Tessuto di Sandra: IL RASO

Il raso da principesse – di Sandra Conticini

Anche se non ricordo di aver avuto niente, il raso è un tessuto che mi piace molto. Forse con la sua lucentezza rende brillante ogni colore, ogni vestito, ogni  camicetta e  le persone che lo indossano sono più luminose  e sensuali.

Quando ero piccola ricordo che la mamma lo lavorava spesso, perchè bordava vestaglie o cuciva camicie da notte bellissime che, oltre al raso, avevano pizzi e ricami.

Nella mia testa di bambina non capivo perchè  a casa non arrivasse mai la principessa a provarsi questi bellissimi vestiti, perchè mi sembrava impossibile che si potesse andare a dormire con quella biancheria così raffinata.

Certo venivano signore benestanti  profumate, ingioiellate e ben vestite, ma della principessa nemmeno l’ombra.

Quando buttava via  pezzetti di raso, li prendevo li accarezzavo ma mi facevano venire i brividi, perchè era liscio e lucido, ma comunque mi impegnavo per fare un vestito importante per la bambola.

Per diversi anni questo tessuto così pregiato è stato dimenticato, fino a quando non è arrivato sul mercato il raso cinese,  comunque è tutta un’altra stoffa, che tutti possono acquistare e viene usato per occasioni importanti, ma anche per tutti i giorni.     

Tessuto di Laura: LA SETA

Setabianca – di Laura Galgani


Setabianca è il raggio di luna che nel buio della notte accarezza una lacrima sul mio viso.
Setabianca è la veste preziosa di ogni dea che ci ha precedute.
Setabianca è fruscío dell’abito più sensuale che abbia mai immaginato.
Setabianca è la carezza del petalo di rosa che sfioro al mattino.
Setabianca è il riflesso del sole che cala sul mare di sera.
Setabianca è il tuo occhio mentre ti guardo dopo l’amore.
Setabianca è la mia mano mentre colora il drappo steso al telaio.
Setabianca è il desiderio di dipingere il bianco dopo i colori.
Setabianca è lo spirito in cerca di Dio.
Setabianca è ciò che avvolgerà il mio corpo dopo la morte.
Seta, specchio, sete della mia anima che anela l’infinito.

Tessuto di Gigliola: IL LINO

In cammino col lino – di Gigliola Franceschini

Foto di DWilliam da Pixabay

Non solo un  tessuto, piuttosto un compagno di strada nel corso di tutta la vita. Ricco di ricordi, di avvenimenti, di emozioni, il lino fino dai primi anni. Nelle calde notti estive  mamma tirava fuori dal baule  dove teneva riposto il suo corredo, i freschi lenzuoli di lino, gli unici che si potevano sopportare  quando l’afa diventava eccessiva. Belli e ricamati a mano , usati con parsimonia come si fa con tutte le cose importanti, ricoprivano il lettone matrimoniale che acquistava una sua regalita’ . E gli asciugamani con le frange e le cifre ricamate in rilievo , anche questi venivano usati quando c’era in casa qualche persona di riguardo , soprattutto il medico di famiglia. E il lino azzurro polvere del primo abito estivo elegante, per un’occasione importante per cui bisognava  presentarsi bene. L’ esame orale della maturita’, tutte le ragazze messe a nuovo e i ragazzi rigorosamente con la giacca. Capii che potevo sentirmi a mio agio in quell’abbigliamento insolito, quando il bellone della classe  si degno’ di farmi i complimenti. Era il massimo. E ancora il lino delle tende del salotto che riunisce il ricordo di due persone care, un’amica che aveva regalato la stoffa e una mamma che le aveva riempite di ciuffi di margherite colorate, ricamate per un figlio che stava creando la sua famiglia e la sua casa. Ancora in lino la tovaglia per l’altare di una cappellina nascosta tra i castagni secolari in un paese di montagna, custode di un amore perso troppo presto. Poi le tovaglie di lino damascato che non potevano mancare  nel corredo delle ragazze di quei tempi lontani. Tovaglie enormi per tanti commensali, regali nella loro semplicita’, senza ricami ma luminose come sono i lini di Fiandra.  E sara’ di lino anche il caftano programmato per la prossima estate, molto colorato e festoso. Non sara’ importante se non mi stara’  bene per l’eta’ e per la mia fisicita’ , sara’ una pennellata rosa  nel grigiore della quotidianita’ che viviamo. Essenziale che mi porti un soffio di allegria  e mi faccia stare bene.

Tessuto di Cecilia: LA GARZA

Leggerezza – di Cecilia Trinci

La garza ha il fascino del pizzo e la semplicità del cotone. Leggera, trasparente, svolazzante, per coprire davvero ha bisogno di strati, meglio se di colori diversi, è fluida, segue il vento e l’allegria, l’estate, il fresco della notte sotto le stelle. Ampi grembiuloni di garza in colori contrastati: il viola sull’arancio, il beige sul marrone bruciato, il giallo sul blu, comodità e freschezza, la stessa dimensione e lo stesso carattere distratto delle tende indiane, anche quelle sovrapposte in più colori, a volte ricamate, o disegnate con simboli antichi.

Garza di seta, garza di cotone, garza di camicie larghe su pantaloni morbidi, garza bianca più seriosa su gonne nere aderenti. Garza che filtra, che lascia passare vibrazioni, che non ferma le brezze leggere e le lascia cadere sulla pelle, garza benevola che accarezza e non stringe, copre difetti e ne sorride, con i suoi colori coraggiosi. Ride nelle sue trame abbozzate, imperfette, croccanti.

Le case dove sono rimaste tracce

Da Andrea Bajani – Il libro delle case

Da ascoltare con attenzione. Dice l’autore che aveva scoperto come di lui fosse rimasto molto nelle case abitate in vari periodi della vita e che quell’IO che noi crediamo unico, in realtà è diverso negli anni e quindi anche nelle case in cui questi diversi IO hanno abitato. Quello che eravamo a 2, a 17, a 35, a 44 anni e che nell’Io di oggi non c’è più, è rimasto nelle case abitate e poi lasciate, dove ora vivono, pesticciano, si muovono, altre persone e altre vite.

L’idea dell’autore è stata prendersi CURA DEGLI SPAZI che conservano tracce dei noi che siamo stati. Raccontare attraverso pavimenti, finestre, mura…. gli avvenimenti, ma non considerandoli solo scenari, ma al contrario, protagonisti.

Avere cura, nel raccontarli, degli spazi che si sono presi cura di noi attraverso il tempo.