Torno o non torno? – di Laura Galgani

Foto di Olle August da Pixabay
La grande nave in rada, vicina alla grande spiaggia, sembrava silenziosa, addormentata.
Le vele ripiegate non annunciavano alcuna imminente partenza. Tutti, l’eroe come i suoi compagni, erano immersi in un sogno dal quale non volevano ancora riemergere. L’isola, che sarà detta Gaeta da Enea, era coperta da una folta vegetazione. Hermès vi si rifugiava ogni volta che si ritirava – quasi fuggiva – dagli incontri con la Maga Circe. Lei riusciva a turbarlo nonostante lui fosse un dio.
Odisseo conosceva ormai bene quell’isola incantata: le alte scogliere, le spiagge dorate, il mare spesso in burrasca che non gli faceva certo paura. E poi c’era lei, la maga – dea dalle belle trecce, dalla pelle color di luna, dal profumo d’ambra e muschio, dallo sguardo magnetico e irresistibile.
Seduto su uno scoglio Odisseo guardava l’orizzonte e si chiedeva quanto fosse vicina – o se invece fosse lontana – la sua Itaca. Da qualche tempo ormai la distanza dalla sua terra non era più soltanto fisica, misurabile in giornate di viaggio. Qualcosa gliel’aveva allontanata dal cuore, dalla mente, dall’anima e lui ne soffriva profondamente. Al tempo stesso però, al di là della sofferenza dovuta al distacco, come se fosse ormai passato al di là delle colonne d’Ercole e avesse varcato un confine prima inimmaginabile, sentiva che in lui qualcosa di importante stava cambiando. Gli sembrava di affacciarsi ogni giorno di più su di un mondo nuovo, tutto da scoprire, stavolta senza doverlo andare a cercare chissà dove. Era dentro di lui, era lui. E sapeva benissimo che Circe era l’artefice di questo cambiamento. Ricordava bene il momento in cui, dopo aver incontrato Hermès, si era incamminato verso la sua porta, sconvolto nel cuore. Hermès l’aveva messo in guardia al suo arrivo sull’isola: Circe non era “solo” una maga, era una dea. “Circe farà di tutto per renderti vile ed impotente. Si servirà di te per esercitare il suo potere magico. Non devi cadere nella sua trappola.” E gli aveva dato delle erbe misteriose come antidoto alle pozioni magiche, una spada da sguainare per mostrare forza e contrastarne il potere e gli aveva detto di farle giurare che non avrebbe usato incantesimi con lui. Solo dopo avrebbe potuto giacere con lei. Da allora, da quando per la prima volta erano saliti di sopra, al suo letto fra le rocce, era passato del tempo. Quanto, Odisseo non sapeva dire. La sua lucida razionalità lo aveva sostenuto fino a poco tempo prima; fedele devoto di Athena, espressione del mondo razionale, aveva retto bene il confronto con Circe, proprio evitando di lasciarsi toccare interiormente dall’inquietante mondo di lei, al contrario irrazionale, indefinibile e sfuggente. Ma non poteva resistere all’infinito. Era un’impresa sovrumana anche per lui, avvezzo alle sfide più dure.
I compagni di Odisseo, intanto, resi da Circe ancor più belli e prodi dopo esser tornati umani anziché restar maiali, lo supplicavano di ripartire. Non vi era più alcuna ragione per temporeggiare, il mare e il vento erano propizi e dunque era giunto il momento di spiegar le vele alla volta di Itaca! Ma Odisseo non si decideva. Si sentiva spaccato a metà, come un grosso frutto succoso che si recida d’un sol colpo netto e con forza, gli pareva che le sue due parti, quella razionale che ben conosceva e quella del sogno che voleva esplorare, si fossero scisse l’una dall’altra piangendo lacrime succose ciascuna per proprio conto.
“Andremo nell’ade, da Tiresia, il cieco indovino! Sarà lui a decidere del nostro destino.” E così dicendo Odisseo si alzò di scatto e si mise in cammino con passo deciso. I suoi compagni lo seguivano, ancora fidandosi di lui. Durante la marcia gli risuonavano in testa le parole che Circe gli aveva sussurrato all’alba, dopo una notte in cui aveva conosciuto spazi di vita inesplorati dentro di sé: “Ascoltami, io ti darò qualcosa che ti farà dimenticare i tuoi sogni meschini, il tuo misero regno, tua moglie che invecchia. Rimani e questa notte l’Olimpo conoscerà un nuovo dio, Odisseo.”
Non fu facile scorgere Tiresia. La nebbia avvolgeva le rocce, l’umidità trasudava dalle pareti scoscese e sembrava che tutto piangesse di compassione per il triste destino dell’umanità. Dopo qualche istante l’ombra di un vecchio avvolto da un mantello si fece avanti e lo chiamò: “Odisseo! Vieni avanti! Sì, sei nel regno dei morti, ma ancora non ne fai parte. Hai molti giorni davanti a te, tempestosi e sereni, lieti e dolorosi. Ma lascia andare questi tuoi compagni. Il vostro destino non è più uno solo. Da tempo tu stesso hai già scelto qual è la terra che vogliono calpestare i tuoi passi. Non sono io che devo decidere, sei tu che hai già deciso. Posso solo dirti che il peso di questa decisione lo porterai per sempre; ma sai bene che ogni scelta porta con sé il rimpianto per ciò che si è dovuto lasciare indietro. Tua moglie non ti vorrebbe mai accanto a sé ma infelice. Tuo figlio non vorrebbe essere cresciuto e guidato da un padre che desidera essere altrove. Sarà una prova dura per loro, ma non gliela puoi evitare. Ce la faranno, in qualche modo. Prenderanno delle decisioni, giuste o sbagliate non importa. Ma tu lascia liberi questi amici di fare altrettanto!” E detto questo ritornò nell’ombra e scomparve. Tutti restarono in silenzio. Nessuno osava dire qualcosa. Giunti all’aperto, si lasciarono sferzare il volto e il corpo dal forte vento salmastro. Si vedeva il mare, in lontananza, e grosse nubi scure che si allontanavano senza più esser minacciose. Non ci fu bisogno di parole: Odisseo abbracciò i suoi compagni uno per uno, piangendo. Rimase lì, su quel promontorio brullo e roccioso, a guardarli sfilare e affrettarsi verso la nave, finché il primo vi salì e sciolse una vela. La nave era di nuovo viva, si stava preparando per il viaggio. Pareva salutarlo ondeggiando leggermente ora da un lato ora dall’altro. Odisseo le disse addio, e con lei disse addio a ciò che era stato e al suo passato. Chissà se l’umanità avrebbe compreso la sua scelta … chissà se qualcuno ne avrebbe mai parlato …
Da un grande piacere leggerti, Laura!
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Una variante alla nota vicenda Omerica!!!Geniale…magari ritrovato in uno sconosciuto papiro detto dello Pseudo Omero…Possibile che anche Dante ne abbia sentito parlare ….il suo Odisseo(complimenti,questo è il suo nome originale) non è molto diverso da questo.In fondo è la metafora del labirinto e dei molti mondi a disposizione,solo che noi decidiamo la svolta.Grande!!👍😳😍😍🌺
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Tornare da Penelope, una nevrotica che tesse e disfa, disfa e tesse e sbircia maschioni…..sieeeee…
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Una riscrittura di gran livello ! Fra l’economia domestica di Penelope sceglie la vitalità e il mistero che accompagna Circe. Bello davvero.
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Racconto davvero molto bello ed appassionato. Una storia d’amore. Un bivio.
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