Odori di case – di Patrizia Fusi

La mia famiglia era composta da cinque persone e lasciare la mia prima casa è stato bello, era un semi interrato di due stanze e mezzo, con il gabinetto per le scale che serviva per le sei famiglie che ci abitavano.
Un piccolo quadrato, da un lato c’era uno scalino alto con al centro un grande buco che veniva richiuso da un tappo che aveva sopra una maniglia, per noi bambini avevano fatto un piccolo foro alla base del pavimento per la pipi, all’inizio non c’era la luce elettrica e quando era buio si andava con la candela.
Mio babbo mise la luce che si accendeva da dentro casa, fu una bella cosa.
Era situato alla prima rampa di scale e aveva lo sfiato dell’aria che usciva sopra il tetto, quando alzavo gli occhi vedevo questo lungo rettangolo pieno di ragnatele con una luce fioca alla sommità.
Non c’era acqua e l’odore pungente invadeva le scale, quella era la normalità.
La mattina si poteva incontrare le massaie con i vasi da notte che andavano a svuotarli.
Noi bambini quando eravamo fuori a giocare nel campo i nostri bisogni li facevamo dietro i cespugli e ci pulivamo con i ciuffi d’erba.
Traslocare in un appartamento di cinque stanze grandi al primo piano, con la mia prima stanza da bagno molto piccola ma dove c’era tutto e era solo nostra.
Avere la luce e il sole che entravano nelle stanze fino a tardi, senza le inferiate che c’erano nell’altro appartamento.
Nel primo appartamento ho lasciato tanti ricordi della mia infanzia, sensazioni, odori, paure.
E ho visto la mia crescita da bambina a ragazza e lì, in quel contesto del mio paese e dentro quell’abitazione, ho preso la consapevolezza di cosa voleva dire classe sociale, mi sono anche fortificata come persona.
Ricordo ancora tutto il periodo trascorso dentro quelle piccole stanze, il bello e le difficoltà incontrate, gli oggetti, la moscaiola un piccolo rettangolo con ai lati della rete per far circolare l’aria, dove la mamma metteva il burro, la marmellata o altri cibi per proteggerli dalle mosche. Quando è arrivato il frigo è sparita.
Le mezzine di rame per l’acqua, l’acquaio in pietra serena un po’ consunto.
La vetrina con il sotto che serviva a contenere pane pasta e altro, c’era un vaso di terracotta con dentro dello strutto che la mamma comprava al forno dove cuoceva la carne di maiale, con questo grasso arricchiva le verdure stufate con il pomodoro
A me piaceva stenderlo sulla fetta di pane, le goccioline di succo di carne con l’aroma del rosmarino nell’inverno era una merenda golosa.
Nel lato superiore aveva in bella mostra le tazzine da caffè, i piccoli bicchieri da rosolio, la trina che pendeva dai ripiani.
La sveglia a cipolla che con il suo ticchettio rumoroso ci accompagnava tutti i giorni e ci faceva compagnia.
Il grande camino che non si è mai adoperato dove era posizionato il fornello a gas.
La stufa a legna che serviva per riscaldarsi e cucinare nei periodi freddi.
Il prete con lo scaldino che veniva messo nel letto per riscaldarlo e per levare l’umidita dalle lenzuola.
L’odore del mangiare che mamma preparava, odore di cavolo, di minestra di verdura, tutto questo mi abbracciava e mi accoglieva a differenza di quello che provavo quando andavo nella casa di una mia zia che abitava nello stesso paese che profumava di borotalco, per me odore sgradevole che mi faceva sentire diversa e respinta.
Conosco tutto: il gabinetto per le scale con il buco e il tappo, la modaiola, le mezzine di rame,la vetrina con le tazzine da caffè,il prete con lo scaldino…conosco anche l’odore del cavolo della minestra di pane…
Tutto questo vive dentro di noi …ricordi indelebili di una vita che ha lasciato il segno per sempre
Grazie
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Lo sguardo di Patrizia indulgente sulle cose pur rimanendo concreta e realista. Uno sguardo unico, un rapporto intimo con i sensi, capace di percepire e ricordare quei famosi “odori di casa” di cui ognuno riconosce i propri . Le nostre case di un tempo avevano più odori, più identità, più legami stretti con le persone. Ma anche oggi le nostre case parlano a chi sa ascoltare
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Una vita diversa, la mia, non migliore, ti leggo con attenzione e sono entrata con te, in casa tua….” la luce che si accendeva da dentro casa” una magia
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Non ci sono parole per la bellezza del tuo brano Patrizia: un animo bambino che viveva la sua realtà con naturalezza, senza confrontarsi o lamentarsi, tutto era buono e profumato perché il bello non sta nelle comodità e nelle ampiezze, sta dentro quel nucleo che l’amore sa costruire attorno a te.
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