Tazza e casa di Stefania

La tazza – di Stefania Bonanni

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“Quando sono con te, sogno immerso in una tazza di the”

Quei pomeriggi di inverni freddi, ventosi di tramontana, quando sei contenta di rientrare, e pensi solo: faremo una tazza di the bollente. Magari il the non ti piace neanche tanto, ma cercare la tua tazza, la mia tazza, riempirle di liquido caldo, respirare il vapore che sale verso la lampada sospesa sul tavolo di cucina, e’ casa.

Dove ci sono le tue tazze comprate a Parigi (ero molto felice a Parigi) , quelle dei bambini piccini (ero molto felice allora), le tazze residue di un regalo di nozze (ero molto felice), quella per forza e’ casa.

Cose che non hanno senso se non per te, che porteresti le tazze appese al collo come gioielli, fosse possibile, e che vorresti aver avuto una tazza tua, da piccola, per toccarla ancora, farla suonare col cucchiaino, riconoscerne sbucciature e graffi, che fosse stata testimone di anni luminosi e teneri. Avessi le tazze di allora, cercherei il punto esatto del bordo dove si fossero posate le dolci labbra della mia mamma, e quelle più strette e meno morbide di un uomo giovane e nervoso, a cui piacevo piu’ di ogni altra persona al mondo, ed io ricambiavo. Ma non n le ho, le tazze di allora, quelle della mia famiglia. La vita correva così cattiva e veloce, che non ho fatto in tempo a pensare a quello che avrei saputo mantenere, e che oggi mi avrebbe parlato ancora. Non ho niente di allora, niente. Ricordo giorni sospesi nei quali ho assistito in trance alle azioni di parenti che portavano via tutto. Vestiti, mobili, bicchieri, tazze. Tutto sparito, insieme ai parenti, che non si sono mai piu’ visti, per fortuna.

Il fiocco verde e il sangue di S. Gennaro nel cestino incantato di Stefania

Stoffe e pietre – di Stefania Bonanni

Stoffe e pietre. Io ho scelto una stoffa verde a forma di farfalla, ed una pietra rosso scuro, che mostra frammenti più chiari all’interno.

Sembra il fiocco che aveva retto  i capelli di una bambina bionda, uno di quelli con il pettine appiccicato dietro, dove si sente che e’ stato strappato, e ne ha risentito la stoffa del fiocco.

Ci sarebbe stata bene, nel centro, un’applicazione con la pietra rossa nel mezzo, ma sarebbe stato un utilizzo che non le avrebbe reso giustizia. L’ho riconosciuta, e’ il contenitore del sangue di San Gennaro.

 Toccando e ritoccando, l’interno si liquefa’. La pietra diventa rosso scuro, una specie di cuore di pollo, molto simile ad un cuore di pollo. Il colore e’ più vivace, di quello di un cuore di pollo morto. Direi più vivo, di un cuore di pollo morto.

Se l’interno della pietra non si liquefa’, e non avviene il miracolo, come e’ molto probabile, va bene lo stesso, perché per noi non cambia nulla. Mai avvenuti miracoli. O forse qualcuno si?

Mentre non la vedevamo, negli anni in cui e’ stata sepolta viva tra gli oggetti abbandonati, si sara’ liquefatto l’interno della pietra? Possono essere tante le cose che succedono al riparo dai nostri occhi. E forse accadono proprio perché non le vediamo, quando non controlliamo quello che ci circonda.

Non siamo indispensabili, per i miracoli.

Lo scrigno rosso di Patrizia nel cestino incantato

Lo scrigno rosso – di Patrizia Fusi

Un morbido scrigno di panno rosso bordeaux, un ciondolo di plastica trasparente a forma di ciuccio, tagliato come i diamanti, la luce batte sulle sfaccettature e lo rende vivo e luminoso.

Lo scrigno rosso, girandolo, ha la forma di un tortellino, inserendoci il diamante di plastica, diventa una piccola morbida caverna che contiene l’oggetto prezioso.

Penso al diamante come un pegno d’amore, come il ciuccio mi ricorda l’amore per i bambini.