Personaggi e storie – Roberto
“ROMA TORINO, VIA FIRENZE” – di Roberto Zatini

Il treno rallentò prima di entrare nella stazione di Torino…Era partito da Roma Termini la mattina alle undici e dieci: le sedici erano passate da cinque minuti e il Frecciarossa, stava per entrare nella stazione di Porta Nuova. “Una puntualità svizzera!” disse fra sé la donna, guardando il biglietto di sola andata, prima di appallottolarlo e ficcarlo nel porta rifiuti sotto il finestrino. Lei preferiva farsi aspettare, nonostante che, per questo, avesse perso diverse occasioni. Le persone iniziarono ad alzarsi e, presi i bagagli, si avviavano verso la testa del vagone. Non aveva voglia di affrettarsi, anche se le cose da fare non erano poche. Con lentezza studiata, si alzò anche lei, ma un rallentamento più brusco la rimise a sedere, rischiando di farla cadere sull’uomo dai capelli bianchi che si era seduto accanto a lei, dopo che il treno si era fermato a Firenze. Il signore la guardò sorridendo e continuò a scrivere sul suo tablet. Lei ricambiò il sorriso con un po’ d’impaccio, sistemandosi la gonna del tailleur verde erba. Il rosso dei suoi capelli spiccava come un fiore sul verde dell’abito, mentre la collana d’oro e gocce di giada le abbelliva lo scollo, facendo passare in secondo piano le efelidi che ne segnavano la pelle. Anche le scarpe con il tacco a spillo erano dello stesso colore del tailleur e davano slancio a due gambe che non ne avevano bisogno: l’anziano signore l’aveva guardata bene prima di rimettersi a scrivere. Il treno si mosse per fermarsi di nuovo, con un rumore di ferraglie: l’entrata in stazione sembrava problematica e la donna disse, senza rivolgersi a qualcuno in particolare: “Cosa sta accadendo?”
Il signore che le sedeva accanto le sorrise e si strinse nelle spalle dicendo: “Non lo so davvero! Teme di far tardi?”
“Non mi aspetta nessuno!” rispose decisa la donna. Poi, temendo di essere stata brusca, girandosi la fede d’oro con il pollice e l’indice della mano destra con un movimento automatico, proseguì: “Vedo che anche lei continua a scrivere: che senso ha affrettarsi?”
L’uomo si appoggiò meglio allo schienale, facendo una smorfia con la bocca: “Ah, cara signora, io non corro più! Ma pensavo proprio che ci fosse qualcuno ad aspettarla!”
La donna lo guardò sorpresa: “E cosa glielo faceva pensare, scusi?”
Il signore dai capelli bianchi spalancò gli occhi, come se non avesse pronte le parole per risponderle mentre con le mani cercava con calma qualcosa nelle tasche della giacca sportiva: “Mah, così…Ho notato che si era alzata appena il treno aveva rallentato per entrare nella stazione, che era sposata…”
Il treno accennò a muoversi per fermarsi poi di colpo, con un rumoroso singhiozzo. Dalle tasche, l’uomo aveva tirato fuori un mazzo di chiavi che aveva rimesso subito a posto. Dopo vennero fuori anche un pacchetto di fazzoletti di carta e uno scontrino. Li lascò sul tavolino, occupandolo con quelle cianfrusaglie e continuando a cercare nelle tasche. La donna si passò le mani nei capelli rossi e rise meravigliata: “Scusi, ma chi le ha detto che sono sposata?”
Il treno non accennava a ripartire: i passeggeri in piedi nel corridoio erano aumentati e impedivano a quelli ancora seduti di prepararsi a scendere. Il signore continuava a frugarsi in tasca, ma trovò il modo di risponderle: “Vede signora, ormai ho un’età in cui, di fronte a certi elementi, arrivo a conclusioni che mi sembrano conseguenti: una fede all’anulare della mano sinistra di una donna, mi fanno ritenere che sia sposata…”
La donna, con lo stesso gesto automatico di prima, si girò la fede con il pollice e l’indice della mano destra, ma non replicò. Un’ombra le era scesa sul viso.
L’uomo anziano guardò lo scontrino come se lo vedesse per la prima volta. Prima di gettarlo, lo guardò ancora. Poi continuò: “Si è mai seduta a un tavolo del bar Paszkowski in piazza della Repubblica a Firenze? E’ sempre una gran bella cosa, sa! Anche se costa cara! Un caffè e un bicchiere d’acqua cinque euro e ottanta! Ma ne vale la pena, mi creda!”
“Abita a Firenze?” gli chiese la donna, rimanendo seduta, continuando a girare la fede.
“Sì e la considero una fortuna!” le rispose l’uomo con soddisfazione. Dalla tasca aveva tirato fuori anche una vecchia tessera e una foto che a forza di essere stata piegata si era divisa in quattro e stava insieme per miracolo.
Il treno non accennava a muoversi e il brusio dei passeggeri stanchi di aspettare fermi nel corridoio, aumentò. La donna guardava quell’uomo che, preso dalle sue carte, si comportava come se il treno non fosse già in stazione e continuava una conversazione che, per forza di cose, stava per terminare. “Conosce Firenze, signora?” chiese alla donna, che si alzò per guardare fuori dal finestrino. L’uomo anziano continuò, senza aspettare che rispondesse: “Questa è la foto della sede storica dell’Accademia della Colombaria, in via del Proconsolo, al numero dodici, all’angolo con Borgo degli Albizi, dov’è il canto de’ Pazzi. Siamo vicino al Bargello!” Si sentì un lungo fischio e il treno finalmente si mosse con una lentezza esasperante. La donna si era di nuovo seduta. Ora che il treno si stava muovendo, sembrava più interessata a quello che diceva l’anziano sconosciuto: “Conosco Firenze, ma non ho mai sentito parlare di codesta accademia!”
Il signore sorrise compiaciuto: “E’ un’accademia culturale antica e prestigiosa. Sono venuto a Torino per consegnare la tessera allo “Spennato” che non sta bene. E’ un caro amico!”
“Spennato? Allora nell’Accademia giocate anche d’azzardo!” affermò d’istinto la donna.
L’uomo scosse la testa ridendo: “Non scherziamo! Spennato è lo pseudonimo del socio: lo fecero i primi accademici prendendo spunto dai colombi che frequentavano la colombaia del Palazzo “non finito” dei Pazzi e, chi vuole, lo fa ancora: il torraiolo, lo snidiato, lo spollinato…” Il treno entrò in stazione e superò gli scambi con altri rumori: “Se lo vuol sapere io sono lo spaiato!”
La donna si alzò, con le braccia sollevate per prendere il bagaglio: il treno fece ancora un ultimo balzo, facendole perdere l’equilibrio. Si sentì il crac del tacco a spillo che aveva ceduto. Il viso le era diventato dello stesso colore dei capelli, mentre teneva sconsolata la scarpa in mano: “Ci mancava solo che mi si rompesse un tacco!”
Il treno ora si era fermato. Si sentì il rumore delle portiere che si aprivano. I rumori della stazione arrivavano fin dentro la carrozza. La fila dei passeggeri si mosse. L’uomo prese un fazzoletto di carta dal pacchetto, vi scrisse qualcosa e lo porse alla donna visibilmente contrariata, dicendole: “E’ il mio indirizzo di posta elettronica. Se è interessata a conoscere l’attività dell’Academia mi scriva!”
Lei lo guardò come se fosse un alieno. Si mosse con difficoltà, inserendosi nella fila dei passeggeri. L’uomo raccolse le sue cose, le mise in tasca e, con calma, si preparò a scendere.
Ciao Roberto .Bella storia
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Ciao Roberto, mi fa piacere che abbia scritto di nuovo per il nostro blog. Storia interessante, ma semplice. Grazie
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