La cipressa col fiocco – di Tina Conti

L’edificio era bello, grande, progettato da un giovane e illuminato architetto
Nel realizzarlo con lavori in economia erano stati semplificati alcuni dettagli, ma risultava gradevole e con scelte pensate e adeguate. Per me era un vero eden, un grande giardino, alberi da frutto e un contesto alla mia misura. Tutti contribuivano alla buona funzionalità, costruendo arredi, sistemando le piante, collaborando per il benessere delle persone che vivevano in quei locali. Io che non avrei mai trovato una situazione uguale, dicevo che mai me ne sarei andata.
E invece dopo ventidue anni, ho accettato il richiamo di una nuova situazione.
Non ero più tornata nella mia scuola del cuore. Poi, il numero cinque dei miei nipoti non ha trovato posto nei locali accanto al nido che aveva frequentato ed è stato accolto proprio lì.
Ero emozionata quando sono entrata per riprenderlo: uno dei primi giorni guardavo in giro per ritrovare quei richiami che mi avrebbero riacceso ricordi, emozioni, pensieri.
Due colleghe mi sono venute con affetto vicino, mascherate anche loro, ma con dei fiori di papavero sulla visiera, per sembrare più leggere.
Del mio gruppo storico non c’è più nessuno, ma quello che ho potuto osservare all’esterno mi ha riportato a bei giorni, intensi e pieni di cose fatte, pensate, sognate.
Abbiamo fatto una scuola viva e appassionata, sempre curiosa e disposta a ricercare, conoscere, imparare.
E cosa c’entra con la cipressa? E pensare che non la vedevo nel giardino anche se con gli occhi l’avevo cercata. Per forza!, ora era enorme.
Era arrivata dal bosco di Villamagna una mattina vicino a Natale, regalo di una mamma che diradando una parte del suo terreno ,l’aveva invasata per essere addobbata per le feste e poi piantata, nel giardino nella parte più spoglia, vicino all’edificio.
Quanta gioia ha dato quel regalo, è cresciuta in fretta, forte e vigorosa, con rami robusti che toccavano terra, folti che dentro ci si nascondeva e mimetizzava perfettamente.
Ma , non tutti erano disposti a correre rischi, perché permettere ai bambini di salire su quell’albero?
I bambini correvano veloci per prendere le postazioni migliori, rimanevano rintanati tutto il tempo che potevano. Inventavano migliaia di giochi, progettavano avventure per i giorni a venire, raccontavano, cantavano, pensavano.
Era un posto magico, fantastico, unico, che però poteva essere capito se si erano provate e cercate quelle emozioni.
Per farla breve, si decise di mettere un limite all’altezza che i bambini avrebbero potuto raggiungere ponendo un segnale vistoso e chiaro: un fiocco rosso sul ramo, stop ,cosi tutti gli adulti si sarebbero tranquillizzati.
Non ricordo che ci sia stato un bambino che si sia fatto del male giocando su quell’albero. Ora, i rami bassi sono stati tagliati, l’albero è imponente ma, io quasi non mi ero accorta che c’era sempre. All’altezza dei bambini c’è un forte tronco che invita a guardare all’insù
Non è più l’amico dei giochi, è un vecchio signore, severo e profumato che ospita colonie di passerotti e pettirossi che si rincorrono allegri.
Non è il solito cipresso ma una Signora Cipressa, una balia per tanti bambini giocosi che dopo più di vent’anni e ancora lì a testimoniare che il suo arrivo in quella scuola è ed è stato importante . Brava Tina
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“È un vecchio signore” un amore cresciuto nel cuore e ritrovato… un albero, un compagno di vita.
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Hai saputo raccontare una storia di passioni, impegno, affetti, … dominata dall’amorevole cipressa
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