoi ospiti americani.

Era felice: le immagini dei Vopos che sparavano su chi lo scavalcava per
andare ad ovest la facevano soffrire.

Pensava che non ci sarebbe mai più stato nulla di simile anche se Tullia
Zevi, presidente della Comunità Israelitica Italiana, sin da quei tempi
intravedeva rischi e pericoli.

Non l’aveva presa in considerazione.

Adesso era al muro del pianto con il cuore spezzato.

Notte dopo notte si dondolava avanti e indietro infilando bigliettini
tra le fessure, ripetendo “Basta, basta, basta!”

Muri della campagna inglese per Nadia

MURI DI PIETRA – di Nadia Peruzzi

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Tutto iniziò con dei muri di pietra, nella lontana Inghilterra a partire dal sedicesimo secolo.
A vederli erano pure belli sul verde smeraldo della campagna inglese, bagnato dalle piogge ricorrenti e dalle brume persistenti, dense e dalle nebbie che impedivano di vedere da qui a lì.
Usarono i contadini per costruirli.  Bianchi, pietra su pietra, muri a secco dall’aspetto inoffensivo e artistici. Parlavano la lingua di una grande sapienza e maestria, e dunque nulla di sotterraneamente pericoloso per chi li costruiva, anzi una finestra aperta su un futuro di grandi cambiamenti che per forza dovevano essere positivi.
I contadini lavoravano spediti.  La pianura si riempì in poco tempo.  Anche le dolci colline ne furono invase e quasi impreziosite. Quei muri di pietra bianca una sull’altra rompevano la monotonia che c’era stata fino a quel momento.
Chi si rompeva le mani d’estate e soprattutto in inverno per tirarli su, non coglieva il disegno che qualcuno aveva in testa da un po’. 
Lo scoprì più tardi, a poco a poco. Quello che era stato di servitù pubblica, anche se incolto, attorno ai villaggi e alle chiese, passò in mano a pochi e quei pochi non erano loro.
Per raccogliere quello che serviva a sfamare sé stessi e le proprie famiglie dovettero, a questo punto, sottomettersi ad un padrone.  Il muretto innocuo segnava la linea della proprietà dalla quale erano esclusi.
Su quelle colline e pianure color smeraldo punteggiate di bianco, agricoltura intensiva e capitalismo cominciarono a tenersi per mano. Il bello nascondeva un diavolo, come spesso accade.
Poi è stato ciò che la storia ci racconta.  Sviluppo inarrestabile, senza idea di un limite e muri a questo punto più alti elevati a difesa. 
La muraglia più alta, dalla notte dei tempi, quella che separa ricchi e ricchissimi dagli ultimi e penultimi sempre più poveri e senza mezzi. 
Gli ultimi della fila schiacciati a terra, e deprivati anche della forza e della volontà di infilare anche solo un piccolo cuneo per iniziare a buttarla giù. 
All’orizzonte nemmeno quel Robin Hood che ci ha fatto sognare da bambini e ci ha fatto schierare contro lo sceriffo di Nottingham e i crudeli suoi pari! 

Il muro con la porticina di Sandra

Il muro – di Sandra Conticini

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Vorrei sentirmi protetta da un bel muro di recinzione alto, anzi molto alto che, oltre a proteggere una grande villa, mi potesse nascondere  dalle insidie del mondo. Non voglio vedere e sentire i fatti che  questo brutto momento  ci riserva. Ci sono soltanto guerre, malattie, cattiveria e presunzione. Starei nel giardino insieme al rumore rilassante dell’acqua che scorre,  un  bel panorama, bei tramonti colorati, ed il canto dei grilli e degli uccelli.

Mi sentirei  protetta, ma sarei isolata dal mondo e soprattutto  dal piacere di vedere chi mi ama e con i quali potrei passare momenti piacevoli in  tranquillità.

Ho deciso… starò dietro quel muro di pietra, ma lascerò una porticina invisibile, di cui soltanto pochi sapranno l’esistenza, e farò passare solo chi voglio.

Il muro ricco di vita di Tina

IL MURO – di Tina Conti

foto di Tina Conti

Devo confessare che ho sempre desiderato provare a impastare calce  e mattoni, mi incantavo a guardare i vari operai che dal niente tiravano su pareti e case.

Da bambina ho molto giocato con terra, sabbia, legni e pietre, ma non ho

mai  provato a usare la calce quando ho aiutato ORLANDO a casa mia a costruire i muretti del parcheggio

Ho sempre avuto il ruolo del manovale: con un cenno della testa lui  mi

indicava quando azionare la betoniera e quando mettere acqua, niente di più e la sera, lasciava tutti gli strumenti puliti. Non potevo neppure pensare di  fargli una sorpresa, si sarebbe molto offeso .Il desiderio di fare case e rifugi  e muri e’  naturale  negli uomini e i bambini spontaneamente vi si applicano.

 Le insegnanti tedesche in visita alla nostra scuola ci hanno con sorpresa, mostrato  immagini straordinari, contenute nel libro delle loro attività.

in una si vedeva un bambino  nella vaschetta ricoperto di fango che con i piedi penzoloni  si rotolava divertito

In un’altra si vedeva un ragazzino con stivali e lungo grembiule impermeabile che con un mattone in mano  posava   la calce su un muretto.

Queste  esperienze ci fanno capire che costruire muri  per difendersi, proteggersi, nascondersi sarà sempre una prerogativa degli esseri umani.

Nel nostro territorio abbiamo varieta’ diverse di costruzione di muri e muretti. Il materiale spesso veniva prelevato dai campi  che così venivano

liberati per permettere alle  culture  di essere impiantate. Accatastato, veniva usato per muri a secco e le case.

Le belle pietre sbozzate invece servivano per recinzione di giardini, muri di

palazzi nobiliari e fortezze.

I bei muri  intonacati a calce e decorati con disegni geometrici che si possono ancora incontrare nelle strade  della campagna prossima alla

citta’, sono quasi delle opere d’arte, si  diversificano molto da quelli  che

a protezione di incursioni presentano sulla sommita’ cocci di vetro.

Nella nostra societa’  la storia di muri di separaione  e segregazione  prosegue con le sue crudelta’.

Nel mio ultimo viaggio in IRLANDA, terra verde e con una natura semplice

e essenziale, le divisione fra i vari gruppi religiosi e politici si leggono ancora nel paesaggio e nei territori dove i muri a volte sempre più alti

hanno segnato la vitae la storia di queste  persone.

La mia cara amica ANNA MICELI ha disegnato e scritto un bel libro per bambini intitolato “ gli inquilini  del  muro”: con attenta osservazione e

maestria ha descritto la vita nelle varie fasi di animali, piante  e insetti che

si fanno casa nei muri di pietra. Senza parole le immagini raccontano con poesia la  bella storia della natura