Il canto del “foco” – di Lucia Bettoni
foto di Lucia Bettoni

Nella foto una pagina del mio diario a nove anni
Ho fatto lunghi viaggi in uno spazio piccolo piccolo
Mi sono raccontata tante storie nel posto più caldo che conoscevo: il canto del foco
Era una casa nella casa, era accoglienza e protezione, calore e riposo
Il luogo dove tutto si fermava in una quiete serena alla fine di ogni giorno
Nel cuore il sentimento più vicino alla pace che io abbia conosciuto
C’era uno scalino da salire, uno scalino un po’ alto: forse non era così alto, ma lo era per me bambina piccola piccola
Il fuoco nel centro, a destra e sinistra dei sedili in mattoni e cemento
Quattro persone potevano sedersi in questo posto speciale
Spesso il sedile di destra era solo per me: un po’ principessa e un po’ cenerentola
Era il luogo magico per le mie storie
Era la mia televisione, il mio videogioco, era tutto quello di cui avevo bisogno per inventare
Guardavo il fuoco e dalle fiamme e dalle faville uscivano i personaggi come da un cappello magico: folletti, fatine, conigli, uccelli, stelle…
In un attimo i personaggi salivano sul muro crepato e nero di fumo
Le crepe erano strade, case, laghi, fiumi: erano il palcoscenico e la scenografia dei miei personaggi
E poi gli applausi delle scintille che salivano, salivano su per il camino per raggiungere il cielo
Le mie guance calde e le mie mani e i miei piedi che finalmente si scaldavano dopo il freddo di una giornata senza calore
A volte la mamma mi diceva – metti le mani sotto le ali – e io mettevo le mie mani sotto le sue ascelle e le mie manine viola dal freddo si riscaldavano
Ricordo così bene quel calore!
Un calore tenue come una rosa
Spesso le mani sotto le ali le potevo mettere proprio la sera quando la mamma si sedeva davanti al fuoco con me in collo perché i posti dentro il focolare erano già occupati dal nonno, dal babbo, dalla zia, lo zio, dal fratello del nonno o dal…
Allora eravamo tanti, una grande famiglia intorno al fuoco
Una grande famiglia intorno al fuoco…
Ciò che sembra il finale, diventa per me uno splendido inizio, una storia calda, colorata, piena di persone, di posti a sedere, di storie.
Chapeau!
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Di memoria, non storie!
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bello,tenero,ruvido il camino dei miei nonni,grazie
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Belli tutti questi sogni fatti sul canto del fuoco! Tutti i personaggi che escono dalle fiamme e diventano delle belle storie!!! Allora eravamo tanti…queste tre parole fanno capire tanto!
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Dolci ricordi che rendono l’anima viva e traboccante di emozioni, brava Lucia…tante belle immagini…
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“Metti le mani sotto le ali”: sembra un regalo, un testamento per il futuro, per quando avrai freddo o paura o ti sentirai sola e potrai farlo anche da sola, mettendoti le mani sotto le braccia, quasi un simbolo di carezze. Si fa questo gesto per darsi coraggio e caldo al cuore….questo gesto che tu facevi in quel momento e in quel luogo “sacro”. Quel quaderno conservato tanto a lungo, quella calligrafia “adulta”, quella cura nel disegno che racconta e conserva nel tempo…….Un abbraccio Lucia
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Cose vissute bellissime tesori inestimabili da conservare nel cuore e nella mente espresse con dolcezza infinita
Grazie Lucia
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Non c’è mai stato un camino in casa mia, sempre case troppo piccole. In compenso la moglie del contadino davanti era amica della mia nonna, e si andava sempre a veglia intorno al camino, e anche io ricordo bene i sogni che si nfilvano tra le scintille e disegnavano mondi sconosciuti sul muro annerito. Ricordo anche i visi scarni che nello stesso tempo venivano illuminati e riempiti d’ombra, diventando a momenti mostruosi, sconosciuti. E le chiacchiere infinite, che non si capiva mai il momento in cui diventavano preghiere. Ti ringrazio per aver fatto riemergere questa grande dolcezza che m fa bene.
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