Che faccia feroce hai signor diavolo. Brutto e cornuto guardi dall’alto il mondo. Il tuo sguardo fiammeggiante si posa laggiù in basso dove si muovono e si intrecciano le passioni di uomini e donne. Le geometrie del pavimento nei loro cerchi, convergono verso l’anello che tiene ben bene ferme le catene della costrizione. Vorresti indurre soggezione e paura. Dalla tua bocca spalancata fioccano ordini, ma non sembra che l’uomo e la donna incatenati abbiano così tanta paura di te da volersi assoggettare ai tuoi comandi. Hanno i volti fin troppo sereni e la ragazza sembra aggiungerci l’espressione maliziosa e decisa di chi, pur ad occhi tenuti volontariamente abbassati, stia per intonare il suo canto di libertà. Si alza dapprima flebile, poi prende forza e a poco a poco riesce a rompere ad uno ad uno gli anelli della catena che la vorrebbe tenere prigioniera.
Da ieri la tengo dentro di me come una guida, un faro. E’ un’immagine che aiuta più di tante parole.
Porta il numero 14, il doppio del mio giorno di nascita che è il 7, numero magico e fortunato composto da 4 (gli elementi – terra, acqua, aria e fuoco -, le virtù cardinali, di cui una è la temperanza, ma 4 sono anche i punti cardinali) e 3 (le virtù teologali); volendo pensare alla geometria, il 7 è il quadrato sormontato da un triangolo. E già questo è moltissimo!
Temperanza è il fiume della vita, che scorre dall’Alto verso il basso, e poi di nuovo dal basso verso l’Alto.
Ha ali d’Angelo, grandi, morbide, delicate ma anche potenti.
I suoi piedi sono in equilibrio: uno poggia sulla riva, tocca la terra, l’altro sfiora l’acqua.
Non teme di cadere, perché coltiva Armonia ed Equilibrio dentro di sé. La concentrazione le consente di lavorare senza perdere una goccia mentre travasa l’acqua da una brocca all’altra; una è d’oro, una d’argento. Una è fredda, l’altra è calda, una è il Sole, l’altra la Luna. Gli opposti si temperano l’un l’altro.
Temperanza è lieta di svolgere il suo lavoro.
Sulla testa ha un piccolo cerchio con un punto al centro, simbolo dello Spirito (il punto) e la materia (lo spazio fra il punto e il bordo esterno), che lavorano insieme per dare vita all’Universo. Al di sopra della sua testa splende un cerchio con spicchi di luce di Sole e di Luna.
Sullo sfondo sorge il Sole e illumina monti e valli.
Ma l’immagine più curiosa di questa carta è quella del leone e dell’avvoltoio dietro alla Temperanza, sul lato sinistro: attorno ad un braciere in cui arde un fuoco, simbolo di forza e saggezza, paiono intenti a filosofeggiare, invece che avventarsi sulle prede.
Davvero un gran bel risultato del lavoro della Temperanza!
La mia carta della Luna (io sono nata il 18, ma anche la lettera T è la diciottesima dell’alfabeto), risponde perfettamente a quello che in questo momento è il mio cammino. Ma la mia ispirazione si è dissolta durante la notte.
Comunque l’immagine della luna è qualcosa che mi ha fortemente colpito e prima o poi ne nascerà qualcosa.
L’altra sera mi sono ritrovata bloccata all’uscita dell’autostrada.
Un disco infuocato torreggiava a ovest, pronto a essere inghiottito dalla montagna.
A est, nonostante la luce del sole fosse ancora potente, un disco biancastro e delicato galleggiava placidamente. Quasi un’immagine speculare: giorno e notte che convivevano insieme……
ACQUARELLO COMPAGNO DELLA VITA ADULTA– di Tina Conti
foto e acquarello di Tina Conti
Matera sotto la neve – Tina Conti
Era giunto il tempo per un nuovo amore, tutto mio, che mi desse emozioni sconosciute, imprevedibili, segrete. Arrivava un nuovo tempo di vita, mi dovevo preparare, avrei dovuto lasciare il lavoro. Potevo solo partecipare al corso serale, mi iscrissi, e cominciai la scuola. Erano quasi tutti uomini, che mi accolsero con garbo e gentilezza. La serata era faticosa dopo una giornata di lavoro ma, ero decisa, avrei combinato qualcosa. A un certo momento per tirarci su, si beveva un goccetto di vinsanto con due cantucci, il percorso all’inizio era molto complicato, tanti passaggi e tecniche. Rimanevamo incantati dalle mani del maestro che con due tocchi trasformava in decenti i nostri pastrocchi si, erano proprio pastrocchi. Però si andava avanti, quel nostro ritrovarsi e raccontarsi, ci faceva sentire bene e eravamo allegri e fiduciosi. Il maestro ci fece cambiare tutto il corredo, avevamo tutti materiali scarsi e di cattiva qualità. Il primo corso fini’. Io trovai una scusa per non partecipare alla esposizione che un gruppo di artisti faceva in estate e feci proprio bene, se oggi riguardo i miei primi lavori mi sento morire.
Feci ancora sessioni di scuola con lo stesso maestro che, riguardo a comunicare la tecnica lasciava a desiderare ma, era un bravissimo acquarellista.Feci altri corsi, uno con una ragazza brava e paziente che lavorava sulla tecnica con competenza e sensibilità. Tutte le volte ,oltre al lavoro, amavo il gruppo, le nuove amicizie, il bel tempo che trascorrevamo insieme. Ho fatto, sempre la sera dopocena, corsi di disegno con una fatica immensa ma guadagnando in capacità e tecnica. Un giorno, il maestro di acquarello mi ha detto che non avevo più bisogno di andare da lui, potevo camminare da sola.
I colori erano diventati miei buoni amici, li strapazzavo a piacimento, oppure li stendevo con parsimonia e attenzione..Il mio tavolo da lavoro sempre apparecchiato mi fa l’occhiolino, io,lascio appunti e progetti pronti , aspetto pero’ l’urgenza a cominciare.
Spazio fra lavori meticolosi, attenti alla forma e alla realtà ‘ a realizzazioni dell’anima, che io non conosco, che escono da crateri profondi, che cambiano di volta in volta, che mi turbano e commuovono.Mi riconosco in questo fare, sono io ogni volta, sconosciuta e scontata allo stesso tempo. Mi piace farmi portare dall’acqua e dai rigagnoli di colore, perdermi e ritrovarmi, amo molto lavorare da sola e con le amiche che a volte si uniscono per confrontarsi e stuzzicarsi sulle cose fatte.
Il mio nuovo amore mi segue ancora, e mi stimola a guardare il mondo … le cose…gli uomini.
Cinque milioni di lire ! Una cifra impensabile per uno di “braccino corto” come me. Ma quando la vidi in bella mostra in vetrina la sua bellezza mi stordì …. doveva essere mia !
Fu tutta colpa di Beppe che prima di iniziare le prove del gruppo esordì :
– Ragazzi dal Checcacci in vetrina c’è una chitarra stupenda ! –
Una “Gibson Les Paul custom“, la Roll Royce delle chitarre elettriche, il mio sogno giovanile. Solitamente questo modello è di colore nero, ma questa meraviglia era rossa bordeaux “wine red” con le venature del legno in trasparenza….BELLISSIMA ! Il suono poi …. Potente, rocchettaro, limpido, aggressivo, che sovrasta e perdona le tue imperfezioni…. Praticamente suona da sola !
Fino ad allora avevo sempre criticato l’altro chitarrista del gruppo che aveva cinque o sei chitarre una più bella dell’altra, non capivo come potesse buttar via tutti quei soldi, quando per me una era più che sufficiente. Certo era una gran passione, le cambiava in continuazione e riusciva a tirar fuori i timbri migliori.
La comprai a rate, cinquecentomila lire al mese, non ebbi neanche il coraggio di dire a mia moglie quanto mi era costata.
– Ragazzi, quella chitarra non è più in vetrina, in una settimana l’hanno già venduta !-
Disse Beppe prima delle prove.
Quando la tirai fuori dalla custodia tutti sbalordirono con un :- Nooo! L’hai comprata tu, wow ! –
Era l’anno 1998, l’ho suonata per cinque anni, quando lasciai il gruppo era il 2003. Da allora è lì nella sua custodia, solitaria, in attesa di una mano che scorra ancora sul suo manico .