La foto 2 di Tina

Le figlie curiose – di Tina Conti

A chi assomigliavano quelle due ragazze non lo capiva certamente.

In che situazioni lo cacciavano ogni volta!

Lui , timido e silenzioso, amante del suo lavoro e del  paese, si trovava questa volta proprio nella condizione più  assurda.

La macchina, ferma e impantanata vicino al torrente, nessun punto di riferimento salvo quelle rotaie!

Da quante ore camminavano  non se lo ricordava neppure, per la fretta di uscire dalla macchina, con l’acqua  che si faceva sempre più minacciosa, si era dimenticato il giaccone e aveva afferrato una coperta.  

Si erano precipitati fuori, lui, già infreddolito.

Non era facile camminare sull’acciottolato, aveva i piedi doloranti, sentiva il bisogno del bastone che ormai usava più per   scoraggiare gli altri a fare richieste azzardate che per vera necessità.

Loro erano allegre e divertite, a lui mancava il fiato, si chiese perché aveva acconsentito a seguirle.

Nel laboratorio caldo e confortevole più della casa che amava e curava personalmente e non  permetteva a nessuno di pulire, la polvere si sarebbe infilata nei preziosi ingranaggi.

Lo aspettava il suo amato lavoro.

La sera prima aveva preparato le due rondelle del vecchio  quadrante nero e oro e le lancette della pendola tirolese erano state messe sotto la pressa, con i  colori a smalto aveva ricostruito i personaggi dell’orologio del municipio.

Era orgoglioso, con le foto del sindaco, le figure erano proprio vicine a quelli originali, la notte aveva sognato il padre, che orgoglioso lo abbracciava.

Pensava che sarebbero tornati a casa dopo poche ore.

Aveva fame e sentiva voglia del caldo latte  e caffè che si concedeva a meta’ pomeriggio, prima di andare a fare un giro per il paese, incontrava il fratello e gli amici, questo era il suo conforto, si sentiva parte di un mondo adatto a lui, osservava il tempo, le montagne, i boschi che cambiavano aspetto con le stagioni, respirava a pieni polmoni, questa era la sua vita.

Non avrebbe cambiato niente  delle sue abitudini, se non fosse stato per quelle due ragazze, agitate e inquiete, sempre alla ricerca di novità.

La foto 2 di Patrizia

Alba – di Patrizia Fusi

Mentre cammino su questa strada ferrata piena di ciottoli con la mia sorella gemella e il mio fratellone, stanchissimi perché è da ieri sera che camminiamo pieni di paura, il sole ci illumina.

Mi sento tanto triste e spaesata, mi chiedo che cosa ho di diverso dalla gente di questo paese.

Cosa ho deciso io di questa mia situazione.

E’ una colpa scappare dalla guerra?

E’ una colpa desiderare una vita migliore?

Quali giochi politici ci sono nelle guerre e nel tenere nell’ eterno sotto sviluppo molti paesi, mettendo la popolazione alla fame?

E’ una colpa volere scappare da tutto questo?

Eravamo una bella famiglia della media borghesia siriana, composta da padre madre, nonna e nonno, mio fratello grande e io e la mia sorella gemella, la vita scorreva serena fino a quando sono arrivati i primi attentati, la popolazione si è divisa in fazioni, si sono formate le milizie militari, sono iniziati la caccia all’avversario, le bombe che scoppiavano, il terrore che si sprigionava intorno a noi, tanti morti, tanto sangue, fame, paura.

La nostra famiglia si è procurata un bel po’ di soldi per farci scappare in Francia pensando che fosse un paese accogliente (egualité….fraternité).

Dopo un lungo viaggio pieno di difficoltà, ci siamo ritrovati a vivere nella grande bidonville di Sant Denis, da lì ci hanno fatto sgombrare.

Io e i miei fratelli abbiamo trovato accoglienza presso alcune associazione di volontari che danno assistenza a non profughi, ma sempre precari.

Con l’ aiuto dei volontari, per attirare l’attenzione delle persone e delle istituzioni sulla problematica dei rifugiati, abbiamo occupato pacificamente con delle tende la Place de la Republique, la piazza era piena di profughi, volontari, giornalisti.

Ci hanno fatto sgombrare con violenza.

Ho tanta malinconia dei miei famigliari, mi manca la mia vita precedente, ho paura per me e per i miei fratelli, sento l’incertezza del vivere, mi sento diversa, non capisco perché facciamo tanta paura, mi sento un po’ meglio sentendo vicino a me la mia sorellina e il mio fratellone mi sento protetta da lui.

Siamo un’altra volta in cammino, per dove?

Dov’è l’umanità?

Dov’è chi scatena le guerre?

Dov’è chi fabbrica le armi?

Dove sono chi mette alla fame i popoli? Dove io e miei fratelli e gli altri profughi potremo fermarci ed esseri accettati come esseri umani dal potere ma anche dalle persone comuni?