La tazza – di Stefania Bonanni

“Quando sono con te, sogno immerso in una tazza di the”
Quei pomeriggi di inverni freddi, ventosi di tramontana, quando sei contenta di rientrare, e pensi solo: faremo una tazza di the bollente. Magari il the non ti piace neanche tanto, ma cercare la tua tazza, la mia tazza, riempirle di liquido caldo, respirare il vapore che sale verso la lampada sospesa sul tavolo di cucina, e’ casa.
Dove ci sono le tue tazze comprate a Parigi (ero molto felice a Parigi) , quelle dei bambini piccini (ero molto felice allora), le tazze residue di un regalo di nozze (ero molto felice), quella per forza e’ casa.
Cose che non hanno senso se non per te, che porteresti le tazze appese al collo come gioielli, fosse possibile, e che vorresti aver avuto una tazza tua, da piccola, per toccarla ancora, farla suonare col cucchiaino, riconoscerne sbucciature e graffi, che fosse stata testimone di anni luminosi e teneri. Avessi le tazze di allora, cercherei il punto esatto del bordo dove si fossero posate le dolci labbra della mia mamma, e quelle più strette e meno morbide di un uomo giovane e nervoso, a cui piacevo piu’ di ogni altra persona al mondo, ed io ricambiavo. Ma non n le ho, le tazze di allora, quelle della mia famiglia. La vita correva così cattiva e veloce, che non ho fatto in tempo a pensare a quello che avrei saputo mantenere, e che oggi mi avrebbe parlato ancora. Non ho niente di allora, niente. Ricordo giorni sospesi nei quali ho assistito in trance alle azioni di parenti che portavano via tutto. Vestiti, mobili, bicchieri, tazze. Tutto sparito, insieme ai parenti, che non si sono mai piu’ visti, per fortuna.

