Era nascosto in alto lungo il viale del Passato, angolo piazza del Dimenticatoio.
Si era rifugiato tra polvere, fantasmi e sogni perduti.
Era da tanto che si trovava là e non c’era nessuno che lo andasse a cercare.
C’era voluto del tempo per riesumarlo e dargli nuova vita: scale gigantesche, trasporti speciali e mille scatoloni alla rinfusa.
Appena tirato fuori non ce la faceva a reggersi in piedi e qualcuno proponeva interventi radicali.
Ma poi, alla meno peggio, era riuscito a stare in equilibrio ed a protendere le braccia verso i suoi spettatori.
Sembrava messo male davvero: pencolava da tutte le parti e appariva proprio sgraziato.
Ma mentre veniva aperta scatola dopo scatola c’era una piccola Trilli che creava uno scenario magico di palle, nastri e strisce che con i loro colori, lustrini, ori e argenti avevano ricreato uno spettacolo incantato.
E così Spelacchio era tornato nella sua casa a far vibrare l’aria di festa che sembrava perduta per sempre ritornando ad occupare il suo posto da albero di Natale.
La magia di Natale è la riga che traccia, in quell’anno. Si pensa al Natale da molto prima. A volte si programmano cose da fare prima, per levarsi il pensiero, essere sereni per Natale. E si pensa alla casa, che ci sia un posto per il presepio, per l’albero, che si possa stare comodi e rallegrarsi, quando sarà Natale. E nei ricordi, sfilano Natali dei quali non si rammenta certo il cibo, ma di sicuro viene in mente com’era l’albero, e chi c’era a tavola. E c’è stato il primo Natale senza un nonno conosciuto per poco tempo. Un nonno nato alla fine del 1800, : due secoli fa! Un nonno mandato a far la guerra a 15 anni, ricordo solo una filastrocca che diceva mentre ci faceva frugare nelle tasche del suo pastrano: “Natale Natalino. Mi contento di pochino: mille lire e un panfortino” e c’era il dolcetto, un pezzettino di panforte incartato di bianco e argento, che si poteva mangiare tutto, ognuno il suo. E poi c’è stato il primo Natale senza la nonna, e poi quel Natale che a tavola erano spariti tutti i nonni, che erano babbi e mamme, come per magia: l’anno prima erano quattro, malaticci ma presenti, il Natale dopo i più vecchi a tavola io e Paolino. Poi c’è stato il più bel Natale della mia vita. Quella notte della vigilia che aspettai mezzanotte con un ranocchio tra le braccia da un’oretta, nella maternità di Ponte a Niccheri ancora non inaugurata, con noi primi clienti. E capire il dono, la vita, il Natale, dall’incontro con quegli occhi neri come la notte e brillanti come l’amore, che ormai conosco bene, si sono riprodotti e riprodotti, per fortuna. Poi abbiamo messo altre piccole sedie da bambini, intorno alla tavola di Natale. Ed al centro, in un vaso a protezione, ma visibile perfettamente, la ballerina di tulle e bisquit che mi raccontarono di aver comprato per il mio primo Natale. Ha perso un po’ d’argento, non mi sembrava avesse i capelli dipinti di bianco, ha il tulle un po’ sgualcito, ma la riporro’ con cura, e farò tutto quello che posso perché sia sulla nostra tavola ancora e ancora, perlomeno finché anche la Bea ricorderà cosa rappresenta: un regalo per me , cercato, pensato, dalla mia mamma.