Il fuoco e il fantoccio – di Patrizia Fusi

Quando ero piccola nel borgo dove abitavo, si fece una festa.
Prepararono dei festoni con delle lunghe corde dove incollarono dei triangoli di carta velina di tutti i colori, che misero attraverso la strada legandoli dalle finestre delle abitazioni agli ulivi del campo di fronte, formando cosi un tunnel colorato e festoso.
A noi bambini tutti questi preparativi piacevano: vedere le donne mentre formavano come per magia quelle roselline di carta crespa di tutti i colori, mentre noi continuavamo i nostri giochi.
Fu fatto anche un fantoccio di paglia a forma di uomo vestito con pantaloni, giacca e un cappellaccio a falda larga.
Le donne abbellirono le loro finestre con quelle roselline di carta crespa colorata formando dei disegni, ad una finestra c’era una falce e un martello fatto da roselline rosse (per me senza nessun significato a quel tempo)
Il giorno della festa in mezzo alla strada alla fine dell’edificio fu fatto un cumolo di fascine di legna, dove fu posizionarono il fantoccio.
Noi bambini la sera eravamo tutti fuori in attesa che venisse bruciato il fantoccio con tante altre persone, l’aria era tiepida.
Quando gli dettero fuoco tutto si illuminò intorno a noi, la fioca luce del lampione all’angolo del fabbricato dove ci radunavamo nelle serate estive sparì per l’intensità delle fiamme del falò.
Il crepitio che facevano le fascine nel bruciare veniva accompagnato dai canti degli adulti a dalle nostre grida festanti alla vista delle fiamme, le scintille saltavano come piccoli coriandoli di luce.
Quando le fiamme si abbassarono alcuni uomini iniziarono a fare dei lunghi salti da una parte all’altra delle braci rimaste, noi bambini guardavamo con meraviglia, continuammo a giocare mentre gli adulti cantavano e parlavano fra loro.
Il gruppo della festa piano piano dolcemente si spense come il fuoco e ognuno tornò alle proprie abitazioni.
Gli adulti dando fuoco al fantoccio avevano cercato di bruciare le proprie paure.
In questo periodo il fuoco che non riesco a togliermi dalla testa sono le immagini di case che bruciano in Ucraina, dietro ogni casa una storia una vita.
Pazzia dell’essere umano.
Vorrei affacciarmi, domattina, alla mia finestra e scoprirla x magia, piena di roselline di carta, le tue rose che non han bisogno d’ acqua, per vivere, per essere ancora oggi, nel tuo racconto piene fi gioia semplice.
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Vorrei avere il tuo sguardo sulle cose, con la concretezza e la dolcezza che hanno certe donne che da bambine sono state troppo adulte e da adulte hanno saputo nutrire le bambine che volevano essere
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Nella tua semplicità il ricordo assume un’importanza fondamentale che traspare dalle tue parole…
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I suoni, i colori, i giochi dei bambini e quelli degli adulti…il fuoco che divampa ma è contenuto… E tu che ci passi in mezzo, ci stai dentro con semplicità e meraviglia… Tutto un grande equilibrio.
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Mi piace come hai saputo raccontare quasi dipingere con semplicita’ una tradizione che anch’io ricordo con una certa nostalgia.Brava!
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