A occhi chiusi – di Stefania Bonanni



E’ la volta che si porta, impacchettato, un oggetto da casa.
Ho pensato di portare la cosa piu’ preziosa che ho. Per una volta che mi sono ricordata, e che per dimensione, l’oggetto era giusto, ero molto contenta di parlare della noce che tiene segreti i dentini dei bambini di casa mia. Poi, pero’, quando ho capito che qualcun’altra l’avrebbe maneggiata, che forse al tatto non avrebbe capito, che magari l’avrebbe aperta, ed il contenuto sarebbe finito per terra, sono stata presa da un’agitazione, che di solito non conosco. Mi e’ sembrato di aver sbagliato, che potesse essere una sorta di profanazione. E’ un pezzo di loro, un tesoro che si alimenterà ancora, prossimamente. Poi ho riconosciuto la mia noce nelle parole di Rossella che descriveva il pacchetto capitatole in sorte, ed ho capito che aveva riconosciuto anche il contenuto. Allora l’ho pensato in buone mani, e sono stata certa non avrebbe mai detto “che schifo”, che mi sarebbe dispiaciuto.
I dentini dei miei bambini suonano come chicchi di riso in un bicchiere di vetro. Un suonino da bambini, come suonava Trilli di Peter Pan . Si capisce che e’ materiale fragile, di latte.
Mi sono dovuta fare violenza per non mettere via i primi capelli tagliati. Ad essere sincera avrei messo via anche le unghie. Per l’avidità di tenere tra le mani pezzi di loro, ed anche per la grandissima emozione che provo ogni volta che apro l’astuccio dei dentini.
Hanno poi parlato tutti della palla di vetro. Hanno immaginato tante cose, così tante che mi sembra strano: e’ così evidente cosa sia la palla! E’ la serra di un allevamento di chiocciole, che respirano, si bagnano nel blu, lasciano scie di bava luminosa.