Il personaggio guanto – di Nadia Peruzzi

Si erano incontrati in una fredda giornata di inverno, luminosa e piena di sole.
Il vento forte sollevava turbini di polvere e di foglie secche orfane i qualcuno che si occupasse di loro e le raccogliesse.
Una folata più forte delle altre fece volare via il suo cappello e Lucia dovette fare una piccola corsa per recuperarlo prima che un giovanotto che stava arrivando con passo svelto e deciso, lo calpestasse.
Riuscì ad arrivare per prima. Lui quasi la travolse. Si guardarono non appena lei si alzò dopo aver raccolto il suo cappello.
Si piacquero al primo sguardo.
Aveva occhi caldi e profondi, Paolo. Occhi che fanno sognare orizzonti lontani e luoghi magici. Un sorriso aperto e accattivante e modi gentili. Emanava una sensazione di protezione nella quale era facile perdersi sentendosi fin troppo coccolati.
Sembrava uscito da una sartoria di gran moda, per come era vestito. Lucia, che era solita stilare classifiche di chiunque incontrasse, non ebbe dubbi. Lo collocò ai primi posti, quelli che destinava ai migliori incontri, e alle migliori occasioni che la vita riusciva a regalarle di tanto in tanto.
Conoscendolo meglio, dopo che al primo incontro del tutto fortuito ne erano seguiti altri voluti, cercati, attesi con impazienza crescente, Lucia aveva dovuto ammettere con sé stessa che le immagini colorate e le fantasiose elucubrazioni che aveva proiettato su schermo gigante, risultavano un filino esagerate. Fu un attimo e anche le sue aspettative subirono un tracollo sotto l’incalzare della realtà che si prendeva la rivincita sui suoi sogni ad occhi aperti.
Quello che di primo acchito le era sembrato un rampollo dell’alta società dai bei modi, educato, divertente senza essere lezioso, altro non era che un impiegato del catasto di livello medio basso e questo ci poteva stare, in fondo. Mica giudicava gli uomini dai lavori che facevano o dalla posizione sociale che occupavano. Il problema era un altro. Paolo era così dentro la sua parte da non riuscire a liberarsi, anche con lei, del suo piglio di burocrate, perfettino, attento alle minuzie, ai punti, alle virgole e pure ai punti e virgole.
Al ristorante guardava e riguardava il conto e aveva sempre da obbiettare col cameriere per qualcosa che non andava secondo lui. Una volta si fece addirittura portare nuovamente il menù per verificare voce per voce rispetto a ciò che avevano ordinato.
Una situazione di grande imbarazzo a cui non era abituata e alla quale non si voleva abituare di certo. Quell’uomo le piaceva, ma quel suo fare da precisino cominciava a disturbarla parecchio.
Anche le sue attenzioni, prese per calde e protettive all’inizio, si fecero fin troppo avvolgenti tanto che finirono per sembrarle addirittura soffocanti.
Aveva cominciato a riprenderla sempre più spesso mentre lei parlava.
La correggeva come si fa con i bambini. Come se lui fosse un maestro di cui si dovesse seguire la scia perché aveva sempre e comunque ragione su tutto.
Molte volte criticava il suo modo di vestire, cercando di piegarla al suo stile senza tener conto della sua volontà.
Cercava di schiacciarla per farne una persona diversa da quella che era.
Lucia aveva cominciato a tormentarsi così tanto da vederselo apparire anche in sogno mentre la rimproverava per qualcosa che aveva fatto o detto. Una volta le apparve come una sciarpa pitone avviluppata al proprio collo e via via più stretta.
Fu quando, una domenica sera, le apparve trasformato, per effetto di una metamorfosi alla Kakfa, in un enorme paio di guanti pronti a ghermirla alla gola che non stette a pensarci due volte.
Non rispose più alle sue telefonate. Cancellò il suo numero dalla rubrica del telefono, mettendogli un blocco appena vide che la stava chiamando con insistenza. Pensò a lui tutto sommato per poco tempo. Quanto le bastava per imparare a non ricadere di nuovo dentro una situazione come quella.
“Fu quando, una domenica sera, le apparve trasformato, per effetto di una metamorfosi alla Kakfa, in un enorme paio di guanti pronti a ghermirla alla gola che non stette a pensarci due volte.” Straordinaria immagine simbolica!
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Una vera metamorfosi alla Kafka.Brava!!👏👏
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….da vedendolo apparire anche in sogno…
Incubi voluti, da colpi di fulmine, letali….come un Sciarpa pitone…..
Coinvolgente….quasi da chiuder la gola…
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Bello, intrigante
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Il nome del personaggio e l’inizio del racconto mi avevano messo di buon umore….
Hai descritto perfettamente il senso di disagio,di malessere,di soffocamento che una persona apparentemente positiva può trasmettere con il tempo e la conoscenza….
Non tutti i sogni hanno le ali!
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