Personaggi e storie – Patrizia

Ricominciare – di Patrizia Fusi

Foto di Q K da Pixabay

Ispirato agli elementi:

Un biglietto di sola andata Roma-Torino

Uno scontrino di un bar di Firenze di 5,80 euro

Un fazzoletto di carta con un indirizzo e-mail

Una fede d’oro

Una carta socio dell’Accademia La Colombaria

Una foto di gruppo spezzata in quattro

Un tacco a spillo di una scarpa da donna.

***

E’ una giornata luminosa e tiepida di metà settembre, prima di raggiungere Torino Maura ha deciso di fermarsi a Firenze , è legata a questa città, ha pure la carta di socio onorario dell’Accademia della Crusca.

Ha voglia di immergersi nella magia che emana per lei questa città, è raccolta, un museo a cielo aperto, con le grandi strade principali, il fascino dei vicoli stretti con i tanti tabernacoli, dietro a ognuno una storia. Alzando gli occhi vede gli stili diversi degli edifici, il fascino delle case torri, le grandi chiese, i tanti musei…. tutto parla di storia.

E’ seduta al tavolino del bar davanti al palazzo comunale dove fa bella mostra di sé la statua del “Biancone”.

Il sole la riscalda, si toglie la pesante giacca nera, è tranquilla, ha deciso di cambiare vita, ha sessantatre anni, non vuole vivere di ricordi che sente come una pesante zavorra nella mente.

Non ha niente che la trattiene a Roma, per scelta non ha voluto figli, i genitori non ci son più, l’amore è finito, è orgogliosa, selettiva, in vecchiaia è peggiorata, giudicava quasi sempre gli altri in base alla cultura, e veniva fuori nei giudizi la sua professione, forse ora si fa qualche domanda perché alcune amicizie si sono allontanate senza un apparente motivo, facendola soffrire.

Controlla quello che ha nelle tasche della giacca, sente il tintinnio della fede d’oro che batte sul tacco a spillo, altri frammenti della sua vita in questi due oggetti, si è tolta la fede perché ha chiuso con suo marito, un brindellone che con l’avanzare dell’età sì è sentito attratto dalle giovani donne…Anche lei ha avuto paura degli anni che passano sul suo fisico ed è ricorsa al chirurgo estetico.

 Il tacco a spillo lo ha portato con sé per ricordarsi che non può più indossare quel tipo di scarpa, sa bene che quando le calzava si sentiva più femminile e attraente.

Le viene fuori la foto di gruppo delle sue colleghe, Maura insegna alle superiori, nella foto c’è anche la biondina che ha fatto perdere il capo al brindellone, una rabbia le arriva allo stomaco, fa la foto in mille pezzi, si sente sollevata come aver scancellato anche questo brutto ricordo dalla mente.

Estrae il fazzoletto di carta con l’indirizzo email che un suo compagno di scuola di quando erano giovani le ha inviato. All’epoca lui era timido e bruttino, lei sapeva della cotta che lui aveva per lei, ma non le interessava, era una ragazza forte arrogante e arrivista, non lo filava per niente, voleva di più, in questo non era cambiata.

Con il suo vecchio compagno di liceo si sono rivisti a Roma ad una mostra, grande piacere di rincontrarla da parte di lui, e anche lei è stata contenta di rivederlo: lui ha ancora il solito aspetto insignificante ma ora è piacevolissimo nella conversazione, pieno di interessi. La cosa che le ha fatto battere il cuore a questo incontro è stato quando lui con spontaneità le ha fatto dei complimenti sul suo aspetto e dentro di lei è scattata una molla di desideri. Sentirsi ancora donna le ha fatto bene. Nel salutarsi Carlo le ha fatto scivolare fra le mani un fazzoletto di carta con il suo indirizzo email….

Prende il conto: euro 5,80, caro il caffè e un bicchiere d’acqua, pensa, e saluta mentalmente la città.

Mentre è seduta in treno accarezza il biglietto di solo andata Roma – Torino, ha mandato una mail a Carlo che andrà a trovare.

Maura ha deciso ricominciare a Torino, una citta per lei sconosciuta, senza pesanti ricordi, vuol sentirsi libera, non vuole più stare nei posti dove ha trascorso la grande parte della vita.

Vuole vivere qualcosa di nuovo, strade, piazze, amicizie nuove senza ricordi, con tutte le incertezze che questa scelta comporta ma anche il fascino di sentirsi libera.

Personaggi e storie – Carla

Ispirato agli elementi:

Un biglietto di sola andata Roma-Torino

Uno scontrino di un bar di Firenze di 5,80 euro

Un fazzoletto di carta con un indirizzo e-mail

Una fede d’oro

Una carta socio dell’Accademia La Colombaria

Una foto di gruppo spezzata in quattro

Un tacco a spillo di una scarpa da donna.

Volo di sola andata – di Carla Faggi

PERSONAGGIO: Rosa Alzalamira

un metro e sessanta, rotondetta, capelli biondo naturale media lunghezza, occhi celesti chiarissimi.

35 anni, professionista seria e ben pagata.

Di professione killer su commissione, cioè assassina a pagamento.

Metodica: per raggiungere il luogo di lavoro usa sempre spostarsi in treno con un biglietto di solo andata. Il rientro non lo programma ma come e quando se lo inventa sempre di volta in volta.

Tirchia fino allo spasimo odia le spese superflue, per questo conserva sempre gli scontrini o le ricevute delle spese non essenziali.

Vedova, il defunto marito sembra si sia suicidato, la fede d’oro di lui rimastagli verrà portata ad un comprooro. I ricordi passati infatti non gli interessano.

Di lui conserva solo una vecchia foto di gruppo con suoi amici anche loro misteriosamente suicidi. In un momento di rabbia l’aveva strappata ma poi aveva deciso che si meritavano il ricordo e l’aveva conservata.

Non ha relazioni sentimentali ma pratica sesso alla bisogna e quanto basta. A pagamento. Ordina la merce tramite un indirizzo e-mail che si porta sempre dietro per il terrore di dimenticarlo.

Si considera un’intellettuale, infatti il suo tempo libero molto lo passa studiando all’accademia della Colombaria di cui è socia onoraria.

Ha una forte autostima di sé, si considera quasi perfetta, l’unico suo difetto ritiene che sia la sua troppa sensibilità, infatti spesso trattiene presso di se un ricordo tangibile come un piccolo oggetto, vedi tacco a spillo di scarpa da donna, del suo ultimo lavoro, per rispetto della persona che ha dovuto sopprimere, per ricordarla più a lungo.

STORIA

È arrivata con un volo di sola andata, ama rimanere ancora sul posto a lavoro compiuto per godersi un po’ le reazioni, con solo un trolley portaspesa perchè è tutto quello che le serve.

Ora si rilassa Rosa Alzalamira sorseggiando un caldo caffè americano e si gode alla televisione il successo del suo ultimo lavoro. Pensa a se stessa, alle soddisfazioni che ultimamente si è concessa.

Il marito morto in maniera sospetta archiviato come un suicidio. Sorride e pensa: è stato un capolavoro,uno sparo alla tempia, il muro tutto schizzato di effluvi sanguigni, il volto spappolato e distribuito dappertutto.

Poi la morte degli amici di lui, anche loro misteriosamente suicidi. Tanti capolavori: chi col veleno spasimando per ore ed ore con coniati di vomito e bava alla bocca, altri con lame affilate che affondano nelle carni con tanto di sangue a flotti.

Qualche poliziotto sospettoso e poi anche loro archiviati come suicidi.

E già cara Aghata Cristie a volte l’allievo supera il maestro!

Un’occhiata ancora alla televisione, ripensa al suo ultimo lavoro compiuto poche ore prima e di cui tutto il mondo sta parlando:

Entrata nel grattacelo, arriva al sesto piano, sistema il trolley vicino alla finestra più adatta e dal trolley prende il suo gioiello più prezioso, l’unico che ama e che rispetta : il suo fucile di precisione, un Mauser, leggero con mirino telescopico, perfetto come tutto quello che è tedesco.

La raggiunge Oswald, lui posiziona il suo 91 di fabbricazione italiana.

Sciocco uomo, pensa, è stato comunque un ottimo amante, ne avevo bisogno, il sesso mi fa sempre bene prima di un lavoro.

Un po’ di attesa, poi arriva il corteo presidenziale, sono quasi le 12,30 di venerdì 22 novembre 1963 la limousine Lincoln è sotto mira, lei spara il primo colpo quello mortale alla testa, poi si alza, prende il suo fucile e se ne va. Oswald spara gli altri tre colpi.

È stato un bel lavoro e abbiamo già il colpevole, pensa mentre si alza e paga lo scontrino, odia le spese superflue però quando ci vuole ci vuole e un bel bicchierone di caldo caffè se lo meritava!

Si avvia con il suo troller verso l’aeroporto, vuole allontanarsi da Dallas anche se sa che nessuno la noterà, è solo una biondina slavata piccola e grassoccina.

Pensa al suo ritorno, vuole riposarsi un po’ prima di accettare un nuovo lavoro e dedicarsi alla sua passione, lo studio sull’anatomia nervosa dei colombi considerati evoluzione del colomboiceto sanguinatium dell’era cretacea. Sa che è considerata una delle migliori ricercatrici dell’accademia della Colombaria. Dall’altronde “fatti non fummo per viver come bruti ma per seguir virtude e canoscenza”.

Nessuno la notò e si avviò alla partenza.

Personaggi e storie – Stefania

Ispirato agli elementi:

Un biglietto di sola andata Roma-Torino

Uno scontrino di un bar di Firenze di 5,80 euro

Un fazzoletto di carta con un indirizzo e-mail

Una fede d’oro

Una carta socio dell’Accademia La Colombaria

Una foto di gruppo spezzata in quattro

Un tacco a spillo di una scarpa da donna.

Una scritta sul finestrino del treno – di Stefania Bonanni

Foto di ThePixelman da Pixabay

Personaggio: Salire su quel treno, biglietto sola andata Roma Torino, fu come entrare in una macchina del tempo. Lei era di nuovo seduta accanto alla sua mamma, così vicina al suo fianco che le sarebbe piaciuto infilarsi sotto la sua gonna larga, respirare ed esserne nascosta e protetta. Di nuovo i piedi non toccavano terra,  si appoggiavano al grande cesto di paglia con i manici che lasciava vedere un pezzo di salame dalla buccia scura e un sacco fatto con la tovaglia a quadri bianchi e rossi della tavola di tutti i giorni. Copriva un grosso pane tagliato a fette spesse  per i bambini, per il viaggio. Non era granché,  il contenuto della borsa, ma l’ordine era di toccarla sempre con i piedi, in modo da accorgersi subito se avessero tentato di portarla via. Altre valigie e pacchi erano toccati dai suoi fratelli,  quelli con i vestiti e le lenzuola ricamate, preziosi, erano stati messi in modo da appoggiarsi sia contro le caviglie della mamma, che contro quelle del babbo. Potrebbe dire che i pensieri non li ricorda, erano quelli di una bimba stanca e stranita  ma sarebbe una bugia. Non ha dimenticato un secondo, di quelle ore. Ormai sa che non dimentichera’.

Storia: Sapeva di essere al sicuro, amata e protetta,  non aveva paura e le novità la incuriosivano, ma ricordava la sensazione dolorosa di uno strappo che le nasceva dentro, come se si ramificasse il cuore, come se il nuovo ramo andasse da un’altra parte, lontano dalle radici. Una strana nuvola la inghiotti’, densa e umida. Come è strano ricordare anche le sensazioni. Vede di nuovo quello che vide: piangevano i finestrini del treno, lacrimavano piccole perle che diventavano schizzi. Lasciavano piccole tracce, e lei scrisse CIAO, con il dito indice incerto della prima elementare. Chissà se qualcuno l’ha mai letto, il suo saluto. Chissà se c’è un posto dove vanno a finire le parole segrete scritte sui vetri, perché sono parole d’amore  la cerimonia di un istante  che ha bisogno di un nome qualunque, per essere.

Arrivarono a Torino, e ricominciarono daccapo. Trovarono una casa, ritrovarono parenti che parlavano lingue conosciute e musicali, lavori nuovi  cibi da imparare. Avevano lasciato una casa nella quale pioveva, e per fortuna c’era sempre il sole, e un pezzo di terra che ricambiava la fatica con patate e cipolle, e neanche in grande quantità. Lei non dimentica il suo babbo che rientrava quando il sole se ne stava andando, portandosi addosso l’odore di quelle zolle dure che diventavano polvere e gli disegnavano sul viso, sul collo, sulle braccia  rughe profonde e marroni. Sembrava fatto di terra, color terracotta . A Torino trovò lavoro in fabbrica, tra le lamiere di una catena di montaggio. Sempre al chiuso, sempre teso per non perdere i ritmi della catena. In poco tempo cambiò colore  diventò grigio come quelle lamiere. Si ammalo’ presto. Non tornarono più al paese, eppure lo aveva promesso, e lei ci aveva creduto che sarebbero tornati, avrebbero riparato il tetto con i soldi della fabbrica….  sarebbero andati al mare . Sarebbero stati a casa.

Non fu così.  La città inghiottiva gli anni e le persone. Il freddo formava strati di ghiaccio che rendevano solide le lacrime ed il sangue, e muravano la rabbia in fondo ai pensieri. Si doveva raschiare con le unghie, mordere   per trovare il tenero che faceva male  e lo strato tenero era sempre più sottile, sempre più nascosto . Lei, piccola, anonima, scura, fece un lavoro enorme. Studiò con una determinazione violenta, e arrivò in alto,  a far parte di un mondo di pensatori che pensavano cose che non le piacevano, che le sembrarono estranei per sempre. E decise, ad un certo punto decise che avrebbe distrutto quel mondo fasullo, che barattare la vita delle persone con frigoriferi e lavatrici non si poteva.

Entrò in un altro mondo. Fu facilitata dal suo aspetto. Lei poteva sembrare un ragazzino, o una donna. Era questione di dettagli  e mai rimaneva impressa nei ricordi della gente. Non c’era nulla, in lei, che destasse attenzione.

Conobbe persone come lei, in un sottotetto che chiamavano “la colombaria”. E nel gruppo si chiamavano “colombi”. Chi li vide pensò fossero studenti che si incontravano per preparare esami. Diventarono parecchi, e ci fu bisogno di un ritrovo più nascosto. A firmare il contratto d’affitto di una cascina in disuso andarono lei ed un certo Mario  e per l’occasione si erano entrambi messi all’anulare una fede d’oro. Dissero di essere sposati da poco, appena arrivati dal Sud. Il gruppo si dette presto degli obiettivi, ed i primi furono i quattro ritratti in una foto che li vedeva sorridere, tutti e quattro indossavano la toga. La foto fu strappata in quattro pezzi. Un pezzetto fu per lei.

Venne uno da fuori, una specie di esperto, che insegnò a nascondersi, a non lasciate tracce, a non farsi notare, a sparire, a sparare.  Fu stabilito anche l’abbigliamento di ognuno. Per lei pensarono ad un giaccone da uomo, buono per tutte le stagioni, ampio e pieno di tasche, che sarebbe stato l’unico contenitore di tutte le sue cose. Avrebbe dovuto metterci dentro qualunque appunto, scontrino, biglietto di cui si fosse dovuta servire.

Mise in tasca anche quel tacco che le si era rotto correndo, quell’unica volta che si era messa un paio di scarpe da donna. Mise in tasca la fede d’oro, e lo scontrino ricordo dell’ultima volta in cui era stata serena, l’unica prima di quei tristi ultimi tempi. Si erano fermati a Firenze, un panino ed un bicchiere di vino in centro: 5 euro e 80. Non lo aveva più visto, lui. L’aveva trattato male e lasciato da solo, senza spiegazioni che non poteva dare. 

Aveva in tasca anche quel fazzoletto di carta dove era scritto di rosso un inutile indirizzo email. Lì si potevano scrivere bozze, che solo con una password era possibile leggere. Impossibile rintracciare chi scrive perché non invia, ed anche chi legge,  se non si conosce la password. 

Lo vide scendere di macchina, il soggetto ritratto nel suo ritaglio di foto. Lei si infilo’ nel portone appena lui apri’ con il telecomando, come d’abitudine. Sparo’ due colpi precisi, col silenziatore.  Quando faceva una cosa  la faceva bene. Si allontano’ rasentando il muro. Lascio’  il giaccone su una panchina. Guardo’ indietro, allontanandosi. Le sembro’  di vedersi morta su quella panchina.

Prese un treno al volo, il primo che fermo’ in stazione. Scese a Firenze, prese un altro treno per Roma. Finalmente, prese un treno che arrivo’ al mare. E fu a casa.

Personaggi e storie – Anna

Voglia di ricominciare – di Anna Meli

Foto di Espressolia da Pixabay

Elementi:

BIGLIETTO  ROMA – TORINO

FEDE D’ORO

CARTA SOCIO ACCADEMIA LA COLOMBARIA

FAZZOLETTO CARTA CON SCRITTA E-MAIL

SCONTRINO BAR FIRENZE Euro 5,80

FOTO GRUPPO SPEZZATA IN 4 PEZZI

TACCO A SPILLO SCARPA DA DONNA

            Personaggio: Camminava lungo l’argine del fiume, serio, assente forse anche stanco. Gli occhi bassi vedevano solo l’orlo dei pantaloni e le scarpe da ginnastica sporche di fango. Il suo camminare spedito faceva pensare ad una persona in cerca di qualcosa o qualcuno.

           Storia: Era vestito in modo abbastanza comune con pantaloni di jeans, maglione a collo alto, eskimo lasciato aperto e uno zaino sulla spalla destra che ogni tanto rimetteva su, mostrando con quel gesto mani grandi e forti prive di anelli. Il suo volto magro e un po’ allungato, era incorniciato da una barba scura semi-incolta, il naso regolare, le labbra carnose e distese non tradivano emozioni, mentre gli occhi chiari azzurro-verdastri sembravano nuotare in un liquido brillante e con  riflessi di pagliuzze dorate. I capelli castani lunghi, ma non troppo, ondeggiavano morbidi al suo incedere.

            Era un tipo che non passava inosservato. Giunto al primo ponte, aveva attraversato il fiume fermandosi a guardare l’acqua che scorreva impetuosa trascinando con sé ogni sorta di detriti. Tirò fuori dalla tasca una vecchia foto della sua ex con i suoi amici e in un impeto di rabbia e delusione la fece in quattro pezzi e la gettò nel fiume seguendola con lo sguardo finché non si posò e la corrente non la portò via. Pensò: “Un fiume nasce da una piccola sorgente, scorre allegro e saltellante fra i sassi, poi si distende nel suo letto a valle e scorre placido fino al mare; basta però un temporale improvviso per stravolgere tutto”.

            Proprio così era stata la sua vita. Se ne era andato da Roma a Torino con un biglietto di sola andata per iniziare una nuova esistenza. A Roma aveva lasciato la sua ragazza e tanta amarezza.      Avrebbero dovuto sposarsi da lì a poco, ma il suo migliore amico gliela aveva portata via. A lui era rimasta nella tasca del giaccone solo la fede d’oro acquistata troppo presto e quella foto.

            A Torino aveva trovato un nuovo lavoro e nuovi amici, ma non pensava di rimanere molto, non era abituato a quel clima. Fra gli amici c’era una ragazza con la quale aveva parlato confidandogli la sua amarezza. Lei era stata particolarmente comprensiva e una sera durante un aperitivo gli aveva scritto il suo indirizzo mail su un fazzolettino di carta invitandolo a Firenze dove nel mese successivo si sarebbe trasferita in modo stabile. Per invogliarlo gli aveva parlato anche dell’Accademia la Colombaria di cui era socia mostrandogli la vecchia tessera e facendogliene dono.

            Non trascorse molto tempo; già c’era nell’aria odore di primavera, splendida stagione per una splendida città come Firenze.

            Scrisse alla ragazza ed ora era in procinto di incontrarla in quel bar al di là dal ponte. Avviandosi inciampò con un piede in qualcosa di rosso, si piegò per raccoglierlo: era il tacco a spillo di una scarpa da donna. Immediatamente si ricordò di aver letto sul giornale di una manifestazione contro la violenza sulle  donne avvenuta a Firenze; lo ripulì con un fazzolettino di carta, lo tenne un po’ fra le mani poi con un gesto meccanico lo lasciò scivolare nella tasca del giaccone. Chissà, forse gli avrebbe portato fortuna!

            Arrivando con passo lento al Bar dell’incontro aveva ordinato un sandwich e un caffè. Leggendo lo scontrino di euro 5,80 aveva esclamato “ Cara la vita a Firenze”, ma aveva sorriso.