Foto 1 di Carla e Vanna (il finale)

L’interrogatorio – di Carla Faggi

Il commissario Grintolin piazzato a gambe divaricate davanti alla grande lavagna cercava di far quadrare la situazione. Troppi personaggi, troppe complicanze.

Ma lui era alla vecchia maniera, una lavagna, un gesso e tante caselle da far combaciare.

Allora vediamo, professore di francese, allieva prediletta, l’insofferente. Hanno un alibi tutt’e tre e poi che c’entrano con la vittima? Pensò grattandosi la folta chioma.

Però …aspetta un po’…Antonioooo! Controllami con il drone il percorso dell’indifferente per tutto il tempo che è rimasta sola…sbriiigati, per la misera!

E poi…vediamo un po’… c’è Danilo il narciso e Giovanni il depresso che hanno trovato il corpo della vittima…poi abbiamo Furio il morboso sadico e Ettore il sensibile che è il maggior indiziato…Francescooo! Convocami subito Ettore e l’insofferente…Suuubito ho detto!

Bene, bene , bene, il commissario mani dietro alla schiena andava avanti e indietro mugugnando, l’ispettore Scrupoloso Antonio registrava il tutto con il registratore ufficiale, la Psicologa Dottoressa Vann sedeva in fondo alla stanza.

L’ispettore iniziò l’interrogatorio urlando ai due: ambedue avevate un movente e nessuno dei due ha un alibi credibile…Ettore seduto a disagio e a testa bassa si alza di scatto e piagnucolando: come sarebbe a dire…io l’amavo…Silenziooo! Il rimbombo della voce cavernicola riportò Ettore a testa bassa timoroso ma non sembrò minimamente scuotere l’insofferente la quale mostrava indifferenza

e menefreghismo.

L’amavi eh? Ti piaceva ma lei niente, magari preferiva quel Danilo e tu preso dalla gelosia dopo il litigio avvenuto nel tuo appartamento l’hai fatta fuori…magari con la complice qui presente…controlleremo se ci sono tracce di dna della vittima nell’appartamento e…Ettore scoppiò in un pianto dirotto…non volevo, io l’amavo, è stata lei…tutta colpa sua …balbettò indicando l’insofferente, la quale si alzò di scatto : stai zitto imbecille! E’ stato lui , è stato lui, io non c’entro!

Pooortateli via! tuonò soddisfatto l’ispettore, arrestateli!

Bene, bene, bene, allora cara signorina dottoressa psicologa Vann che ne pensate? Abbiamo fatto un bel lavoro, potremmo andare a festeggiare questa sera a cena io e lei, propose Grintolin sorridendo per la prima volta e carezzandosi in tono soddisfatto il prominente ventre, naturalmente dopo aver apprezzato con un’occhiata gli aderenti jeans della dottoressa.

Emh, emh l’ispettore Scrupoloso Antonio non sembrò molto soddisfatto di ciò che aveva sentito, voleva intervenire, quando il telefono squillò e…commissario, commissario! Hanno trovato un cadavere in piazza sotto un lampione, bisogna intervenire subito! La dottoressa psicologa Vann ne approfittò per dileguarsi…

La foto 2 di Stefania (il finale)

Un minuto e venti secondi- di Stefania Bonanni

Credevano bastasse decidere, per costruirsi il destino. Ed erano le 19,30 di quella domenica di fine novembre. Si chiusero il portone alle spalle, uscivano per andare a cena. Durò un minuto, poi hanno saputo: durò un minuto e venti secondi. La casa gialla con la torretta si sbriciolo’ come un biscotto sotto le ruote di un trattore, ad una ad una cascarono tutte le case del corso .

Loro tre erano insieme, stavano bene, avevano maglie e coperte.  Sui binari non arrivavano macerie, tutte le altre strade erano impraticabili. Potevano camminare, era la vita quella che avevano davanti, e camminarono, insieme verso il sole.

La foto 1 di Mirella

4 PERSONAGGI IN CERCA, NON DI AUTORE CHE GIA’ CE L’HANNO, MA DI QUALCOS’ALTRO – di Mirella Calvelli

Alzarsi presto, all’alba, non era mai stato un problema per nessuno di loro. Sopratutto per soddisfare la loro curiosità, la loro passione per la fotografia.

Erano esperti nel scovare le giuste giuste angolazioni, anche se per raggiungerle dovevano arrampicarsi per chilometri su viottoli impervi, calarsi in dirupi , sgominando cespugli e macchie fittissime. Erano abituati.

Amavano, dopo tanta fatica, commentare all’unisono che quello era il posto più bello mai visto, che meritava tutta quella fatica.

L’ultima impresa non annientava la precedente, ma la relegava ad una posizione meno eccellente, per poi essere retrocessa una volta che partivano per una nuova impresa.

Si, perchè di imprese si trattava, portarsi dietro tutto l’equipaggiamento, macchine fotografiche, grandangoli,  cavalletti, persino le luci. E nessuno di loro fiatava sugli sforzi o sull’inutilità di tutti quegli attrezzi, perchè non se lo sarebbero mai perdonato, se una volta raggiunta la meta, proprio uno di questi fosse stato  lasciato indietro, solo per fatica.

Tommaso, Pietro, Riccardo e Mimmo, questo era il quartetto delle spedizioni.

Si conoscevano dall’infanzia, qualcuno e qualcun’altro dall’adolescenza, per un susseguirsi di vicissitudini  che li aveva fatti incontrare, non  la scuola o lo sport, ma fratelli, amici comuni, sorelle fidanzate dell’uno o dell’altro, traslochi e disgrazie.

Tommaso, detto Tommy, era il più piccolo di età  e anche di statura. Era entrato in contatto con gli altri grazie alla zia Teresa, sorella di sua madre che lavorava nel negozio di frutta e verdura della famiglia di Pietro, detto il Lica. Soprannome che era stato di suo padre e alla sua morte avvenuta, purtroppo prematuramente ed improvvisa era divenuto il suo. Prima era per tutti Pietro il figliolo del Lica, ora Il Lica era lui.

Avevano trovato suo padre una mattina disteso nel retro bottega del  negozio di frutta e verdura , all’angolo del paese. Era stata sua madre a vederlo riverso sul pavimento, senza poter fare nulla, che non gridare e correre fuori nella piazza a chiamare aiuto. Un aiuto inutile, purtroppo. Un infarto, repentino di quelli terribili, che ti spaccano il cuore in due!!

Così aveva sentito dire Pietro, così tante volte, da farsi un’idea pressochè scioccante da film horror.

E forse saranno stati questi eventi che Pietro aveva deciso di iscriversi a medicina. Ma il negozio aveva bisogno anche delle sue braccia soprattutto al mattino per andare ai mercati generali.

Mica ci posso andare io Pietro a quell’ora. Diceva sua madre. E così, doveva alzarsi alle 4  per fare questa, commissione, la chiamava così sua madre.

 A lui non pareva proprio una commissione, buttarsi giù da letto a quell’ora nefasta. Partire con l’Apino, caricarsi come un mulo da soma e scaricare tutto in negozio.

Poi vestiva i panni dello studente universitario e partiva alla volta di Careggi con la sua vespina 50 bordeaux.

Tutti questi insetti da locomozione, uno da lavoro e l’altro da studio. Chissà quando ne avrebbe avuto uno per tutt’altro. mah!!

Ed era per questo che sua madre aveva cercato altre due braccia per poter aiutare e poi magari sostituire Pietro. Perchè, diceva sua madre, Il mio Pietro studia per fare il dottoreeee.

La signora Teresa che aiutava Agnese la madre di Pietro in negozio, aveva con garbo e timore suggerito il nipote della sorella, Tommaso, Tommy o Tommino.

Un gran bravo ragazzo, diceva la zia,  ma la fa penare la mia sorella, non studia e non si sa dove voglia andare a battere il capo!!

Vediamo se alzarsi alle 4 lo rimette un po’ in riga e cominci a dare un senso alla sua vita.

Era piccolo di statura Tommy, una massa di riccioli neri gli incorniciavano il viso. Il fisico minuto, ma atletico, non dovuto ad attività fisica precisa,  ma alla sua natura, tutto come suo padre!! Anche per la poca voglia di lavorare.

Si contrapponeva a Pietro, che invece era altissimo e si attorcigliava come un contorsionista, tutte le mattine per entrare nell’Apino.

Anche lui aveva dei bei riccioli, castani, con degli occhi verdi bellissimi. Il naso era un po’ troppo pronunciato e il suo fisico longilineo faceva da contraccolpo a lla sua altezza. Tutto era grande, anzi lungo, in lui. Non aveva parvenza di sportivo, anche se per molti anni aveva giocato nella squadra di basket, proprio grazie alla sua altezza. Era chiaro adesso fra la morte del padre,  la bottega e l’università aveva dovuto mollare il pallone e il canestro.  L’unico cestino che centrava era quello della carta straccia , mentre ripeteva anatomia patologica ad alta voce  ed ogni successo veniva premiato con un canestro!!

Riccardo, detto il Ricca era il più sportivo, era il più tecnologico, era l’ammaliatore della troupe!!

Riccardo sembrava avere tutto, era bello, con un fisico veramente atletico, costruito con tanti anni di sport, palestra, nuoto e jogging giornaliero.

Riccardo da piccolo era bellissimo, ma pacioccone, sicuramente sovrappeso. E questo, deficit, così lo considerava lui, lo aveva costretto una volta presa coscienza a dedicarsi allo sport. Giocando prima a calcio, poi iscrivendosi in piscina ed infine in palestra, dove aveva trovato il suo indirizzo atletico nella disciplina moj thai.

Riusciva bene in questa attività, grazie alla sua prestanza fisica, alla sua altezza e scioltezza. Era bello vederlo slanciare le gambe, girandosi in aria , in un avvitamento su se stesso. Era diventato nel 2017 campione italiano di Moj Thai e aveva dedicato questo titolo a suo nonno materno.

Non era portato per gli studi, sua madre aveva visto i sorci verdi con lui a scuola. Non amava studiare, non amava leggere ed era stato difficile finire il corso di studi.

Poi l’amore per la tecnologia e i vari giochi elettronici, lo avevano avvicinato a questo mondo, scoprendo un po’ alla volta la sua passione e aiutandolo come un terzo braccio o un terzo occhio a completare gli studi da studente serale.

Era stata faticosa questa escalation, ma aveva concluso, o meglio iniziato un cammino, che non lo faceva più sentire a disagio. Non era più quel piccolo che si vergognava e non si spogliava volentieri al mare. L’elefante nella cristalleria con tanto sforzo, presa di sé, si era trasformato in un bel ragazzo, piacente, spiritoso ed informato.

Il nome, Riccardo,  glielo aveva scelto sua madre , in primis per la nascita in luglio, e quindi sotto il segno del leone e per la speranza che divenisse un uomo dallo spirito impavido, un  Riccardo Cuor di Leone. E questo nome lo  calzava a pennello. Era un ragazzo estremamente generoso e premuroso.

Proprio perchè arrivava da un’infanzia e da un’ adolescenza nella quale  aveva sofferto, non solo per il suo aspetto fisico e per la fatica a concentrarsi, ma  anche a  causa della separazione dei suoi e sopratutto dell’abbandono del padre. Non era stato tutto negativo. Si era   forgiato e si era reso  un ragazzo sicuro ed affidabile, con la voglia di emergere in ogni attività che faceva.

Si era rasato  completamente i capelli quando cominciavano a crescere stentati, lasciando parti semi scoperte. In contrapposizione si era  fatto crescere una bella barba fluente, ben curata, con sfumature che andavano dal castano dorato al rosso. Era  stato un modo per crearsi la sua identità. Piaceva molto alle ragazze , non solo per il suo aspetto, ma per i suoi modi educati e gentili, senza essere effeminati. Era abituato a stare con la madre e la sorella e conosceva bene fino a dove e cosa poteva in loro presenza, ma anche assenza, fare.

 Fra le sue prime fiamme c’erano state Carlotta, la sorella minore di Mimmo, ed in seguito Chiara la cugina di Pietro, la sorella che non aveva mai avuto.

 L’ultimo, ma solo in ordine di descrizione,  Mimmo, ma il suo nome era Domenico, di origine siciliana, palermitana per la precisione.

Era arrivato piccolissimo al paese a seguito dei genitori, di tre fratelli più grandi e due sorelle più piccole. Gli ultimi due , invece, nasceranno  al paese, facendo in totale 8 bocche da sfamare. Il padre era muratore e anche al paese continuò la sua professione, la madre ovviamente aveva già un bel daffare a gestire tutto il clan. L’impegno della coppia  rese possibile, che tutti i ragazzi e le ragazze, nessuno escluso potessero studiare, se non fino all’università almeno alle superiori.

Comunque la numerosissima famiglia, aveva fatto scalpore al paese già non appena si era trasferita.

Ma tutte le chiacchiere iniziali finirono presto con l’esaurirsi, quando il paesello si accorse che la suddetta coppia faceva gli affari suoi e i suoi ragazzi, nel bene o nel male non creavano motivo di pettegolezzo, anzi dimostravano ognuno con le proprie caratteristiche e qualità di che pasta erano fatti. Mimmo, ad esempio era stato fra tutti quello un po’ più sfortunato, poiché all’età di 10 anni gli era stata scoperta una malattia rara autoimmune che aveva costretto lui e i suoi ad andare ogni mese al Gaslini di Genova per curarsi.

Oltre allo stress, alle spese e alla fatica, quegli anni volarono, e proprio in quel periodo difficile che Riccardo e Mimmo divennero amici, prima delle partenze per l’ospedale  fra paura e ansia e poi  durante i rientri a casa  che lo rendevano fragile e stanco. Ma pian piano Mimmo imparò a condividere il suo tempo con la malattia al suo fianco, inondato dall’amore dei suoi, che anche se avevano altri 7 a cui badare, si sa il più debole e bisognoso assorbiva tutte le  attenzioni e preoccupazioni.

Mimmo, amava giocare a calcio e fra una cura e l’altra dedicava tutto il suo tempo a rincorrere il pallone sul tappeto verde. Anche se era gracilino e a volte un po’ emaciato aveva la forza e la grinta  di un leoncino . I suoi tratti erano poco meridionali, lunghi capelli biondi e occhi scuri come due more. D’altronde il parco macchine in famiglia era il più arzigogolato, chi era biondo occhi verdi come la madre, chi moro con occhi scuri come il padre, ma c’era anche chi si diversificava  tra capelli scuri e occhi azzurri e via via , ognuno con i propri tratti, ma un’unica matrice.

La famiglia aveva imparato a giocare di squadra e tutti erano propensi verso l’altro e l’altro verso tutti in un gioco all’infinito e questo era il loro bello.

Riccardo era a suo agio in quella famiglia, dove tutti sembravano interessati a tutti e tutti a nessuno.

E lui fu accolto, come il n.11.

Mimmo riuscì a superare la fase critica dell’adolescenza e alla fine si ristabilì in maniera eccellente  da permettergli non solo di lavorare, diventando un bravo giardiniere e aprendo una sua ditta con tanto di operai, rigorosamente non di famiglia, se non in rari casi in cui lo staff famigliare  interveniva se di supporto o di  manovalanza c’era bisogno.

E questi sono i 4 ragazzi in cima alla collina, in un mattino di estate con le loro macchine fotografiche a tracolla a fotografare o cercare di fotografare un attimo, un istante che rimarrà nelle loro vite e non solo su un digitale o sulla carta patinata, dove amano trasportare i loro scatti migliori, ma nel profondo delle loro anime dove ognuno di loro vedrà qualcosa di sicuramente diverso dagli altri.

La foto 2 di Luca

Notte Rumena – di Luca Di Volo

Quella notte in quel paese, un paesino qualsiasi, adagiato in una boscosa valle dei Carpazi. . quella notte, dicevo,  si era scatenato l’inferno. .

Non bastava che dal principio dell’Estate il maledetto colera avesse infierito in tutta la vallata. Isolata com’era, non aveva diffuso la malattia. . ma nemmeno aveva avuto aiuti, Chissà, forse a Bucarest nemmeno lo sapevano, così sua maestà il colera si era preso più di tre quarti degli abitanti.

Ma quella notte. . in quella notte maledetta. . si erano scatenati i quattro cavalieri dell’Apocalisse…. ed avevano cominciato ad appiccare incendi un po’ dappertutto…

Quando Iacov e le sue due sorelle, Elena e Maria, si accorsero che questa volta la folla, ormai regredita ad uno stadio pre-umano, si stava dirigendo verso la loro casa…non esitarono un momento…coi vestiti che avevano addosso, misero alla rinfusa un po’ di viveri in una borsa e via…. Iacov fece appena in tempo ad afferrare al volo una specie di coperta, intuendo con impressionante chiarezza che quella sarebbe stata l’ultima occasione in cui avrebbero visto intera la loro casa adorata…

Ma non c’era posto per i rimpianti, la folla feroce muggiva come una legione  infernale e la lunga colonna di fuoco  si muoveva sinuosa e terribile, però sembrava guidata da una sorta di bestiale intelligenza . . il che faceva anche più paura. . se fosse stato possibile. .

Seguendo solo l’istinto, abolita ogni forma di pensiero superiore, Iacov, Elena e Maria, senza esitare,  trovarono un binario che riverberava sinistramente le fiamme…. E si misero subito a seguirlo, obbedendo all’istinto primitivo. . era pur sempre una strada . . e da qualche parte doveva portare…

Non era vero ……ci pensarono solo  quando, trafelati, dopo qualche ora di corsa disperata si erano fermati e i loro cervelli avevano ripreso un po’ di vita. Già…non era vero. . dal paese partivano solo due binari. . uno portava a Timisoara.  E lì avrebbero trovato qualcuno per aiutarli…ma l’altro. . l’altro era un binario morto. . In passato era servito per trasportare carbone dalle miniere, ma ora, finito il carbone, era stato dismesso…e non portava più da nessuna parte.

Fu Elena a parlare per prima,  profondamente religiosa, espresse così il suo parere “Non disperiamo. . dev’essere per forza quello perTimisoara…Dopo averci salvato dal colera e dalla folla assassina, non vorrete mica che il buon Dio ci abbandoni proprio ora?! Lui non agisce così…. . ”

“ E che ne sai tu?Che te lo dice a te?!”Iacov (e si vede) non poteva sopportare il fideismo iperreligioso della sorella. .

“E’ perché non hai la Fede…. ”

“Ma state zitti…. vi sembra sia questo il momento per le vostre dispute teologiche. . ?!”Maria. . contadina piena di buon senso…poco portata per i sofismi…li aveva interrotti subito. ”Non sappiamo ancora cosa ci aspetta…. Ma siamo ancora giovani…. forza…andiamo. . ”Altro che Iacov. . il vero uomo tra di loro era lei. .

E ripresero il cammino. Quei binari sembravano non aver mai fine. .

“O quanto c’è per arrivare a Timisoara…. qui sta per venire il buio. . ”

“Iacov risparmia il fiato e non fare domande cretine. . se lo sapessi ti pare sarei tanto preoccupata?!

Intanto il Sole accarezzava sfiorandolo l’orizzonte Ovest, abbagliante come non mai.

Bisognava approfittare di quell’ultima luce per andare il più possibile avanti…di notte era meglio fermarsi.

Fu in quel momento che si fece udire il suono di tanti campanelli, insieme ad uno stridio di ruote …un po’ fuori moda.  

Si voltarono: una sontuosa carrozza nera immensa, guidata da quattro cavalli neri…di un nero più che notturno, quasi con riflessi azzurrini. .

Stava arrivando velocissima e, con una gran frenata si fermò accanto a loro.

I tre fratelli erano rimasti imbambolati a bocca aperta come tre allocchi colpiti dalla luce…Non stavano pensando a nulla, con tutte le loro facoltà impietrite, quando da quell’anacronistico veicolo si spalancò uno sportello ed una mano bianca, bianchissima…fece loro cenno di avvicinarsi…

La figura del padrone della mano era difficilmente visibile nell’oscurità incombente, ma la voce risuonò dolce, sonora…angelica, si sarebbe detto.

“Ma dove credete di andare. . questo binario porta alle miniere abbandonate, non lo sapete? Laggiù c’è solo il nulla…. ”

“Veramente. . noi si pensava di andare a Timisoara…”Iacov per miracolo aveva ritrovato la parola. .

“Ma davvero…. Via…permettetemi di aiutarvi. . Io non sto andando a Timisoara, scenderò prima…ma vi ci porterà il mio cocchiere. . Forza, salite. . ”

In quel momento il cocchiere si era girato per guardarli…Elena si era stretta a Iacov…. distogliendo lo sguardo. . ”Iacov. . sei sicuro. . ma l’hai visto che razza di ghigna che ci ha questo figuro. . ?!”

“Ma non deve mica vincere un premio di bellezza…. ragazza mia…sei troppo impressionabile. . ” Faceva il fenomeno ma un po’ di tremarella quel viso l’aveva fatta venire anche a lui…

L’unica a rimanere impassibile era stata Maria. . solida mente contadina, piedi in terra e pedalare…Senza farsi pregare salì a bordo.

Gli altri la seguirono. . chiedendo educatamente “permesso. . permesso…scusi il disturbo. . ”si accomodarono su quei sedili, neri, naturalmente…ma morbidissimi, avvolgenti…Una vera delizia per chi camminava da ore…E poi lo spazio. . velluti, tendaggi. . rigorosamente tutti scurissimi, comunicavano una sorta di splendore barbarico…Un’opulenza quasi oltraggiosa…

 La carrozza avanzava nella notte senza ballonzolii, senza scosse. . sembrava volasse…

I tre spauriti passeggeri guardavano ogni tanto di sottecchi il generoso signore…. sì perché un “signore” lo era di sicuro…Lineamenti aristocratici. . naso fine. . quasi greco. . bocca un po’ tumida . . Aveva il labbro inferiore lievemente cadente che gli conferiva una strana espressione da eterno bambino crucciato.  I capelli, pochissimo visibili dietro l’alto tricorno…. Iacov, a proposito, aveva notato che il copricapo era un po’ troppo alto: sembrava non appoggiarsi direttamente sui capelli…ma forse la stanchezza lo faceva diventare strabico. . E poi c’erano gli occhi…che erano nerissimi…ma anche acuti…sembravano bucare l’interlocutore…forse avevano visto cose che…. Iacov scantonò dai suoi pensieri, era  la stanchezza…. gli faceva sempre venire in mente pensieri morbosi…

Però, nonostante la stanchezza, tentò un abbozzo di conversazione ”Lei, signore, non è di queste parti, vero? L’avrei visto di sicuro se per caso fosse passato nel nostro villaggio. . ”

“No no, io viaggio molto . . ma lì non ci sono ancora arrivato…”La voce era melodiosa, ma…. c’era un lieve sottinteso ironico? Nella piega della bocca…nel breve luccichio degli occhi…

Ma Iacov continuò…quella figura insolita e anacronistica  lo incuriosiva parecchio…” E dove si stava recando Vostra Signoria?. . . Forse le stiamo facendo perdere tempo”

“Ah, per me il tempo non conta molto. . si tranquillizzi…anzi mi fa piacere viaggiare in compagnia. . ”Di nuovo quel guizzo impercettibile degli angoli della bocca. . Dava l’impressione di godersela un mondo…A Maria ricordò l’immagine di un gatto col topo…

“Ma volevate sapere dove stavo andando. . ? Ve lo dirò…. stasera ci sarà una festa. . una grande festa…Peccato che voi mortali non possiate intervenire. . abbiamo finito gli inviti. . ”

Con la coda dell’occhio Iacov vide che Elena di nascosto si faceva in continuazione il segno della Croce…

“Noi…mortali?!”

“Beh non è colpa vostra…ognuno ha il suo posto…”

Iacov tacque. . il misterioso personaggio anche. Maria non aveva ancora pronuciato una parola. . Ma Elena era terrorizzata…Sussurrò a Iacov con voce rotta dai singhiozzi. . ”Vedi cosa succede ad essere egoisti? Se tu avessi prestato quelle dracme al povero Dimitri. . ora non saremmo qui…. ”

“Zitta zitta Elena…. tanto saremo tra poco a Timisoara. . ”

Ma Elena non si calmava. . ”ma l’hai capito CHI è…. ?!Sei tanto ateo da non capirlo?…è LUI, ti dico…LUI!!”

Intervenne il loro ospite   con un sorriso. . ”Fossi in lei caro Iacov . . non brontolerei sua sorella…potrebbe essere nel vero più di quel che lei può pensare. . ”

Maria a questo punto urlò. . ”il Diavolo…lei è il Diavolo…. !!!” E svenne….

“Per servirvi signori…. e se avete bisogno di altre prove. . guardate qui”. . con fare noncurante sollevò appena la coperta da viaggio con cui si copriva le gambe. . un attimo, ma fu sufficiente…quelle zampe di capra ispide di peli arruffati…quegli zoccoli caprini. . non potevano mentire. .

Tanto fu il terrore che anche Iacov e Elena svennero insieme…

Furono svegliati da un coro di voci allegre, stavano rallentando inoltrandosi fra una marea di gente festante. . alcuni in maschera, altri in abiti da gran sera…le signore, con abiti che mostravano forse più del dovuto erano rosse in viso e ridevano…ridevano…

Finalmente la carrozza si fermò.

Un uomo alto magnificamente vestito si fece incontro al Signore gridandogli ”Siate il benvenuto Vostra Grazia…voi Mylord onorate il nostro modesto ritrovo. . ”

Il loro compagno si alzò…

Allora andava davvero ad una festa…pensò Iacov…un po’ incongruamente…

Ma Sua Grazia si fermò sul predellino…”Amici”. . arringò la folla che gli si stringeva intorno…”Amici. . stasera ve ne dico una bella…vedete questi tre bifolchi qui con me? Ebbene… gli ho fatto credere di essere nientemeno che il Diavolo!!”

Una risata omerica coprì le sue ultime parole…Sghignazzando si rivolse ai tre malcapitati…. ”Guardate per che cosa vi siete terrorizzati…” Si tolse i finti gambali a forma di capra gettandoglieli sul sedile accanto…”Ma non vi ha insegnato nessuno che la preoccupazione più grande del Diavolo è convincervi che non esiste?!”

Maria e Iacov fulminarono Elena con lo sguardo…”Accidenti alla tua superstizione. . ci avevi fatto cascare anche me…”

E, rivolto a Sua Grazia, Iacov quasi si scusò. . ”Ci perdoni Eccellenza. . siamo poveri contadini ignoranti. . ma lei ci ha fatto quasi morire di spavento. . ”

“Questi zecchini vi ricompenseranno?!” E gettò loro una borsa tintinnante.

“Eccome. . ” E tutti e tre si precipitarono a baciargli le mani. . che lui ritirò disgustato.

Scese, finalmente, gridando al cocchiere “Nicolaij. . porta questi nostri amici a Timisoara…. E poi torna a prendermi. . ”

“Ma, eccellenza. . non dovevo andare nella “ri”…?!”

Un rombo di tuono. . ”Fai come ti dico”. . ma la voce tornò subito melliflua. . ”arrivederci cari amici . . e non vogliatemene se mi sono divertito un po’ con voi. . ” E si perse nella folla festante. .

La carrozza ripartì. . sempre col suo andare leggero senza scosse né sobbalzi.

Seduti comodamente sui morbidi cuscini, i tre fratelli  erano tranquilli, quasi felici. . come lo si è, di solito, dopo uno scampato pericolo. . la casa era assicurata. . problemi non ce n’erano e finalmente la mattina dopo avrebbero scorto le cupole di Timisoara. .

Sarebbero stati meno beati però, se avessero potuto captare i pensieri del conducente che erano invece questi…”Io Sua Maestà proprio a volte non lo capisco…ma che bisogno c’era di portare tre poveri disgraziati proprio alla festa della notte di Valpurga?! E lo sapeva benissimo che se un mortale avesse visto era condannato alla “rimessa”…. che non era un posto piacevole…qualcuno la chiamava anche “Inferno”. . un nome antiquato, però…

Con decisione improvvisa frenò bruscamente la carrozza facendo fare ai passeggeri un gran ruzzolone. .

Scese da cassetta, aprì lo sportello ingiungendo con modo brusco ”Scendete, per l’amor di…. ” quel nome non poteva pronunciarlo ma si sentiva bene l’urgenza nel tono…I tre protestavano. . si erano abituati alle comodità… ”Ma come. . qui, nel mezzo della notte?!”

“Ci sono cose peggiori …scendete, mettetevi a camminare…più svelti che potete…Poi, quasi rivolto a sé stesso… ”forse perderò il posto per quello che sto facendo. . bah. . tanto non mi piaceva. . “

Saltò di nuovo a cassetta e in meno di un attimo ripartì. .

Rimase la notte, i tre fratelli e le stelle che avevano capito tutto…