L’uovo, la seta e la vita di Carla

A occhi chiusi – di Carla Faggi

foto di Rossella Gallori

A occhi chiusi, tocco l’oggetto che ho scelto dal cestino magico.

È confezionato con della carta lucida come di raso, e legato da qualcosa di ruvido al tatto come lo spago, penso sia un bel contrasto, come una giacca di raso abbinata a dei jeans.

Scarto e sento una elegante scatola di cartone, ne tolgo il coperchio e curiosa mi gusto il contenuto: tessuto in seta che racchiude una piccola sfera di cristallo, grande come un uovo; sento che è trasparente.

L’origine del mondo.

Un uovo, la nudità di una donna.

Una giacca di raso nera, un paio di jeans, simbolo di glamour, di essere di moda, di avere vent’anni.

Voglia di essere guardata!

Togliersi la giacca, gettarla lontano, i jeans ancora più lontano.

Voglia di essere scoperta!

Scalza con solo la biancheria intima ed una maglietta azzurra, una grande maglietta azzurra, ci si sta bene dentro; quasi si vorrebbe tenerla, ma poi come a scoperchiare una scatola per scoprirne il tesoro che racchiude, togliersela di colpo e restare in biancheria intima di seta bianca.

Voglia di essere desiderata!

E poi via anche quella e scoprire il segreto del mondo. Quello da cui tutto è iniziato.

Un uovo. Di cristallo. Fragile. Trasparente.

La nudità di una donna. La bellezza dell’universo. La fragilità della vita.

Poi ancora un altro universo, la grande palla di cristallo di Cecilia, sembra fatta di riflessi di cielo, sembra ci siano le stelle. Ancora la vita che nasce, il mondo che continua. Sembra che tutto nasca da lì, il mare, il cielo, gli alberi…e noi.

…e la palla di cristallo di Rossella G.

Mezzo mondo di vetro – di Rossella Gallori

Riflessi di un mondo girino,

che non riesce ad esser rana.

Una galera trasparente, imprigiona le tue braccia.

Spingi il vetro, pareti fragili, vuoi fuggire, hai paura di tagliarti.

Fermi il silenzio che piange e grida, traballa, ma non cade nel vuoto.

Camaleonte di cristallo, priva di vita, pesa di giorni, leggera di mesi, non permettere ai miei sogni di carta di volare.

Lo scrignonoce di Rossella G.

Scrignonoce – di Rossella Gallori

Freddo, caldo, buio.

Una noce vera, calda di cuore.

Ha un suono, che ha un sapore.

Una musica leggera di latte, latte che consola.

Riesco a “ sentirne” il colore, anche il calore.

Una sua musica lenta, protettiva:

Un po’ mare

Un po’ acqua calma, risacca che lenisce.

Sento che è importante, per pochi attimi è mia:

Un po’ noce

Un po’ cuore

Un po’ sale rosa

Un po’ riso giallo

Un po’ luce di culla, fuga di anni.

Poi ti vedo e scopro che sei quello che sentivo non vedendoti, che rispettavo, mia per minuti, eterni e brevi, un tempo indefinito, sospeso.

Ti ho coccolata, scaldata, stretta, eri forte, sei forte, cassaforte di piccole anime in crescita, smalto color luna.

Ti lascio, ti restituisco, non ti dimentico.

A proposito di tazze, tazzine, tazzette…..una favola di Stefania

Il castello e le tazze del ’48 – di Stefania Bonanni

foto e disegno di Stefania Bonanni

C’era una volta…e non c’è piu’… un castello piccino piccino senza torri, né ponti levatoi.

C’era una grande cucina, con una stufa a legna, il pavimento rosso di mattoni lucidati a cera, ed il tavolo di marmo buono per ogni uso. Ma era un castello, questo e’ sicuro, perché era abitato da fatine buone e magiche, che arrivavano per curare, lavare, consolare, abbracciare, riportavano il sereno, sempre.

La fata piu’ grande, guai a dire vecchia, al posto della bacchetta magica, aveva la scopa, sempre a portata di mano. Un pomeriggio, con la Sita, torno’ da Firenze, ed aveva in mano un pacchetto rivestito di carta rosa a fiorellini rossi. Come api sul miele, le bambine cominciarono a girellare intorno al tavolo dove era stato posato il pacco. Lo toccavano piano, avvicinavano gli occhi cercando forellini nella carta, annusavano. Fosse stato un libro, fossero stati quaderni, avrebbe saputo di carta. Fossero state cose da mangiare, dolci o cioccolata, si sarebbe sentito. Invece nulla. Dentro c’era una scatola. Quello si era capito. Ed un pacco contenente una scatola, incuriosiva ancora di più. Allora scatto’ il divieto. “Lo aprirete domani, e l’attesa ve lo farà desiderare ancora di più. E se sarete birbone, nulla!”

A letto di corsa, denti lavati, tutto a posto.

La mattina, al primo “buongiorno” furono in piedi, e giu’ di corsa per le scale, saltando gli ultimi gradini, e arrivando davanti al tavolo scivolando sulle ginocchia.

Le fatine, tutte e due, si davano di gomito ridacchiando: “Guarda cosa ci vuole la mattina: un pacco misterioso”.

“Eh già, disse la fata Mary, queste cose le vendono solo al 48!! E’ un viaggio!!”

Intanto le api ronzavano intorno al pacco sempre piu’ decise a mettere fine all”attesa. Una reggeva il pacco, l’altra tirava il nastrino annodato. Si disfece il nodo, si mostro’, nudo, il pacchetto.

Era una scatola bianca che andava sollevata, per mostrare il contenuto. E dentro, ognuna in una cella di carta precisa perché non sbattessero, c’erano quattro tazzine di ceramica dipinte a fiorellini. Tazzine vere! Di quelle che si rompono!! C’erano anche quattro piattini decorati e con il bordo dorato. Roba di lusso.

La bambina piu’ piccola disse che secondo lei i bordi, di tazze e piattini, non erano dorati, erano proprio d’oro, e che il regalo era preziosissimo. “Sara’ costato tanti soldi!” A bocca aperta, si cominciava a pensare di giocarci, ma con un rispetto inusuale. “Si può fare alle signore. Signore vere, di quelle che prendono il the nel pomeriggio, ed hanno occhiali, anelli, smalto!

Subito ci fu un problema: le tazzine erano quattro, due per uno, lo stesso per i piattini. Ma quali signore ne invitano un’altra, una sola, per il the? No, sarebbe stato brutto. Bisognava giocare insieme. Due noi, due ospiti, si poteva fare.

Allora si andò al fosso, con un secchiello, e si prese un po’ d’acqua. Un the perfetto, per colore. Poi dei sassi colorati e dei legnetti come biscotti, e la cerimonia poteva cominciare. Arrivarono la Sandra e la Lucia, e rimasero abbagliate dalle tazzine. Poi pero’cercarono lo zucchero, ma la zuccheriera non c’era. Poi dissero che il the era acqua sudicia del fosso, e che faceva schifo. Anche se era vero, tra signore non si fa così . Allora noi ci si alzò e si disse che non si giocava piu’. Queste signore non facevano per noi.

Era meglio andare a cantare nella concimaia, dove faceva caldo e non ci ascoltava nessuno.

C’era una volta, e un pochino c’è ancora.

La Bea mi chiama signora Picci Picci, e mi chiede: “signora, vuole uno café?” “Preferisco un the- rispondo” , “Come sei antica, nonna”

Il pacchetto e la palla di Stefania

A occhi chiusi – di Stefania Bonanni

E’ la volta che si porta, impacchettato, un oggetto da casa.

Ho pensato di portare la cosa piu’ preziosa che ho. Per una volta che mi sono ricordata, e che per dimensione, l’oggetto era giusto, ero molto contenta di parlare della noce che tiene segreti i dentini dei bambini di casa mia. Poi, pero’, quando ho capito che qualcun’altra l’avrebbe maneggiata, che forse al tatto non avrebbe capito, che magari l’avrebbe aperta, ed il contenuto sarebbe finito per terra, sono stata presa da un’agitazione, che di solito non conosco. Mi e’ sembrato di aver sbagliato, che potesse essere una sorta di profanazione. E’ un pezzo di loro, un tesoro che si alimenterà ancora, prossimamente. Poi ho riconosciuto la mia noce nelle parole di Rossella che descriveva il pacchetto capitatole in sorte, ed ho capito che aveva riconosciuto anche il contenuto. Allora l’ho pensato in buone mani, e sono stata certa non avrebbe mai detto “che schifo”, che mi sarebbe dispiaciuto.

I dentini dei miei bambini suonano come chicchi di riso in un bicchiere di vetro. Un suonino da bambini, come suonava Trilli di Peter Pan . Si capisce che e’ materiale fragile, di latte.

Mi sono dovuta fare violenza per non mettere via i primi capelli tagliati. Ad essere sincera avrei messo via anche le unghie. Per l’avidità di tenere tra le mani pezzi di loro, ed anche per la grandissima emozione che provo ogni volta che apro l’astuccio dei dentini.

Hanno poi parlato tutti della palla di vetro. Hanno immaginato tante cose, così tante che mi sembra strano: e’ così evidente cosa sia la palla! E’ la serra di un allevamento di chiocciole, che respirano, si bagnano nel blu, lasciano scie di bava luminosa.