Gli oggetti di Natale: il bambolotto

PUPETTO il  bambolotto – di Sandra Conticini

Foto di Alexas_Fotos da Pixabay

Sandra ha portato, per la nostra riunione, il bambolotto di quando era piccola e con cui ha giocato anche sua figlia. Ora sta in casa, carico di emozioni passate, come ricordo di molti anni felici, di due generazioni di giochi, come simbolo di una maternità mai messa da parte.

Scherzando Sandra fa parlare il suo bambolotto preferito:

Eh si me lo ricordo quando la mia mamma mi portò via da quella bella festa piena di bambini con la mia carrozzina celeste. Avevo molta paura perchè non sapevo cosa mi sarebbe successo, invece capitai proprio in una bella casa, mi curavano e tutti mi adoravano. Per qualche anno mi  trattarono bene, anzi direi che mi davano anche troppo latte, era un continuo andare fuori in carrozzina, mangiare, dormire e poi si ricominciava. Ero il suo bambino plasticoso preferito. Quell’altra bambina con i capelli viola   doveva essere un po’ birbetta perchè veniva brontolata e sbatacchiata a destra e sinistra. C’era anche  un altro bambino un po’ più grande di me, senza capelli, che si vedeva in giro raramente.  Io avevo il mio bel vestitino celeste con la cuffietta e i pantaloncini di lana bianca per l’inverno, ma avevano capito che in estate mi faceva caldo e così mi fecero un vestitino estivo. La mia mamma si divertiva con me e mi faceva tante coccole. Poi gli anni  passarono e fui messo in una scatola al buio e nessuno mi  ricordava più. Finchè   arrivò un’altra bambina. Speravo  di poter trovare un’altra mammina, invece lei sembrava una principessa,  mi buttava per una discesa con un passeggino e ogni volta il mio cuoricino batteva all’impazzata finchè un giorno persi  due dita. La principessa giocava con un bambolotto che, se gli toglievi il ciuccio piangeva e io non riuscivo a dormire, ma ormai a me non pensava più nessuno. Avevo troppi nemici, oltre a CiccioBello c’erano anche Barbie e  Ken,  belli, con tanti vestiti, lei bionda e magrissima e lui alto moro e muscoloso.

Cosi fui rimesso in una scatola al buio per diverso tempo. Un giorno però la mia cara mammina  mi  ritrovò e mi mise su una mensola insieme ad altri pupazzi ed ogni tanto mi spolvera e lava i miei vestiti.

Quando la mamma  mi prende mi emoziono e vorrei tornare indietro nel tempo ma, mi accorgo che anche lei è contenta perchè mi stringe forte e, anche se sono polveroso, mi sbaciucchia come quando era piccola. Sono contento perchè, anche se a volte mi sento abbandonato, ho anch’io una vera mamma!

Sono contento e penso che è proprio la mia vera mamma!!!   

Un po’ di sorrisi dal passato in attesa dei nuovi

LE BOLLE DI SAPONE – dicembre 2015

Emanuela: Come tutte le cose che possono volare anche la bolla di sapone mi affascina perché può arrivare dove io non riesco. Il suo volo può essere breve ma comunque spensierato come lo sguardo di un bambino che la insegue.

Carla:  quindici giorni che non ci vedevamo, quante cose da dirci, ci sono anche le bolle, ma quante cose da dirci, che piacere rivederci, e ci sono anche le bolle di sapone, quanti colori, una è blu e l’altra verde, che belli i capelli di Germana! Un’altra è rossa, gialla, quanto bene voglio a Tina! Una è piccola, l’altra più grande…Tiziana è proprio una donna interessante. C’è la bolla di sapone che dura tanto e l’altra invece svanisce subito, sono proprio contenta che Emanuela sia venuta nel nostro gruppo, così la posso vedere spesso. Un’altra bolla di sapone ha tanti colori, quanta tenerezza Maria Grazia! Tante tante bolle di sapone…….

Tiziana: Leggerezza, bellezza effimera, mi riporta all’attimo. Non c’è da pensare a vedere una bolla che vola, c’è solo da gustare il momento perché è così immediata la sua fine. E tutto il corpo partecipa a gustare l’evento, gli occhi sgranati, la bocca sorridente. Quando vola una bolla è impossibile essere tristi…

M. Grazia: peccato che la bolla di sapone duri così poco. E’ un’immagine di colori che dona felicità e allegria. E’ divertente comunque poterle rompere. E’ triste comunque veder scomparire le immagini che riflettono nella loro trasparenza.

Germana:  mi riportano ai ricordi dell’infanzia. Viste con gli occhi di oggi le vedo leggere, luminose, libere, gioiose.

Tina: serve abilità. All’inizio è difficile per un bambino posare l’aria da immettere lentamente. Ai bambini piacciono…sono state le prime cose magiche della fanciullezza. Prima dell’acqua che si trasforma in ghiaccio. A volte vengono per caso a volte sono molto studiate. Ci si incanta sempre a seguirle in aria, vedere il cangiare dei colori, la trasparenza degli sfondi, la durata…si sta con il fiato sospeso, si aspetta che in un baleno spariscano….

Elisa: Bolle di cristallo da appendere all’albero di Natale d’aria. Delicate, con l’arcobaleno nel cuore e la delicatezza della pelle di un bimbo appena nato.

Le appendo col pensiero, una mi sfugge ma non cade al suolo, rompendosi in mille pezzi. Vola via verso il cielo, si riunisce alle nuvole e guarda dall’alto il mio albero immaginario. Poi esplode in mille schizzi di stelle e colora il cielo.

Laura: Come una bolla di sapone il mio sogno si è dissolto alla luce del sole. E’ esplosa in un attimo come il mio sogno di bambina.

Mimma: Un soffio leggero ti innalza leggiadra. Gli sguardi si soffermano sui tuoi colori stupendi, iridescenti alla luce artificiale della nostra allegra “soffitta nel cielo”.

Mirca: Colori dell’iride…leggerezza sbarazzina…sogni realizzati….

Monica: Respira piano, soffio lieve, lieve, la bolla si forma, diventa sempre più grande, trasparente ma colorata, verde, azzurro, rosa, giallo….sembra un miracolo che esce da una piccola cannuccia

Pat: Bolle di sapone. Trasparenza, tanti colori e poi splash

Si ricomincia: soffio, soffio non respiro, soffio, soffio  e poi splash!

Patrizia: Tanti bambini che giocano con le bolle di sapone …nel vederle fare e farle mi sono sentita leggera….

Roberto: Se mi avessero detto che stasera mi sarei trovato con una decina di persone adulte, responsabili, a giocare a chi faceva le bolle di sapone più belle, li avrei guardati con l’occhio commiserevole dei giorni disperati, quelli senza rimedio.

Stefania: Il mondo colorato da un velo luminoso, più bello, più lucido, sotto un velo che riflette i colori e li abbellisce. Una bolla piccola, fragile, che vola via con un soffio, non importa neanche sia vento. Se fosse necessaria o utile non sarebbe neanche bella,  si dovrebbe pensare ad essere bolle, per colorare un attimo. C’è qualcosa di più importante dell’abbellire un attimo?

Rossella: Se mi aspetti, se resisti, se non muori, vengo con te in un mondo senza tende. Di cristallo, senza falsità, finalmente trasparente come la tua voce…come i tuoi pensieri…trasparente come l’acqua  del mio fiume senza ponti….

Sandra: Le bolle sono favolose. Mi fanno ricordare naturalmente quando ero piccola…quante ne ho fatte con il sapone di marsiglia e la canna di bambù! Hanno proprio un fascino perché riescono a tirare fuori dei colori favolosi  che fanno sognare

Simone: Bla bla bla lo sai che Rosa ha schiacciato un ragno? No! Davvero? Bla bla bla lo sai che…uno scorpione? Davvero? Lo sai che bla bla bla un gatto? Lo sai che bla bla bla….bum gonfia gonfia prima o poi esplode!

La notte di Natale si avvicina….

Ogni anno, in questo periodo, torno a leggervi dagli anni passati.

Ecco qualche altra proposta:

La nonna e la nonnonna – di Rossella Gallori

18 dicembre 2015

Normalmente, cioè nei casi più fortunati, si nasce con un budget ben definito: babbo, mamma, nonni, nonne e,  nei casi più fortunati, forse una sorella o un fratello.

Quindi io appena fui in grado di capire feci l’appello: babbo: siiiii, mamma: si, fratelli: due…. e nonni? Solo una nonna, era chiaro che già in partenza mi mancava qualcosa.

Come fosse la mia nonna paterna è cosa risaputa: “l’Assuntina è tremenda”, lo dicevano tutti, e anche  se, con il senno di poi, potrei   arrivare a capire il perché, scusatemi, ma ancora oggi non riesco a perdonarla.

Quindi lei non era come io volevo? Bene, sarei andata in giro a cercare altre nonne, non mi arrendevo facilmente allora.

Non ne volevo una speciale, nemmeno tanto appiccicosa,  non importava che avesse il grembiule di mussola bianco con il sangallo giro giro e nemmeno uno a quadretti bianchi e rossi con lo sbieco, no non era necessario, mi poteva andar bene anche una con la gabbanella o una vestaglia di terital sopra il vestito buono. Pensa e ripensa fu così che apparve “la sora Eva”.

C’era sempre stata davanti a casa mia in via Cesare Guasti, ma all’inizio ero troppo piccola per le mie fughe verso “la fioraia”.

Corti riccioli biondo-argento, occhi azzurri chiarissimi, carnagione rosea, pelle d’angelo,  una voce tranquilla, rassicurante, aveva un difetto di pronuncia del quale non mi accorsi mai, quasi mai.

“La sora Eva che c’ha  la lisca”,  gracidava la ragazzetta del piano di sopra ; io non capivo, eppure quel  “Rosciella” doveva darmi qualche indizio.

Scendevo di casa alle otto per andare a scuola ed il solo vedere il bandone alzato mi sembrava di buon auspicio; se poi lei c’era, meglio ancora, mi mandava un bacio e diceva: a stasera, vieni presto……. Poi spiegava al cliente della prima ora : “Scusi sa, saluto la mi’ bambina”.  Ho capito un po’ tardi che forse mi chiamava “la su bambina” per evitare un po’ di “s”,  ma ho pensato da quasi subito che fosse solo affetto…. Già perché “la sora Eva” mi voleva bene.

Mangiavo in fretta, spesso la mamma non c’era nemmeno, cucinava mio fratello Gianni, la nonna pregava e forse campava di rosari. Il menu era ripetitivo, proponeva solo quello che piaceva a lui: riso, fagioli,  salsicce, riso e fagioli. Ma io buttavo tutto giù, avevo il mio appuntamento……ore 16, dovevo essere lì a bottega e sapevo cosa mi aspettava, una carezza e un gelatino da 30  d’estate ed un ditale di farina di castagne d’inverno, buono dolce e caldo cotto nella cenere del veggio…..poi si parlava tra noi “ da donne grandi”, non mi faceva mai sentire in più; ero il suo aiuto, il suo conforto, diceva lei, anche se un figlio ce lo aveva, forse 10-12 anni più di me ma non veniva mai a negozio; cagionevole di salute, secchione e molto signorino, preferiva la calma di casa sua  all’umido del negozio della mamma. Capitava ogni tanto, mi ignorava,  forse un po’ geloso di quell’estranea così amata, grassottella e rompiscatole. Una volta l’ho sentito dire: ma non ce l’ha una casa questa?……beh si io una casa ce l’avevo ma aveva un soprammobile ingombrante: la mia nonna.

Si rideva io e “la sora Eva” mentre si facevano i cuscini per i morti……” Rosciellina di che colore lo fo ?” . “Bianco o rosso”  rispondevo quasi sempre. ”Allegro, meglio allegro”.  Ho sospettato che “la soraEva“ si scrivesse tutto attaccato, era più solenne anche se improbabile!

A volte la nonna mi puniva non facendomi uscire ed impedendomi di fuggire: allora la guardavo dalla finestra la mia “non nonna” e dall’altra parte della strada vedevo le sue mani gesticolare in un veloce alfabeto muto: non piangere, a domani, sillabava.

Quante cose avrei da dire di lei ora che ho tolto il coperchio al barattolo chiamato infanzia! Come quando si chiuse all’improvviso per andare in centro. Si prese il “2”, me lo ricordo bene, e via da Zanobetti  a comprare un vestito per lei; aveva un marito geloso “la sora Eva”,  il “sor Sergio” che da bravo maschio padrone la preferiva struffellata e con la vestagliuccia. Ma come rimase a bocca aperta quando la vide con lo chemisier pervinca, le calze fini e le scarpe con il tacco….. come era bella….!  “Oh con chi l’hai comprato” tuonò appena la guardò meglio. “Sono andata con la mi’ bambina”………

PS: Vedi nonna (quella vera) so che sarebbe l’ora di perdonarti ma non lo faccio e non ti chiedo nemmeno scusa, non volevo  grembiulini, torte e baci, volevo solo una carezza e tre parole : “la mi’ bambina”……..