Foto di Simone

Muri – di Simone Bellini

foto di Simone Bellini

Cosa ne pensi di questo muro ? – mi chiese Giovanni, grande illustratore e antropologo di fama mondiale, davanti ad una parete di una casa nella piazza della sua Bibbiena:- Beh- risposi- andrebbe intonacata !-mi fulminò con lo sguardo, poi con un sorriso:- Quasi tutti la pensano come te. Ma se guardi bene ti accorgerai che questo muro è un libro di storia; vedi…il primo strato ti dice che è stato edificato dagli etruschi, mentre il secondo dai romani e salendo ancora si va dal medioevo ai giorni nostri. Questa parete trasuda di storia ma nessuno se ne accorge –

I muri mi hanno sempre affascinato, con i loro incastri perfetti, a volte casuali con pietre irregolari o misti con mattoni e sassi, nascosti da un intonaco sgretolato che ne rivela il vissuto.

 Muri a secco, di contenimento per una natura che comunque riaffiora abbarbicandosi con le sue radici negli anfratti più improbabili, imponendosi sull’opera umana.

Muri che narrano la loro storia nelle tracce di archi, colonne, fregi inglobati nelle pareti di antichi palazzi.

 Muri che ti riportano indietro nel tempo attraverso gli anelli di attacco per le briglie dei cavalli dei messeri rinascimentali.

Rifugi per lucertole equilibriste, per formiche ed una miriade di insetti nascosti nelle piante rampicanti che li adornano.

Ogni volta che ho provato a immortalarli in una foto, questa non mi restituiva tutta la meraviglia, le sensazioni che i muri mi comunicavano.

Immagino tutta la pazienza, l’abilità, la fatica di chi li ha costruiti e la soddisfazione nel vederli finiti.

Mura imponenti, vanto e orgoglio della città! Oppure più meste ma ognuna con delle particolarità; la buchetta dove si passavano i fiaschi di vino, tabernacoli più o meno grandi con le loro storie, i loro affreschi.

Muri rispettati, accuditi nei tempi passati, offesi oggi da scritte stupide, incomprensibili di pseudo graffitari che si credono artisti, pochi, pochissimi lo sono.

Anni fa comprai un’auto con il tetto di vetro che mi diede l’opportunità di scoprire una Firenze fino ad allora sconosciuta; lo sguardo, libero d’innalzarsi sopra il capo, si stupiva nel vedere facciate affrescate, intarsiate di graffiti a secco, con bassorilievi e stili architettonici fra i più belli di questa città unica. Noi fiorentini siamo talmente immersi in questa bellezza che non l’apprezziamo più! La globalizzazione sta soffocando la nostra cultura, il nostro spirito, la nostra identità!

Basta un bella passeggiata in una stradina con selciato e mura antiche per riappropriarsi della nostra storia !

foto di Simone Bellini

La scatola di foto di Carmela

Era tutto lì – di Carmela De Pilla

Foto di Melk Hagelslag da Pixabay

Chissà perché quella mattina Maria si era alzata all’alba.

Nella notte si era girata e rigirata mille volte senza nessun motivo apparente poi, stanca, alle sei  decise di alzarsi.

Aprì appena lo scuro della finestra e intravide il bagliore del sole che indisturbato dava vita a un nuovo giorno, aveva un vestito dai colori tenui in quell’alba rassicurante, Maria ne provò un’attrazione speciale e pian piano ritrovò la pace.

Senza uno scopo preciso andò nello studio, si guardò intorno, ma cosa ci faceva in mezzo alla stanza alle sei del mattino? Lo scoprì quando rovistando fra i cassetti della libreria si ritrovò tra le mani una vecchia scatola di latta un po’ arrugginita e imbrunita dal tempo con l’immagine di una bella bambina che mangiava un biscotto.

Si ritrovò sul tappeto a gambe incrociate e come ipnotizzata guardò il contenuto, c’erano pezzetti di un puzzle che lei conosceva bene, alcuni erano sgualciti o sfocati altri ingialliti e sbiaditi, ma erano vivi, frammenti di un passato ancora confuso, caotico, a volte doloroso altre volte raggiante, erano lì, alla rinfusa, li guardò con occhi innamorati e  annusò l’odore del tempo imprigionato in quella vecchia scatola.

Era forte il bisogno di rovistare in quel passato,  le piaceva rimettere ordine agli eventi, in fondo quei ricordi che negli anni si erano un po’scoloriti raccontavano la sua storia e ogni volta le ritornavano alla mente con prepotenza.

Il sole era già alto, fece capolino dalla finestra semiaperta quasi volesse sbirciare tra i ricordi di Maria, ma lei ne era molto gelosa e accostò la finestra per piombare nella penombra della stanza.

Era tutto lì.

La foto dei suoi genitori ancora giovani desiderosi di una vita migliore, quella della sua prima comunione, sembrava già una ragazza in quel vestito da sposa prestato da una sua cugina e adattato a lei per l’occasione, percepiva ancora la stessa sensazione di imbarazzo, quasi di vergogna mentre camminava per le strade festose del paese.

E cosa dire dei due braccialetti che ricordavano la nascita delle sue splendide figlie? L’avevano aiutata a crescere, ad amare…

C’era anche la foto di suo fratello che ancora giovane aveva deciso di abbandonare la vita pensando forse di ritrovare la pace nell’oblio della morte.

E poi quel quadernino rosso.

Aveva l’abitudine di pressare tra le pagine dei libri i fiori, quelli che le avevano lasciato un’impronta dentro e li incollava in quel vecchio quaderno, per ognuno un pensiero dell’anima.

Il rosso del papavero, il viola della pansè, il rosa della peonia, il rosso della rosa…petali come ali di farfalle volavano tra le pagine e si mescolavano ai suoni e agli odori delle parole, i colori avevano perso i toni intensi di un tempo, ma imprigionavano nei petali le antiche emozioni e lei si incantava nel frugare con un po’ di malinconia nel suo passato.

Era tutto lì.

 In ogni cosa c’erano i colori della sua vita.

La pianta fotografa

La pianta fotografa – di Stefania Bonanni

Foto di Mabel Amber da Pixabay

Vive davanti alla finestra della mia cucina, perlomeno da quando abito qui. L’ho vista crescere, e cambiare,  E anche lei avrà visto gli anni passare su di me, scanditi dalla crescita di figli che un tempo mangiavano nel seggiolone, guardando i merli nel giardino di fronte. Avesse potuto fotografarci, sarebbero state immagini preziose, replicate per fortuna da nipotini che hanno mangiato e mangeranno davanti  agli stessi vetri.

E lei sempre lì,  un po’ nascosta, modesta, invisibile tra rose sfacciate e limoni carichi d’oro.

Dico “lei “, non “lui”, perché mi piace sia una pianta, che non vuol diventare un albero. Una pianta che e’ femmina,  femmina che cambia, come cambia la natura,  come cambiano le donne,  che fioriscono di frutti e si colorano anche quando sono consapevoli di vivere momenti passeggeri di colori altrui, di foglie che voleranno via, e non si sa quanto lontano.

Non è servito, per farsi guardare, vestirsi in maschera, reggere sui rami sacchetti di coriandoli pronti per essere rovesciati su testoline curiose,  sarebbe bastata una ventatina.

Non è servito sembrare un albero della cuccagna, con i rami carichi di lucide caramelle di frutta rosse, gialle,  verdi. Non si sono fermati fotografi, non hanno indugiato occhi stupiti.

Non l’ho davvero vista io . Guardata si, ma non vista davvero. Fino ad ieri. Ieri l’ho “sentita”, direi sentita soffrire. Ho guardato bene ed ho colto  il momento magico ed irripetibile,  perlomeno per questa stagione della nostra vita, nel quale le era rimasta una sola, tremolante,  fogliolina, sul ramo più alto e più  esposto al vento. Era tutta tesa la madre, con rami come mani nervose che, rivolte al cielo, se avessero potuto si sarebbero strette a protezione,  ed invece riuscivano solo a salutare, e a pregare. Perché  la vita va, e cambiano le stagioni, e poi cambieranno ancora. Ma io guarderò meglio, e penserò a quell’ultima fogliolina, tremolante tra bisogno d’andare e futuro incerto.

Poi, stamani, mi ha svegliato il rumore della pioggia.

La foto di Sandra

Il matrimonio – di Sandra Conticini

Mentre  vuotavo la casa dei miei genitori ecco che mi ritrovai tra le mani due buste vecchie ed ingiallite con sopra scritto “Matrimonio”, erano le foto del loro matrimonio. Le avevo viste poche volte, perché la mamma le teneva nascoste in fondo all’armadio. Lei non si piaceva e le credeva brutte.

Nella confusione di togliere, inscatolare e liberarsi di tanti ricordi erano scomparse di nuovo. Disperata, pensai di averle buttate nel cassonetto e, in una serata piovosa e fredda di novembre, andai subito a ricercarle, ma non c’erano più. Non mi ricordavo di  averle messe al sicuro in un cassetto, perché lo consideravo  un grosso tesoro.

Ogni volta che le guardo vedo in loro la felicità, la semplicità e la bontà, con la quale hanno vissuto tutta la vita e  che mi hanno insegnato ad apprezzare, anche se così difficili da trovare. 

Regalo di Carla alle Matite

E siamo ancora qua, eh già – di Carla Faggi

Oggi c’è il sole, il mondo mi sembra più contento.

Passeggio attorno a casa.

Ma che nomi strani mettevano a questi luoghi:

la voltata di Scani, da Braciola, Calcinaia.

Così li abbiamo trovati e così li abbiamo lasciati, mi è stato risposto.

Chissà chi era Scani? E Braciola? Di loro è rimasto solo il nome, non conosciamo la loro storia, le loro emozioni.

Continuo la passeggiata.

Il vento frescolino mi strapazza i capelli, sono più lunghi del solito.

I ciclamini selvatici mi fanno l’occhiolino in mezzo a foglie colorate trasportate dal vento.

Chissà come li avrebbe descritti la matita dai coloratissimi orecchini, e quante erbette e frutti del bosco ci avrebbe fatto scoprire.

Dopo la voltata di Scani giro verso Calcinaia detta “ i Calvelli” mi immagino la matita omonima sorridere, soddisfatta del proprio casato, non tutti hanno luoghi che testimoniano la propria genia! 

Guardo le colline.

Poggio a i mandorlo, me lo immagino pieno di mandorli, chissà che bellezza, oggi non ci sono più ma un tempo sicuramente ne era pieno, mandorli, elfi, gnomi.

Ah! L’universo femminile! Avrebbe commentato una matita venuta da Firenze ricordandoci quel che Seneca diceva…le altre matite avrebbero sorriso pensando che non potremmo proprio fare a meno di lui!

Continuo verso Vallaghera , che bel lago nascosto e che nome strano, la matita che era rossa ci avrebbe scompigliato con la propria risata, freschissima anche sotto la mascherina.

Proseguo ancora verso La Dorciolina e poi ancora verso la Fonticina degli Sbrentani, la matita dagli stupendi bracciali avrebbe fatto un commento un po’ tranchant, ma tanto non ci frega più perchè l’abbiamo capita tutta la sua dolcezza!

Continuo verso la Fonte al fico, accanto a me la matita che teme di non essere più ballerina, io sento invece che lei è una grande ballerina perchè danza con le parole , con la serenità con cui si approccia agli altri, con la sua capacità di trasformare il suo stare con gli altri in opere d’arte.

Alla matita capo sorriderebbero i suoi grandi occhi marroni, sorriso guidato dalla determinazione e dall’ansia, le sue collane brontolerebbero, dobbiamo rientrare, tra un po’ andiamo a passeggio con le altre matite!

E’ vero, vorrei ci fossero tutte nella mia passeggiata immaginaria con le matite ma poi diventerebbe un assembramento, quindi, alla prossima perchè come canzonetta docet  “…eh già, ma noi siamo ancora qua!”

La foto (da un suo quadro) di Stefania

Ballerine – di Stefania Bonanni

di Stefania Bonanni

Pensieri rossi e gravidi, come pomodori così maturi che si staccano dal grappolo e si spiaccicano intorno velocissimi e impossibili da arrestare, da acchiappare, da rinchiudere in gabbie sicure. E in un attimo lo sfondo è rosso doloroso, come le macchie che non spariscono lavandole, ma si allargano e lasciano di se’ un’impronta piu’ grossa delle dimensioni iniziali. E rossa diventa la quinta di fondo, scenario di una pièce della quale non si ricordano le battute . E’ cambiato il tempo, nei dialoghi. Nel primo tempo il personaggio  dice “imparerò  a ballare”, nel seguito, senza che sia stato evidente il momento in cui è  successo, dice “non ho mai ballato”. È  cambiato  tutto:  da “sarò ” a “sono stata”. Perlomeno essersi accorti….

Foto di Laura

Rosa d’autunno – di Laura Galgani

foto di Laura Galgani

Rosa d’autunno.

Sei apparsa, minuscolo boccio, un mattino di fine settembre.

Ignara della sorpresa, mi ero affacciata sul terrazzo per un bagno di sole.

Voltando la testa ti vidi. Non ci credevo: in primavera non un solo boccio, ed

ora, già in autunno, fiorivi?

Ti amai subito, con tutte le mie forze. La gratitudine grondò copiosa su quella

piccola promessa e ti innaffiò copiosamente.

Ti osservai di soppiatto, temendo il freddo delle prime notti ottobrine.

Con la cosa dell’occhio, nelle giornate di pioggia, sorvegliavo l’ingrossarsi

del tuo calice. Poi, finalmente, intravidi i tuoi colori. Giallo intenso con

sfumature arancio – rosa verso la sommità dei petali.

Vegliai il tuo maestoso divenire con il rispetto dovuto ad una creatura regale.

E finalmente ho bevuto più e più volte al tuo calice appena dischiuso, mi sono

lasciata inondare dalla luce che emanava il tuo centro, non come riflesso, bensì

come sorgente tua, innata, preziosa.

Ho intravisto i filamenti dorati laggiù in fondo, e le antere, minuscoli scrigni

preziosi. Ho tuffato il mio viso fra i tuoi petali, sognando di diventare anch’io

corolla. Ho aspirato il tuo profumo e la tua bellezza, la quintessenza di cui mi

hai fatto dono.

Non di semplice rosa si parla, ma di un essere vivente che nel fiore si cela.

Ogni rosa è un amante, ogni petalo una carezza, ogni suo profumo un inno

alla gioia.

Ecco perché ti porto con me in una semplice foto.

Ecco perché voglio chiamare a te chi come me sa amarti e non chiede niente di più.

Foto rosso-Cuba di Mirella

ROSSO REALE..ROSSO IDEALE: ROSSO CUBA – di Mirella Calvelli

Si può dire un buono scatto. Foto così, strappate alla realtà, mentre sei in movimento  in auto, sono pressoché rare. Una volta rientrata a casa e le riguardi, ti accorgi di quanto un semplice click velocissimo, senza poter regolare inquadratura o  nitidezza, possa racchiudere dentro di sé tutta l’essenza di quel viaggio. Quaranta  giorni su è giù per l’isola caraibica, una splendida quarantena, baciati e ammaliati dal sole avvolgente, mentre a casa incalzava l’inverno.

Quindi a riguardarla dopo un po’ di anni , sopratutto in questo periodo, mi fa gridare a libertà, spensieratezza, godimento di quell’estate insolita, di quel calore meraviglioso.

Di per sé l’immagine è molto altro. E’ l’esaltazione di un personaggio di Cuba, per Cuba e in Cuba . Un’icona storica, un vessillo, un movimento, un ideale. Non mi interessa rimirandola, quanto poi di realizzato, di inerente alla realtà cubana  o di contraddittorio ad essa o  all’esito stesso della rivolta.

L’altra figura , la donna in rosso, è rimasta intrappolata nell’immagine per sempre. Sfoggia il suo abito rosso fiamma, dall’interno della sua abitazione, credo. Volta a mirare un cielo azzurro sgargiante, anch’esso ingabbiato dalle inferriate di ferro.

 Una prigione ? o una libertà imprigionata?

O semplicemente un momento di relax alla finestra, rigorosamente senza vetri (tanto non servono), ma racchiusi da spesse inferriate , per evitare intromissioni non richieste.

Volare e penetrare nei suoi pensieri , sarebbe senz’altro un ‘esperienza, ma poco interessante poiché i pensieri si possono esprimere, ma sono privati, quindi  impalpabili e difficilmente interpretabili.

La foto , un fermo immagine è comunque lo specchio di una società guidata da grandi ideali di forza, coraggio e dove tutto, persino la vita è stata messa sul tavolo di gioco. Ma come sempre quando le aspettative sono alte e la puntata forte, il risultato non è sempre quello desiderato.

E il giocatore che ha impegnato tutto in questa partita, tiene stretto a sé il suo tris di assi, emozionato, con il sudore che riga il suo volto, ma d’improvviso l’altro batte sul tavolo una scala reale a cuori…..E il rosso trionfa, ma non come era stato preventivato.

E la libertà di una vincita sicura s’ingabbia in una libertà scontata.

Le foto di Mirella

Una cascata di rosso – di Mirella Calvelli

foto di Mirella Calvelli

Il rosso è la forza del colore, il rosso è emozione, il rosso non passa inosservato.

Il rosso può essere morbido o spigoloso.

Caravaggio fra luci e ombre esalta le sue decollazioni, fortemente rosse.

Il rosso è  passione, legato a doppio filo  ad emozioni forti di cui l’amore è solo una parte.

Il rosso è  violenza cruda, inferta o subita.

Il rosso infiamma la natura e i cieli con i suoi tramonti.

Colora paesaggi, si tuffa in mare.

Il rosso è gioia,  ammanta rose , fiori e piante di ogni specie.

 Si inabissa e colora coralli, pietre, pesci

Il rosso è velocità, la casa del cavallino ne ha fatto la sua bandiera, i futuristi i loro ideale.

Il rosso scopre un palco e mostra i suoi attori.

Di rosso vestono prelati e reali ..rosso cardinale, rosso fuoco, rosso.

Il rosso strappato alla natura, succhiato dall’interno di mitili, ha tinto vesti e decorato Domus, Rosso Pompeiano.

Le spose di rosso vestite sono sempre state  le pù audaci,  la controtendenza.

Nei viaggi il rosso  ti cattura,sposta la tua attenzioni sulle  vesti dei monaci in Birmania. 

A Cuba, il suo rosso è  ideale il suo  rosso  è reale.

Il rosso ha rivestito e rivestirà il mondo, sia visibile che invisibile.

Anche le mie passioni sono rosse, dal giardino alla cucina.

Quest’ultima si arricchisce e si esalta grazie al rosso dei suoi ingredienti .

Una nota di colore? E si aggiungono pomodorini, meglio se confit

Un impasto per orecchiette o  tagliatelle, con una nota decisa? basta aggiungere mezza barbabietola e il gioco è fatto.

risotto con barbabietola

Una panna cotta che ti guarda di sbieco , un po’ slavata? Una mousse di lamponi o una bella fragola rossa ed è subito amore a prima vista.

Un roast beef cotto al punto giusto? Deve avere un cuore rosso rubino e  una temperatura non superiore ai 46°, proprio per mantenere il suo bel colore.

Un cuore freddo e un colore intenso.

Si preparano delle cruditè, non vogliamo mica dimenticare un bel peperone rosso? Il quale per rimanere tale si tuffa in acqua ghiacciata, si scontra  con i cubetti e  si garantisce il suo splendore.

Il tocco dell’aceto, dello zucchero e del vino, rendono un agrodolce non solo buono ma  brillante e caramellato.

Qualcosa di magico in cucina? un po’ in disuso, è l’Alkermes. Ti tinge le mani di rosso mentre bagni il pan di spagna. Rosso scarlatto, in Arabo Alkermes è scarlatto.

Dal colore rosso rubino, dal sapore caldo , piccante e un po’ amarognolo.

Dal 400 viene preparato con ricette specifiche che si contendono sia i monaci della Certosa di Firenze che  l’Antica Farmacia di santa Maria Novella.

 Di fatto fu un prodotto ricercato e riservato a pochi, definito anche il liquore De’ Medici.

Chissà in quante ricette ed elisir avrà trovato ristoro, proprio grazie a questo colore insolito.

Sicuramente la fa da padrone  nel famoso zuccotto fiorentino ad opera del geniale Buontalenti e in seguito nelle varie zuppe inglesi,meno titolate delle nonne.

Mi piacciono gli ingredienti antichi, mi piace utilizzarli in maniera classica e precisa, sopratutto in pasticceria, ma ancor più esaltante è aggiungerlo nella cacciagione… nella misura di un mezzo cucchiaio, non abbondar che il rischio è lieve.

 Ti lascerà un tono amaro, brillante e maliardo, non sovrastar gli altri sapori, solo luce e colore. Ma renderà senza dubbio alcuno,  le beccacce  e il cervo in salmì una vera delizia .

 Togliendo lo scuro alle carni scuro delle carni , rendondoti impaziente nell’assaggiar.

Il rosso aiuta a rimediare a volte come correttore altre volte come principe della pietanza.

Marmellate, mostarde, gelatine e composte, vanno spesso rinvigorite nel maquillage per far si che oltre al sapore diventino non solo un ottimo accompagnamento per formaggi o verdure, ma attirino l’attenzione prima ancora della pietanza stessa.

Si diventa in cucina un po’ alchimisti e sperimentatori. Si studiano gli accostamenti non solo per tradizione , ma anche per scoperta.

Si lavora alla composizione del piatto. Un pittore prepara la sua tela, attentamente recluta i colori e si spinge in miscugli a volte anche improbabili.

rosa su millefoglie

Arte della cucina, della pittura, della scrittura, della musica, sempre arti sono. L’azzardo a volte rischioso, l’errore lampante, nella sua correzione trova la giusta realizzazione e  l’incanto.

Adoro quella parte iniziale, sopratutto in un nuovo locale, quando si prepara un menù e si comincia a mescolare, odori, sapori, provenienze e ricette. Tutto questo è sicuramente rosso.

Anche se la cucina è bianca per eccellenza a partire dalle sue divise, tutto poi si macchia di rosso.

É grazie a questa magia , volo dalla mia cucina e sorvolo un campo di grano, punteggiato da papaveri rossi.

Mi addormento come

 Piero sepolto in un campo di grano,

 non è una rosa e non è un tulipano,

 che ti fan veglia all’ombra dei fossi,

ma sono mille Papaveri Rossi……..

Foto di Tina

Il nonno che non ho mai conosciuto – di Tina Conti

La giornata era di quelle a perdigiorno.

Qualche volta me la concedo, sul fuoco una pentola di minestrone, una giratina nell’orto, un cestino di misticanza. Con le forbici un mazzetto di erbe e fiori

Il letto  lo rifarò dopo.c’è un raggio di sole ,mi siedo sulla soglia della porta di casa.

Scappano veloci le due capinere, becchettavano il resto dei semi avanzati dalle recenti piantagioni che   spuntano  dal paniere  poggiato vicino. I miei figli mi hanno organizzato una festa questa estate.

Per i miei quaranta ne feci una a Tosina, tanti anni fa. Non mi aspettavo questa sorpresa, mi sono incuriosita, ho cominciato a frugare  fra le vecchie foto: raccolte di viaggi, feste di compleanni, lauree, pranzi all’aperto, della festa a Tosina niente.

Ma quante emozioni si sono rimescolate nella mia testa senza accorgermene il brodo si è tutto consumato e dovevo correre a scuola a recuperare  Bruno.

Il mucchietto di foto che avevo messo da una parte me lo sono riguardato per giorni.

Poi è rimasta una foto, che mi sono portata in giro per la casa, la nonna Cesarina e il marito.

Alla nonna somiglio un sacco, stessa testa, occhi chiari…

Ma quel nonno a chi somiglia?

Ho guardato la foto del clan al completo, guarda e riguarda forse qualche tratto lo vedo nella sorella della mamma.

Questo nonno, forse, somigliava al fratello?

Viso sereno, mascella pronunciata. fermacravatta in oro.

Quanta mancanza ho sentito, nella vita della mamma per quel padre, che i postumi di ferite di guerra hanno portato via precocemente.

Raccontava di corse dalla campagna alla ricerca del medico che non poteva più fare niente per quelle polmoniti.

Ho provato a immaginare il momento, la vita, i sogni di quel nonno che non ho mai conosciuto.

foto di Tina Conti

Foto di Rossella

La foglia prigioniera – di Rossella Gallori

Mi vesto lentamente dopo una colazione lenta e confusa, stringo la sciarpa al collo potrebbe far freddo fuori, so dove voglio andare, c’ è un posto nuovo, tutto da scoprire, un fiume segreto, un’esplosione sinuosa e quella foglia nascosta dove vado a pregare,  un tabernacolo  di ferro con una madonna  prigioniera…le racconto il mio sogno, sorride, mentre un piccolo verme le morde il mantello…Non accendo candele, non lascio elemosine, solo un bacio e torno sui miei passi….è ancora oggi..

Foto di Gigliola

Non solo una foto – di Gigliola Franceschini

Non solo una foto. Una bambina seduta su un muretto col mare sotto un po’ agitato. Un fiocco di traverso a trattenere i capelli, un piccolo sorriso. Tutto sfuocato in un bianco e nero antico. Ma non sono sfuocati i ricordi. Quella foto che non riprendo in mano da decenni, mi è così particolarmente viva che non ho bisogno di toccarla per rinnovare le sensazioni di quel momento perché è il primo di un’ infanzia fino ad allora felice e spensierata che stava per cambiare. Troppo piccola per capire cosa stesse succedendo ma già consapevole che ci sarebbero stati cambiamenti importanti. In casa si stavano organizzando con i bagagli per il prossimo viaggio ma quel giorno avevo intuito che non era il solito andare, era arrivato l’ordine di evacuare la costa e dovevamo spostarci nell’entroterra. Andiamo via per un po’, mi avevano detto quella mattina, andremo a Volterra da Armida. In un altro momento mi sarei preoccupata per i bacioni umidicci che avrei avuto, ma i discorsi uditi in giro mi avevano distolto dal problema baci, sentivo nell’aria qualcosa di piu’. Per togliermi dal caos dei preparativi, mio padre mi prese per mano e mi portò al mare, forse aveva bisogno anche lui di distendere i suoi pensieri. Lungo il viottolo scorciatoia era molto taciturno. Di solito mi faceva osservare le piante, gli animaletti e tutto cio’ che la natura presentava perché imparassi dal vivo a conoscere la campagna. Ora taceva ed io pure, affidandomi alla sua mano che mi dava comunque sicurezza. Mi scattò quella foto, per molto tempo non ce ne sarebbero state altre. Mi era stato detto di scegliere due sole bambole, sul camion che avrebbe portato noi e le nostre masserizie c’era poco spazio e questo aumentò il mio smarrimento. Sentivo che non era una vacanza e non capivo perché. Forse stavo uscendo alla svelta, come fanno i ragazzi nel momento del bisogno
Forse stavo crescendo alla svelta, percepivo tristezza nei miei e lasciare tutto mi sembrava incredibile. Senza saperlo, quel giorno, uscivo dalla mia prima infanzia fatta solo di giochi e corse nei campi. Partimmo. La bambina che sorride dalla foto, ebbe sempre calore e affetto ma fu tutto diverso. Le due bambole furono dimenticate in un angolo, non protestai ma cercai di consolarmi al pensiero che forse zia Armida mi avrebbe regalato una bambola nuova, come faceva spesso quando andavamo a trovarla. Il camion si avviò e non mi voltai indietro, forse avevo paura.

Foto di Daniele

La natura – di Daniele Violi

La Perfezione in Natura è  la Regola. Il Colore è il Sentimento d’ Amore delle Piante. Il Profumo dei Fiori è la Dolcezza che ci comunicano.

DOBBIAMO NUTRIRCI DI QUESTE MERAVIGLIE, NON PRIVARCENE, CONSIDERANDOLE BANALI.

***

….le mele e le marmellate….

Un profumo che ci ricorda tempi antichi che tornano con i nostri pensieri, con le nostre mani, con il piacere della creatività.

(cotognata (foto di Daniele Violi)

Cosa c’è di meglio di una marmellata che racconta? Quando è invasettata diventa come tanti piccoli capitoli di un racconto. Il racconto. Ci sono delle similitudini (lasciatemi la licenza prosaica e fatemela passare vi prego) da far notare. Il mestolo è di legno come la matita per scrivere; rappresenta la nostra proiezione per incidere sulla creatività; la frutta proviene dalla meraviglia della natura che si chiamano Alberi. Lo zucchero( poco) viene dalle piante Barbabietola, Canna. La carta che utilizziamo viene da fibre Cotone/Cellulosa/Papiro/Riso, che sono derivati dalle Piante. Le Terrine o le Pentole che usiamo per cucinare provengono dalla terra; dalla terra le piante attraverso le radici danno le sostanze alle piante. Come in un circolo vitale. Noi Donne e Uomini raccontiamo tutto questo con …Una marmellata. ..sento gli applausi vostri e mi sto inchinando grazie, grazie, grazie, vi prego… grazie,